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Creato il 27 marzo 2011 da Gaia

Ieri ho avuto due conversazioni sulle tasse. Nella prima, mi alzavo furiosa da tavola troncando una conversazione perché un signore anche piuttosto benestante insisteva e continuava a dire: se le tasse sono troppo alte è giusto non pagarle finché non si abbassano, e io questi discorsi non li sopporto, soprattutto da gente che ha i soldi e le ville, anche perché io pago tutte le tasse costi quel che costi, e sono una mezza pezzente  (con le spalle coperte, certo, ma spartana e oculata al punto di mettere vecchi vestiti lacerati e mostrarli come trofei). Nella seconda convesazione un amico, un giovane musicista di grande talento, si disperava perché nonostante insegni musica da anni nessuno lo mette in regola nonostante le sue insistenze, lui vorrebbe aprire una partita iva ma le tasse sono altissime e ha paura di non farcela a guadagnare abbastanza per fare la vita che vorrebbe (una casa con la sua ragazza, una famiglia, niente di che). La sua frustrazione era qualcosa di tragico. Mi veniva in mente l’altra conversazione, e come ci sia chi sceglie di non pagare le tasse per comprarsi una macchina più bella, e chi è a nero volente o nolente e non riesce neanche a pagare i contributi per la pensione.

Detto ciò, oggi ho letto di una proposta della CGIL: un’imposta dell’un per cento sulle grandi ricchezze, cioè oltre gli 800 mila euro, riguardante quindi il 5% degli italiani. Si raccoglierebbero così circa 18 miliardi di euro annui. In principio, non potrei essere più d’accordo. In pratica, penserei anche ad altri tipi di tassazione, come ad esempio imposte pesanti sulle case sfitte, che tanti problemi causano nel nostro paese. La CGIL in effetti suggerisce: “una vera lotta all’evasione, aumentare la tassazione sulle rendite, accanto ad una misura di tassazione delle transazioni speculative di breve durata da prevedere a livello internazionale, e istituire l’Imposta sulle Grandi Ricchezze (IGR).”  Non sono poi d’accordo con tutte le premesse di questa proposta (la solita retorica della crescita e dei consumi…), ma con questa sì: “Un’equa redistribuzione delle risorse garantisce un equilibro tra le forze produttive e nei conti pubblici di un sistema-paese tale da tenere sempre in movimento gli ingranaggi dell’economia. Equità, infatti, significa la capacità di mantenere “vive” le risorse di un sistema, per produrre altre risorse… Lo stesso aumento strutturale delle retribuzioni nette, peraltro, stimolerebbe e qualificherebbe gli investimenti, di processo e di prodotto.”

Comunque, un dato per tutti: “ogni indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane rileva, dal 1995 ad oggi, che il 10% delle famiglie più ricche possiede quasi il 45% dell’intera ricchezza netta delle famiglie italiane, a fronte del 50% della popolazione (la metà più povera) che ne detiene meno del 10%.” E: ” secondo i dati del Ministero dell’Economia sulle dichiarazioni fiscali oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese e di questi circa 7 milioni ne guadagnano meno di 1.000… Tutto ciò è l’effetto di una progressiva compressione della quota del reddito nazionale destinata al lavoro, a vantaggio dei profitti e, soprattutto, delle rendite.”

C’è naturalmente da chiedersi perché la finanza renda così immensamente tanto. A fare il cibo senza il quale la gente muore guadagno molto di meno che a manovrare il denaro a livelli alti e altissimi – perché? C’ è un modo di riportare l’economia a contatto con il reale, con il materiale, e a livelli e meccanismi comprensibili per tutti? Io provo a contribuire, stando attenta a come spendo i soldi, cercando ad esempio di comprare direttamente da chi produce, se possibile.

Gli altri dati della CGIL e le sue proposte qui.


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