11 novembre 2013 Lascia un commento
Che fossimo una nazione allo sbando, l’aiuta a capire anche un film come "Tanto va la gatta al lardo…", inspiegabile ed insensato, avvilente nella sua bruttezza eppure proprio per questo, esemplare nel definire un periodo o meglio la fine di qualcosa e l’inizio di altro.
Quattro episodi come andava a quel tempo, titolo malizioso che gia’ dai titoli di testa lascia presagire erotismo a gogò ed invece niente, nemmeno una tettina messa li’ per sbaglio che avrebbe forse giustificato l’operazione anche perche’ cosa centri la "gatta" resta un mistero. Grandi nomi sul cartellone e il "gatto" fa il paio con le "tigri" di altri film sempre ad episodi molto piu’ celebri ed oserei dire che mai tante personalita’ siano state usate peggio, ad eccezione forse del grottesco "Signore e signori, buonanotte" al quale tenta inspiegabilmente d’ispirarsi per una satira che s’incontra con l’attualita’ nel peggior modo possibile.
La domanda piu’ importante pero’ e’ cosa abbia spinto Walter Chiari, Valentina Cortese, Franca Valeri, Luciano Salce a imbarcarsi su una simile bagnarola. Soldi? Non so se ne girassero cosi’ tanti per queste produzioni. Trovo piu’ probabile uno scambio di favori ben remunerato o forse chissa’, si sono richiamati a vicenda trovando i nomi degli altri, nella speranza si trattasse di qualcosa d’importante.
Soggetti deliranti nella loro banalita’, situazioni da postribolo che non ho idea chi possano aver divertito e purtroppo gli attori seppur grandi, non riescono minimamente a sfondare il muro delle idiozia.
Forse e’ questa la ragione per la quale il regista Sindoni, decise di usare uno pseudonimo ma mi spiace per lui, lo abbiamo scoperto malgrado gli anni trascorsi.
Non si salva niente, spero solo di dimenticarmene quanto prima.