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Tanto di cappello al populismo di Matteo Salvini

Creato il 22 gennaio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Giovanni Palladino

Abilissimo il segretario politico della Lega Nord nel proporre un referendum contro la Legge Fornero, sicuro che la sua proposta sarebbe stata bocciata dalla Consulta, per poi guadagnare consensi tra i 10 milioni di pensionati (e altri milioni di lavoratori “inferociti”) che prendono un assegno mensile inferiore a 1.000 euro.

La prevista bocciatura della Consulta ha quindi dato un ottimo “assist” a Salvini, che al prossimo sondaggio sul peso % dei partiti supererà certamente Berlusconi.

Ho scritto 4 libri sul problema delle pensioni:

- “I fondi pensione verso il 2000” – Ed. Sole-24 Ore (1987)

- “Non vivrai di solo Inps” – Ed. Sole-24 Ore (2000)

- “Le pensioni domani, si salvi chi può” – Ed. Rubbettino (2004)

- “La vera verità sulle pensioni” – Ed. Rubbettino (2007)

Pertanto credo di avere una buona conoscenza del problema, che nacque nel 1969 con la scandalosa Riforma Brodolini, imposta dai partiti di sinistra e dai sindacati. Scandalosa, perché si sarebbe rivelata nel tempo come la legge più anti-sociale e più anti-economica che sia mai stata approvata nel mondo sviluppato, con il pessimo risultato di aver dato TANTO A POCHI E POCO A TANTI. Di qui la necessaria Riforma Dini del 1995 (che io giudicai non sufficiente) e le successive riforme correttive sino all’ultima Riforma Fornero con l’imbarazzante “incidente” degli esodati.

Il populista Salvini dovrebbe sapere che 2 + 2 fa 4 e non 5 o 6 come pensavano i populisti di ieri, promotori della Riforma Brodolini. E se il risultato a sorpresa è poi 3, deve capire che per risalire da 3 a 4 è necessario stringere la cinghia (ma senza creare l’incredibile fenomeno degli esodati).

Il grande errore della politica italiana è stato quello di non credere al saggio consiglio liberale di William Beveridge e di credere invece alle rassicuranti e incompetenti dichiarazioni di tanti protagonisti del disastroso debito previdenziale dell’Italia. Infatti, hanno detto o scritto:

WILLIAM BEVERIDGE, ministro del Lavoro del governo Attlee (1945-1951):

Lo Stato sociale non deve soffocare gli incentivi, le opportunità e il senso di responsabilità dei lavoratori, ma piuttosto deve incoraggiare gli sforzi individuali per conseguire un livello di vita superiore ai livelli minimi garantiti dalla previdenza sociale”.

(Dal “Rapporto Beveridge”, 1947)

GIACOMO BRODOLINI, ministro del Lavoro del governo Rumor:

Questa riforma delle pensioni è il frutto della più ampia e feconda collaborazione con le organizzazioni sindacali, il cui apporto di responsabilità e di esperienza ha operato positivamente nel momento delle valutazione e delle scelte alle quali il governo è pervenuto”.

(Camera dei Deputati, 19 febbraio 1969)

GIUSEPPE POLOTTI, deputato socialista:

Il provvedimento che stiamo per approvare non chiede niente ai padroni, niente, neanche una lira! Si parla tanto della necessità di un allargamento del mercato interno: bene, quale occasione più favorevole per allargarlo al massimo con la riforma delle pensioni attraverso una ripartizione del reddito nazionale che vada a beneficio delle classi più povere del Paese”:

(Camera dei Deputati, 21 marzo 1969)

GIACINTO MILITELLO, presidente dell’Inps, ex-segretario generale della Cgil:

Gli scenari di crollo del sistema pensionistico pubblico sono senza fondamento. I pensionati del XXI secolo possono stare tranquilli”.

(“Il Sole-24 Ore, 14 febbraio 1987)

LAURA PENNACCHI, sottosegretario al Tesoro del governo Prodi:

Con gli interventi assunti dal 1992 al 1997 si realizza la stabilizzazione della spesa pensionistica, la quale – in assenza di questi interventi – avrebbe superato il 23% del Pil nel 2040. In quell’anno raggiungerà invece il 14,2%, un valore analogo a quello attuale. Non c’è bisogno di altri cambiamenti”.

(“Il Sole-24 Ore”, 5 settembre 1998)

TIZIANO TREU, ministro del Lavoro del governo Prodi:

La prossima Legge Finanziaria sarà la prima, dopo molti anni, a non contenere tagli alle pensioni. Avevamo un sistema previdenziale che divorava risorse su risorse e che conteneva forti diseguaglianze interne. Adesso non è più così. I dati del primo semestre dimostrano che la stabilizzazione è stata finalmente raggiunta. La riforma delle pensioni è un capitolo chiuso”.

(“Corriere della Sera”, 19 luglio 1998)

MASSIMO D’ALEMA, presidente del Consiglio:

Per le pensioni non c’è emergenza”.

(Dalla Conferenza Stampa di fine anno, 29 dicembre 1999)

TIZIANO TREU, responsabile economico della Margherita:

Un intervento per migliorare il sistema previdenziale è ineludibile. Per questo motivo si deve modificare la delega presentata dal governo Berlusconi che è molto debole, a cominciare dagli incentivi per favorire il rinvio del pensionamento. Occorre alzare l’età effettiva di pensionamento”.

(“Il Sole-24 Ore”, 10 gennaio 2003)

GUGLIELMO EPIFANI, segretario generale della Cgil:

Non c’è allarme previdenziale, come affermiamo da tempo”.

(“Corriere della Sera”, 24 febbraio 2003)

ROBERTO MARONI, ministro del Lavoro:

Per le pensioni non sono preoccupato né allarmato. La situazione è tutt’altro che drammatica”.

(“Corriere della Sera, 7 giugno 2003)

EUGENIO SCALFARI, fondatore di “La Repubblica”:

L’allarme sulle pensioni si basa su conti truccati”.

(“La Repubblica”, 13 luglio 2003)

OTTO SCHILY, ministro dell’Interno del governo socialdemocratico della Germania:

Per lungo tempo la socialdemocrazia è andata nella direzione sbagliata: lo Stato-provvidenza, lo Stato patriarcale, che si preoccupa di tutto, smorza lo spirito di Iniziativa. Compito dello Stato deve essere quello di creare le condizioni-quadro, stabilire le regole e assicurare una misura di sicurezza sociale, ma forza e dinamismo devono venire dalle persone. I sindacati devono capire che non possono agire da freni allo sviluppo”.

(“Corriere della Sera”, 5 settembre 2003)

LUIGI STURZO, sacerdote, sociologo e statista:

In questo dopoguerra è stata una jattura per la nostra Patria che Parlamento e Governo abbiano permesso non solo l’ingerenza irresponsabile dei partiti e dei sindacati nelle delicate funzioni del potere legislativo, ma anche tollerato quel continuo prevalere che costituisce una vera partitocrazia e in molti casi anche una sindacatocrazia”:

(“Il Giornale d’Italia”, 20 ottobre 1956)

Nel fondo di ogni crisi economica vi è imprevidenza dei governi, demagogia e ignoranza della classe politica, malcostume e monopoli criptici, cioè decadenza nel mondo politico e degli affari”.

(“Sociologia”, luglio-settembre 1958)

MORALE: NON CREDO CI SIA ALTRO DA AGGIUNGERE…


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