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TB report: La ripartizione dei Diritti TV in Serie A

Creato il 01 febbraio 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Circa un miliardo di Euro all’anno: questo è il valore dei diritti audiovisivi che la Lega di Serie A ha messo all’asta per il triennio che comprende le stagioni dal 2012/2013 al 2104/2015: una crescita di circa 100 milioni di euro al biennio precedente.

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Non bisogna stupirsi, quindi, della lotta intestina fra grandi e piccole squadre alla quale abbiamo assistito nell’estate 2011: ogni intepretazione dei criteri di ripartizione portava spostamenti di milioni di Euro a favore di un gruppo rispetto all’altro. E parliamo di una voce che nella stagione 2009/2010 ha rappresentato il 42% del totale dei ricavi delle squadre di Serie A [1]. È con il Decreto Legislativo n. 9 del 09.01.2008 che si stabilisce che, a partire dalla stagione 2010/2011, sia “l’organizzatore della competizione” (la Lega di Serie A) ad avere il compito di

predeterminare, in conformità ai principi e alle disposizioni del presente decreto, linee guida per la commercializzazione dei diritti audiovisivi recanti regole in materia di offerta e di assegnazione dei diritti audiovisivi medesimi, criteri in materia di formazione dei relativi pacchetti e le ulteriori regole previste dal presente decreto”.

La Lega di Serie A ha recepito tale compito ed identificato le Linee Guida da applicare, modificando il proprio Statuto il 1° luglio 2010. L’art. 19, che è intitolato “Criteri di ripartizione dei proventi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi”. Quello che a noi interessa, però, è capire come questi soldi vengano ripartiti fra le squadre e, quindi, che tipo di effetto possano avere sul bilancio (cioè, indirettamente, sulla capacità di spesa e di competitività) della nostra squadra.

Purtroppo, non esiste una risposta ufficiale. O, meglio, è confinata all’interno della cerchia ristretta dei beneficiari (le squadre di calcio), che non hanno alcun interesse a far giungere ai tifosi questi dettagli. Non tutti i tifosi, infatti, sono pronti ad accettare l’idea che i soldi percepiti in più rispetto agli anni precedenti possano essere utilizzati per ridurre il deficit strutturale della propria squadra e che, quindi, l’aumento dei ricavi per i diritti TV non produce automaticamente un aumento della capacità di spesa.

Cercheremo di descrivere i criteri di suddivisione stabiliti all’art. 19 e proveremo ad effettuare una simulazione, tenendo conto che esiste una percentuale elevata di diritti televisivi (il 30%, pari a circa 260 milioni di Euro) che dipende da criteri di assegnazione per i quali non esistono fonti ufficiali. Questi i risultati della nostra analisi per la stagione attualmente in corso, che assegna un valore complessivo di risorse inferiore, pari a “soli” 866 milioni di Euro, dei quali 848,5 milioni sono per le squadre di Serie A.

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Come siamo arrivati a questi valori?

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Le Linee Guida prevedono che dopo aver identificato l’importo complessivo ottenuto (definito “Risorse Economiche”) si proceda innanzitutto ad attribuire i contributi a favore delle società che retrocedono in serie B: si tratta, per ogni squadra, di una somma di 5 milioni di Euro per il primo anno e di 2,5 milioni di Euro per il secondo anno (queste cifre sono dimezzate nel caso in cui la società retrocessa abbia disputato un solo campionato di Serie A). La somma che residua viene definita “Risorse Economiche Nette” (che abbrevieremo in “REN”) e viene ripartita sulla base di tre differenti macro-criteri:

  • 40% in parti uguali;
  • 30% sulla base del bacino d’utenza (25% sulla base dei sostenitori e 5% sulla base della popolazione residente nel Comune in cui gioca la squadra);
  • 30% sulla base dei risultati ottenuti dalla squadra (5% sulla base dei risultati della stagione, 15% sulla base dei risultati del quinquennio precedente, 10% sulla base dei risultati storici dal 1946/47).

