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Tasto PLAY più tasto REC

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

 

Tasto PLAY più tasto REC
Siamo abituati bene, oramai. Ci piace una canzone, di oggi o del passato, e con pochi click, siano essi a pagamento oppure pirati, riusciamo a scaricarla e ad averla dentro il nostro lettore mp3.
Ci va di rivedere un film, uno spezzone di programma televisivo, un video musicale, e abbiamo a disposizione Youtube, nonché migliaia di altri strumenti multimediali grazie ai quali possiamo accedere in un attimo a sterminati archivi audiovisivi.
Siamo abituati bene, appunto.
Ma visto che partiamo oggi per un viaggio negli anni ’80 (accompagnati anche dalle foto scattate sul palco delle prove di “Tutto Matto”), dobbiamo provare a ricordarci come andavano le cose quando la rivoluzione digitale era fantascienza, e ancora prima, all’epoca in cui anche il videoregistratore era un oggetto extralusso, certo non alla portata di tutte le tasche.
“Me lo registri?” è stata la frase-simbolo della mia adolescenza quando tutti noi, ragazzini senza soldi, per avere un disco che ci piaceva, dovevamo appunto sperare che qualcuno dei nostri amici se lo facesse regalare per il compleanno e che poi, appunto, ce lo copiasse su un nastro già consumatissimo sul quale, di volta in volta, sovrascrivevamo il successo del momento.
L’alternativa era tenere la cassetta pronta nello sportelletto, e girare la manovella della radio cambiando frequenza finché trovavamo la canzone delle nostre brame mandata in onda da qualche emittente. Se la fortuna ci assisteva, riuscivamo a sintonizzarci quando il pezzo era iniziato da poco. Ecco che, con la prontezza di riflessi dei nostri quattordici anni, pigiavamo al volo il tasto PLAY più il tasto REC e gioivamo di quel desiderio discografico realizzato.
Ancora adesso, mia madre, rimasta all’epoca in cui ero l’addetto di casa a rubare le canzoni dalla radio, quando le piace una novità discografica e vuole che gliela compri da itunes, mi chiede: «Me la registri?»
Ritrovare nel fondo di un armadio, o in un cartone in cantina, qualche cimelio magnetico dell’epoca, e riascoltarlo oggi, fa sorridere per come stonate suonano oggi, abituati alla fruibilità integrale di canzoni e video, quelle compilation raffazzonate con le hit che iniziano da metà della prima strofa, e finiscono in maniera altrettanto brusca con la voce dello speaker che si inserisce nelle ultime battute.
E’ infatti notissimo il fatto che, negli anni ’80, i conduttori radiofonici superavano per numero di improperi e insulti ricevuti persino gli arbitri di calcio.
Il mio amico Enrico, che allora faceva lo speaker in una radio locale savonese, se vuole farmi ridere a botta sicura, mi ri-racconta per l’ennesima volta una piccola storia che da sola sintetizza un’epoca, e cioè di quella sua collega conduttrice improvvisata a cui era stata affidata la più classica delle rubriche allora in voga: le dediche e richieste.
Gli ascoltatori telefonavano per dichiarare coram populo il loro amore alle fidanzatine o per fare tanti auguri alla nonna – in quello che è senza dubbio stato il primo dei social network capace di rendere chiunque protagonista per almeno pochi secondi – ma quel tipo di programmi serviva anche a richiedere le canzoni del cuore per poi registrarle su cassetta e risparmiare così i soldi del 45 giri.
Questo, ovviamente, era qualcosa che – prima regola dello speaker in erba – tutti ben sapevano e facevano, ma che assolutamente nessuno poteva dire, dichiarare ufficialmente, visto che, proprio come accade adesso con il download e il peer-to-peer, si trattava di una pratica sul filo dell’illegalità e del furto di proprietà intellettuale.
Ebbene.. la speaker in questione, forse per garantirsi la fidelizzazione dell’ascolto, si metteva d’accordo con chi la chiamava per scegliere un brano, e dava istruzioni precise: a un segnale convenuto, le persone a casa avrebbero dovuto pigiare la funzione di registrazione (tasto PLAY più tasto REC), e lei avrebbe evitato di “sporcare” il pezzo: non ci avrebbe parlato sopra né all’inizio né alla fine.
La cosa buffa, però, è che quel segnale convenuto, quel tacito accordo tra chi mandava in onda il disco e chi a casa se lo piratava, non era chissà quale parola d’ordine, frase in codice o formula d’intesa magica.
No.. niente di occulto.. La signorina al microfono, annunciando il disco, sputtanava la sua ascoltatrice al cospetto di chiunque avesse la radio accesa:
«Ascoltiamo ora ‘Un’altra vita un altro amore’ di Christian, richiestaci da MariaPaola… che se la vuole registrare!»

 


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