Letteralmente dentro ad un camino. Qui le dimensioni degli agnelli che vengono cucinati alla brace sono tali che i camini sono giganti. Tanto da potercisi infilare dentro la sera desiderosi di annullare ogni inutile distanza tra noi e la nostra unica fonte di calore. Tanto da poterci perfino dormire…E’ da dentro questo camino, con due giacche, un cappello, una sciarpa ed una coperta di pecora sulle spalle, che in realtà è un coprisedia, che ho deciso di scrivere il mio primo post. E’ da questo freddo patagonico che mando la mia prima voce.
In realtà dovrei parlare di voci, al plurale. Perché non sono sola in questo camino. Vivere in una comunità significa soprattutto questo, non essere mai soli. Fisicamente intendo. Perché non si può smettere di essere singoli individui, ognuno con le proprie altrettanto individuali lotte interne, ognuno con i suoi conti da fare con e contro il proprio io, ma si condivide fisicamente questa lotta, si condivide fisicamente la solitudine. Volenti o nolenti. Nel bene e nel male. Non esiste la proprietà privata qui. E come non si è proprietari di uno spazio, non si è proprietari nemmeno della propria solitudine. Si potrebbe creare a forza uno spazio, si potrebbe prepotentemente scavare un vuoto tra di noi. In fondo è sempre possibile alzare barriere, erigere muri. Ma qui non avrebbe alcun senso. Come non ha senso mantenere la distanza con il calore del fuoco. Perché quando condividi un armadio non puoi evitare che gli altri vedano gli scheletri che ci sono sepolti dentro. Perché quando condividi le magliette della divisa di lavoro non sai più dove finisce il tuo odore e dove inizia quello dell’altro. Perché anche nel silenzio più alienante, come questo che regna in questo istante eterno deformato dal calore alcolico del fuoco, anche dentro agli spessi confini di un pensiero personale, che non verrà mai espresso verbalmente, anche allora, la vicinanza costante porta ad uno scambio, ad un flusso continuo, ad un passaggio persistente. Di emozioni. Di sentimenti. Di sensazioni. Le parole non servono. Persino gli sguardi diventano superflui. Carol guarda assorta le fiamme rosse e blu. Ruota piano la testa per seguirne il flusso verso l’alto come inseguendone la luce. Quella luce che trasforma il beige del cappello che le ho regalato in un giallo acceso, un giallo polline e trasforma lei in un armonico girasole ciondolante. Le sue gambe distese sembrano un prolungamento naturale di quelle di José che, seduto fermamente su un ciocco di legno, guarda il pavimento sporco, intensamente, come se ne fosse innamorato, gioca con la sua cenere, si sporca le mani. I suoi capelli grigi scompigliati diventano più bianchi, lucidi e contrastano con le sue guance paonazze. Se non facesse troppo freddo mi alzerei in cerca della macchina fotografica per cogliere quel contrasto troppo forte sul suo viso dolce. I nostri occhi non si incrociano e non si incroceranno probabilmente fino a che qualcuno non dica una parola eppure so che loro sanno benissimo cosa sto scrivendo,. Perché il rumore dei miei pensieri è troppo forte per non arrivare a loro, per non superare quei pochi centimetri che ci distanziano che già non sono più tanto reali. E come potrebbe tutto ciò che abbiamo dentro non traboccare a così poca distanza? Come potrebbero i nervi non toccarsi, quando quasi si sfiorano i peli della pelle? Come potrebbero le parole sussurrate non diventare grida, come potrebbe l’aria tra noi non diventare più rarefatta per permettere ai pensieri di infilarcisi dentro e di raggiungersi? Indipendentemente da noi e dalla nostra volontà. A volte la condivisione non è una scelta.
Nel mio caso si. Nel nostro casi si. E’ per questo che tra tutte le eccezionali bellezze di questi luoghi che avrei potuto decantare, ho scelto di parlare della solitudine. Perché è la sua bellezza più estrema. E perché in realtà paradossalmente non è più nemmeno solitudine. Conosco esattamente questo paradosso. Ed è esattamente per questo che scelsi il deserto marocchino l’anno passato e la Patagonia ora. Perché è solo nei luoghi estremamente isolati che io non mi sento più sola.
Spiaggia di San Lorenzo, Penisola Valdés, Patagonia