E’ una questione di precisione. Capire in anticipo quali aspetti genetici giocano a nostro favore e usarli tutti, con tutte le armi di cui disponiamo, per abbattere un bersaglio comune.
E’ questa la nuova frontiera contro il cancro. Si chiama farmacogenomica e consente di confezionare su misura del paziente la corretta terapia per combattere la propagazione delle cellule neoplastiche e ridurre gli eventuali effetti collaterali.
“Noi dobbiamo capire se una sostanza terapica, chimica o di varia natura, viene o meno metabolizzata dal corpo” è il commento del dott. Massimo Bonucci, oncologo e presidente di Artoi, Associazione di ricerca oncologica integrata in Italia.
Già docente del Life Style Seminar, il portale di formazione permanente promosso da Be4eat, Bonucci si è soffermato con cura nella sua lezione su questo punto cruciale della terapia integrata al cancro.
“E’ del tutto inutile introdurre un farmaco se questo una volta assunto non viene correttamente metabolizzato- ha spiegato- Questo vale per la chemioterapia come per qualunque altra sostanza terapica, chimica o naturale, sulla cui azione si vuole puntare nell’approccio al tumore di un paziente”.
Ciò che più interessa, ha continuato Bonucci, è il bersaglio cellulare: utilizzare con precisione una sostanza specifica in modo da colpire il maggior numero di cellule neoplatische riducendo o addirittura azzerando gli effetti collaterali.
“Questo è il modo migliore per utilizzare il tamoxifene- ha precisato l’oncologo-. Perché in alcuni pazienti funziona e in altri invece genera solo controindicazioni? Noi sappiamo che il tamixifene deve essere trasformato nella sua forma attiva 4-OHT e NDT. Per fare questo devono esistere nel paziente alcuni alleli che giocano in questo un ruolo fondamentale. Se il paziente presenta una riduzione, ovvero una modificazione di questi alleli (CYP2D6 o del CYP3A5 o CYP3A4) il farmaco darà una risposta alterata e il paziente sarà soggetto ad effetti indesiderati come l’iperplasia dell’endometrio”.
Sapere dunque in anticipo, quale terapia intraprendere e quali aspetti genetici influiscono positivamente o meno con l’efficacia di un farmaco o di una sostanza può essere vincente.
“Non solo nella riduzione degli effetti collaterali- ha aggiunto Bonucci- ma anche nell’efficacia stessa della terapia, qualunque essa sia”.
Ecco dunque che con la farmacogenomica si andrà a studiare l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione di una sostanza terapica in quella data persona in quel dato momento. Il problema, è il commento amaro dell’oncologo, “è che nei protocolli non sono previsti le analisi di questi fattori”.
Costo dell’esame specifico? “E’ sufficiente strusciare in bocca ad un paziente e nell’arco di 1 settimana, massimo 10 giorni, possiamo costruire una terapia personalizzata, con dosaggi minori o maggiori a seconda del paziente e della patologia puntando al risultato massimo”.
Ma in pochi ancora lo fanno.
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