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Prima quota: Ripartizione in parti uguali (circa 390 milioni)
È il più semplice da definire: secondo il criterio 2(a) una quota pari al 40% viene suddivisa fra le 20 società di calcio, cui spettano quindi un 2% cadauna. Esiste quindi un minimo garantito pari a circa 19,6 milioni di Euro.

Seconda quota: Bacino d’utenza (circa 255 milioni) È stata quella che ha generato lo scontro nel corso dell’estate. Nel mese di novembre 2011 è stato trovato un accordo, limitato alla stagione in corso, assegnando l’incarico di identificare i bacini di utenza a tre società demoscopiche [2], giungendo addirittura a nominare un quarto esperto perché le controllasse e ne certificasse il risultato.

Una prima fetta, la più consistente (25%) viene attribuita in base al numero di “Sostenitori” di ciascuna squadra (prevedendo un tetto massimo del 25% che nessuna di queste potrà superare). In assenza di altre informazioni ci siamo basati sui valori apparsi sulla Gazzetta dello Sport [3] relativi alla stagione 2010/2011 ed abbiamo su quelli costruito il nuovo modello. Le percentuali di tifosi delle squadre retrocesse (pari al 5% del campione) sono state in parte assegnate alle tre neo promosse ed in parte ridistribuite fra tutte le altre partecipanti.

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Un’altra quota (5%) viene invece assegnata sulla base del numero di cittadini residenti nei Comuni delle squadre. Viene specificato che nei casi di Comuni che ospitano due squadre (in questo campionato Milano e Roma) ciascuna di esse ha diritto a considerare l’intera popolazione del proprio Comune. Non essendo specificata la fonte del calcolo, abbiamo ritenuto di considerare attendibile la rilevazione periodica disponibile sul sito dell’ISTAT, riferita al mese di Agosto 2011.

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Terza quota: Risultati sportivi (circa 255 milioni)
L’ultima quota di risorse viene attribuita sulla base dei risultati sportivi ottenuti dalle singole squadre. Questa è di più facile definizione, essendo costruita su tre sotto-criteri oggettivamente riscontrabili.

Una prima parte (5%) viene assegnata sulla base della stagione conclusa. Alle squadre viene assegnato un punteggio decrescente (da 20 ad 1) sulla base della classifica e ciascuna di essere ha diritto ad una quota pari al rapporto fra il proprio punteggio ed il totale dei punteggi di tutte le società di serie A.

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Una seconda parte (15%) effettua lo stesso tipo di calcolo ma sulla base dei risultati del quinquennio antecedente la stagione presa precedentemente ad esame. La quota delle REN spettanti viene calcolata sulla somma dei punteggi ottenuti nel periodo.

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L’ultima parte (10%) prende infine in considerazione i risultati storici della squadra, a partire dalla stagione 1946/47. In questo caso vengono assegnati punti sulla base di vari elementi (anni di permanenza nelle serie professionistiche, titoli nazionali ed internazionali vinti) ed il calcolo delle REN spettanti viene fatto sulla somma del punteggio ottenuto nel periodo.

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Rispetto alla stagione passata, nel 2011/2012 le squadre si divideranno circa 95 milioni in più.

È bene precisare che l’accordo siglato in Lega a novembre 2011 (con il voto contrario di Napoli, Palermo e Cagliari) è valido solo per le risorse della stagione 2010/2011 e non per quella in corso. È quindi possibile che si giunga a compromessi diversi per quanto attiene l’identificazione del bacino di utenza. Oltre a questo esiste una variabilità intrinseca derivante dai partecipanti a ciascun campionato. Poiché infatti, le risorse vengono espresse come rapporto fra la squadra ed il totale delle squadre che in quel campionato giocano in Serie A, è diverso il caso di una presenza di squadre come il Sassuolo od il Pescara rispetto, ad esempio, a Sampdoria o Torino che possono comunque vantare bacini di utenza e risultati storici migliori.


[1] FIGC, Report Calcio 2011, reperibile anche su questo sito
[2]
Crespi Ricerche, Doxa, Sport+Markt
[3] Gazzetta dello Sport, 29 giugno 2011


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