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La scelta metacinematografica dell'autore si rivela perfetta nel consentire di valutare in profondità il rapporto tra morte e cinema. L'ambiguità tra realtà e finzione crea un cortocircuito emotivo che riduce sensibilmente la distanza tra autore e spettatore, consentendo a Wajda di raccontare il dolore e l'attesa della morte con notevole efficacia.
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