Però li ami anche: essendo economici, sono mezzi di trasporto utilizzati da tutti, dai giovani in uscita notturna alle vecchie di ritorno a casa, con le buste della spesa gonfie davanti al supermercato.
Io li prendo solo per andare e tornare dall'aeroporto, quando non è possibile andarci in macchina, ed incontro quasi sempre dei casi interessanti di antropologia culturale. Eccone alcuni.
Lisbona, primi anni '30. Foto presa qui
Il di fuori. Un tipo che non conosce assolutamente le strade della città, gira col satellitare parlante, ci manca solo il pilota automatico, ma bisogna che gli indichi io la strada da fare. Diobono! Per concludere in bellezza, non ha neanche il resto di venti euro da darmi e, una volta giunti davanti casa, ferma tutti i taxi che passano per chiedere spicci. Al terzo fallimento fa spallucce ed io decido che la farsa può finire lì. Tieniti pure la (ricca) mancia che non ti avrei mai dato!
Il satellitare. Un macchinone scuro con interni in pelle mi abborda all'uscita dell'aeroporto. Entro e il mio occhio di lince non vede il tassometro, alché chiedo spiegazioni. Il tizio mi dice che fa parte di una nuova rete satellitare nonsoche. La cosa inizia a puzzarmi, e quando gli chiedo allora come farà a calcolare la tariffa, mi sento dire che le tariffe sono fissate a 20 euro (normalmente ne spendo circa la metà). Chiedo di farmi scendere immediatamente, e, dopo qualche tentativo di persuasione non andato a buon fine, mi lascia andare.
La volta che, al secondo tentativo, incontro lui...
...il gourmet. Appena entrata gli chiedo subito ragguagli sull'accaduto col satellitare. Mi spiega che esistono 'sti macchinoni collegati col satellite nonsoche, ma che la tariffa non è affatto fissa. Ecco.
Manco a farlo apposta costui abita nel mio stesso quartiere, così, mentre mi accompagna a casa, guidando in tangenziale con una mano, con l'altra chiama a casa per dire alla moglie che avrebbe portato un franguinho per cena.
Aperta parentesi: il frango è il pollo, e qui sono diffusissimi i posti che li fanno alla brace, da asporto e non. Andarsi a prendere un frango no churrasco a Lisbona è l'analogo dell'andare a mangiare la pizza da noi: una soluzione veloce, relativamente economica ed appetitosa. Il frango dunque regna sovrano, e attorno all'ora di cena i fumi della brace pervadono i quartieri. Esiste anche l'osceno ibrido "pizza galletto", di cui ho già parlato qua. Chiusa parentesi.Il buon gourmet mi dà dunque una dritta, consigliandomi una griglieria nella mia zona. Forse ha il fiuto per capire chi sta portando sui sedili posteriori?
Sta di fatto che da allora in questo posto insospettabile, dove credo che difficilmente avrei messo piede perché passa del tutto inosservato, ci sono andata già un paio di volte.L'apolide. Lo incontro una mattina di traffico intenso: proprio l'ideale per sentire le storie di un reduce delle guerre in Angola ai tempi delle colonie, dove venivano spediti tutti, militari e civili; molto amareggiato per le sorti del Portogallo: "Noi allo stato abbiamo dato tanto, lo stato in cambio non ci ha dato nulla". Siccome il suo accento tradisce lievemente una provenienza forse d'oltremare, gli chiedo di dove sia, e lui mi riponde: "Sou cidadão do mundo". Applausi.
(Per chi fosse interessato alla contraddittoria ed intrigante storia dei rapporti politici tra Angola e Portogallo, segnalo tra gli altri i libri di António Lobo Antunes, di cui potete trovare un excursus letterario qui). Il disertore l'ho incontrato ieri vicino ad una fermata del tram: si stava facendo pericolosamente tardi, quindi mi volto verso la fila dei taxi. Ce n'era solo uno, un po' malconcio e parcheggiato senza taxista. Allora un po' rassegnata mi rigiro a guardare i minuti di attesa stimati: ancora dieci, decisamente troppi.
Ma ecco che all'improvviso vedo il vetusto latitante apparire al volante del suo bolide, mettere in moto e fare circa cinque metri per permettere ai colleghi provenienti da dietro di guadagnare le posizioni. Il tempo di distrarmi un secondo, e lui è di nuovo scomparso dal luogo di lavoro, evidentemente preso in qualche bar nei paraggi: in pratica ha solo spostato la macchina per fare posto agli altri! L'enigmista. Un personaggio silenzioso, di quelli persi nei propri pensieri, che quando sto con la luna storta ringrazio e benedico, altrimenti osservo cercando di captare un indizio della sua follia.
Semaforo rosso: il pensieroso tira fuori un blocchetto, ma io lo vedo solo con la coda dell'occhio perché sono distratta. Poi va a finire che s'incontra traffico in tangenziale, e allora il blocchetto riappare negli istanti di rallentamento insieme ad una penna, e stavolta vedo bene: un sudoku gigantesco quasi completato, sul quale il pensatore scrive frettolosamente un numero, e poi ripone il tutto, continuando la sua corsa.
Stavolta il suo enigma forse l'ho svelato.
Mi vengono in mente subito i taxisti di Zurigo, visti fuori dalle auto a disputare una partita di scacchi sul cruscotto. M'è sempre rimasto un dubbio: come diamine fanno a ricordarsi a che punto stavano ogni volta, dopo una corsa?
Giusto per la cronaca, Zurigo mi viene casualmente in mente anche perché ora sarei là, se ieri lo sciopero dei controllori di volo della TAP non mi avesse messo i bastoni tra le ruote.
Acc! E io che dovevo andare a svelare il mistero degli scacchi.
Per fortuna l'appuntamento è solo rimandato.