Nella cornice di Villa Fidelia, il 29 Luglio, l’Accademia degli Inquieti, in sinergia con la Fontemaggiore e il Comune di Spello, ha portato in scena “Discovery Costantino” – Rescritto, amore e fantasia, per la regia di Claudio Carini e Nicol Martini. La pièce nasce dalla volontà del Comune di Spello di rendere omaggio, attraverso l’adattamento di Domenico Barone e Claudio Carini del romanzo dell’autore locale Giuliano Sozi, ad uno dei periodi più fiorenti della storia cittadina e si inserisce nel più ampio contesto della Mostra Aurea Umbria, una regione dell’Impero nell’era di Costantino, a Spello, dal 29 luglio al 9 dicembre 2012.
Sfruttando abilmente l’artificio del metateatro, la pièce prende per mano lo spettatore facendogli “spiare” tutte le nevrosi che caratterizzano un set cinematografico. Qui, il gioco delle dicotomie realtà/finzione, attore/personaggio, cinema/teatro, passato/presente, artefice/osservatore, consente di affrontare contenuti impegnativi, in un racconto che è, al tempo stesso, divertente e stimolante sul piano degli spunti di riflessione.
Il percorso narrativo, infatti, salta tra vicende lontane nel tempo, evocando mondi remoti in cui la dimensione del sacro viene declinata secondo paradigmi diversi: partendo dalla civiltà tardo romana – un mondo quasi magico guidato da divinità immanenti e pervasive, in cui il legame simbiotico tra uomo e natura disegna le umane vicende – il racconto attraversa velocemente l’evo di mezzo – età della trascendenza in cui la natura, seppur lontana dal Supremo Artefice, conserva un valore assoluto ed inviolabile – per arrivare, dalla parte opposta della linea tempo, all’universo contemporaneo con la sua realtà cangiante e veloce in cui il dubbio è l’unico strumento di conoscenza e ricerca della verità.
Passato e presente si uniscono, dunque, in un gioco di continui salti temporali, passando dall’antica Hispellum di Caio Matrinio e Specula, fuggiti da Roma per amore, fino ai nostri giorni, con Ambra e Romino che, mentre visitano Spello, si incontrano casualmente e, forse, finiranno per innamorarsi.
La finzione si fa realtà nella finzione, quindi, grazie, soprattutto, alle intense caratterizzazioni dei personaggi.
Il fascinoso Regista (Domenico Barone), alle prese con un Ciakista (Franco Madeo) tuttofare, pasticcione e impacciato, ha l’arduo compito di dare forma alla storia secondo la propria sensibilità, o meglio secondo il budget messo a disposizione da uno spocchioso Produttore di nordica ispirazione (Tommaso Tardioli). Se, però, l’impresa si rivela piuttosto agevole nella definizione del lirismo di circostanza di Romino (Maurizio Torti) e degli afflati pudichi di Ambra (Emanuela Fuso), alle prese con la scoperta degli angoli più suggestivi di Spello, di ben altra ironica complessità si rivela la rappresentazione di Clorinda (Marusca Gubbini), terzo incomodo dalla sensualità caricaturale, di Specula (Marina Sozi), vittima del divismo esacerbato della sua attrice, e di Caio Matrinio Aurelio (Giacomo Bistocchi), condannato alla gogna del doppiaggio per mascherare l’abuso di “doppie” di romanesca impronta. A fare da cornice, i cameramen (Andrea Cantoni e Nazzareno Fuso), insensibili, o quasi, al bailamme del set e la truccatrice, (Dorotea Vagnarelli), sorta di deus ex machina del trucco e parrucco.
Ancora una volta, quindi, l’accademia degli InQuieti si conferma una delle realtà teatrali più dinamiche e innovative del panorama umbro.
Appuntamento alle prossime repliche.