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Tawfik Gebreel: l’arte può curare il male della guerra?

Creato il 07 agosto 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

La tregua di 72 ore è ufficiale. Il Medio Oriente tira un sospiro di sollievo. L’esercito israeliano esce da Gaza e si preparano a entrare 300 camion per fornire materiale sanitario. Nel giro di qualche ora dovrebbe essere riportata anche l’elettricità e, presto, si spera possano iniziare le trattative in Egitto per porre fine a questo oltraggio all’umanità.

Al di là delle ideologie, della politica, del ruolo della comunità internazionale, quello che rimane di queste tre settimane di guerra sono i numeri.

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Sono morti 1717 palestinesi di cui 799 civili, 377 bambini e 541 miliziani. Israele ha perso 67 uomini, 3 civili e 64 militari. Sebbene l’aridità dei numeri spesso impedisca la visione di un filo conduttore, questa volta l’impassibilità degli stessi basta a raccontare l’unica storia che grida vendetta: quella della strage umana di questa guerra.
Nonostante lo scenario, l’orrore della guerra ha lasciato qualche spiraglio.

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In un territorio come quello di Gaza, campo di battaglia e di troppe morti giovani e ingiuste, la guerra non ha provocato solo distruzione, traumi psicologici, paura, ma è stata fonte di ispirazione per Tawfik Gebreel, giovane artista palestinese, che coglie l’arte in una prospettiva catartica, per cercare un angolo di sollievo in questa tragedia. Dal fumo dei bombardamenti che sovrastano Gaza, Tawfik riesce a trasmettere la sua guerra con un occhio più speranzoso per la sua gente. Le nuvole di fumo si staccano dalle case per diventare altro, un abbraccio, un cavallo che si erge, una madre e il suo bambino, uno sguardo fiero, un pugno al cielo, simbolo di forza e speranza. Si innesca un linguaggio universale, in grado di essere compreso in ogni parte del mondo.

E così, in un momento in cui i corpi sono lacerati dal dolore della guerra e lottano per la sopravvivenza, l’arte si propone come una via per la redenzione e la cura dello spirito.

Di Guendalina Anzolin.


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