Siamo stati ospiti in esclusiva dei Logitech G Lab, in Svizzera, dove abbiamo potuto scoprire che anche l'hardware ha un cuore
Logitech è una realtà che molti sembrano conoscere benissimo. Non solo i giocatori, ma anche i semplici avventori dei centri commerciali dove a scaffale sono abituati a trovare una vastissima gamma di prodotti. Logitech tuttavia è un'entità multiforma, complessa e stratificata, che dietro la marea di mouse, tastiere, webcam, sistemi audio e quant'altro cela tantissimi volti diversi, accomunati sostanzialmente da due fattori: ricerca tecnologia mai paga e vera passione. Un'entità che siamo stati invitati a conoscere più da vicino, grazie a una visita esclusiva ai Logitech G Lab, situati a Innovation Square, presso la EPFL (École Polytechnique Fédérale de Lausanne), di cui trovate anche il resoconto video qui sotto.
La globalizzazione, quella fatta bene
Avete presente il proverbiale "sogno garage" vissuto da molte aziende dell'area di San Francisco, tra cui colossi come Apple e Google?
Logitech si considera un po' come il suo equivalente svizzero. La compagnia è nata nel 1981, in un piccolo villaggio poco fuori Losanna, chiamato Apples (quando si dicono le coincidenze...) per volontà di sei ragazzi conosciutisi all'Università di Standford. E poco dopo è seguita anche l'apertura di uffici proprio in quella miniera di talenti conosciuta come Silicon Valley, a Palo Alto, in California, a chiudere un po' il cerchio. Oggi Logitech conta svariati uffici, laboratori e fabbriche sparsi per tutto il globo e fondamentalmente non si considera né un'azienda svizzera né una americana, ma semplicemente mondiale. Un atteggiamento che va al di là del puro prestigio corporate, riflettendosi sul concreto modus operandi della società, a più livelli. I dipendenti sono difatti spronati a fare esperienza presso altre sedi al fine di acquisire una visione il più possibile ad ampio raggio della propria sezione di competenza e del funzionamento della compagnia sotto più prospettive. Come è successo, ad esempio, al Capo degli Ingegneri Maxime Marini, in Logitech da 18 anni, di cui 10 spesi a Taiwan, dove oltre a confrontarsi con i colleghi asiatici, imparando da loro e insegnando a sua volta qualcosa, è potuto entrare maggiormente in contatto con i concreti processi produttivi dei progetti a cui lavorava. Una scelta professionale e di vita che, a sua volta, Marini incoraggia tra i suoi sottoposti. Per Logitech è importante il design, inteso non come progettazione delle funzionalità e dell'estetica di un prodotto, magari a comparti stagni, ma come realizzazione del "prodotto giusto". Giusto nelle caratteristiche tecniche, giusto nell'usabilità, giusto nell'aspetto, giusto nel software, giusto nell'imballaggio, giusto nel modo con cui il tutto si presenta e funziona nel momento in cui lo si connette per la prima volta al PC. Un tipo di focus in realtà tutt'altro che singolare, visto che oggigiorno è seguito da molti altri, sulla scia di Steve Jobs. Ma c'è una differenza. La miglior pianificazione, le migliori idee, la miglior tecnologia e la miglior scienza non sarebbero nulla senza un'applicazione pratica all'altezza, di cui sentirsi altrettanto soddisfatti, per cui in quel di Losanna si guarda con orgoglio alle fabbriche che danno concretamente vita ai loro prodotti. Diversamente da molte altre aziende, dirette concorrenti o meno, che prendono, vanno in Cina e si accordano con una società preesistente per la fornitura di componenti e l'assemblaggio, Logitech è difatti fornitrice e fabbricatrice di se stessa, dato che si è costruita da sé gli stabilimenti necessari (che sfornano 3 milioni di prodotti la settimana, indirizzati a 100 paesi). Un aspetto fondamentale, che permette di avere il controllo totale di ogni singolo dettaglio.twittalo! Il reportage di una nostra visita esclusiva ai Logitech G Lab
Democrazia scientifica
La filosofia di Logitech è orizzontale, volta il più possibile a trecentosessanta gradi.
Questo vuole dire che il discorso appena fatto, relativo alla fabbricazione, ha riscontro anche nella vita di tutti i giorni, come nei laboratori di ricerca e sviluppo, dove, cosa piuttosto rara in quest'industria, spesso sono gli stessi ingegneri a costruirsi la strumentazione di cui hanno bisogno per ideare e testare le periferiche a cui stanno lavorando. Come un elaborato sistema di molle, rilevatori e dischi di svariate dimensioni, che ricorda a una prima occhiata uno strambo macchinario da palestra, focalizzato sull'accelerazione dei mouse, considerato un inconveniente che non si riesce ancora a escludere al 100% in un reale scenario di utilizzo e che dunque non si mira solo a ridurre ma, di necessità virtù, anche a sfruttare. O la "catapulta", un braccio meccanico ad aria compressa che fa oscillare velocemente il mouse, per stressarne i rilevatori e i materiali esterni, al fine di decretarne la soglia in fatto reattività, capacità di rilevamento, attrito e svariati altri parametri operativi. Risultati che han permesso di partorire tecnologie come il Fusion Engine e il Logitech Delta Zero, attraverso le quali mentre ci si mantiene comunque in lizza nella corsa talvolta fine a se stessa dei DPI, si vuole dare la giusta rilevanza a fattori come la precisione durante i movimenti lenti, l'uniformità del comportamento del puntatore e la compatibilità con il maggior numero possibile di superfici. E moltissimi input sono stati forniti dallo staff anche per la realizzazione di ritrovati meno esotici, come una più ordinaria camera anecoica deputata al test dei dispositivi wireless, tra le più all'avanguardia in Europa, costata oltre un milione di dollari. Le considerazioni del paragrafo precedente trovano corrispondenza nei fatti anche quando si parlava di concorrenza: proprio perché se li è fatti in casa, nel settore Logitech è l'unica che dispone di certi strumenti, ma consente ai competitor di andare nei suoi laboratori ed usarli, al fine di migliorare i loro prodotti. Una forma di "solidarietà" che Ujesh Desai, diventato General Manager di Logitech G da circa quattro settimane, dopo una lunga militanza in nVidia, ci spiega essere determinata dal fatto che un generale livellamento verso l'alto degli standard del mercato è visto come uno dei migliori stimoli per non adagiarsi con la ricerca scientifica e l'ideazione di nuove soluzioni.In mano ai giocatori
Logitech ha cominciato ad esistere nel momento in cui alcuni ragazzi ebbero l'idea di realizzare il mouse dall'aspetto estremamente vintage che vedete in una foto qui attorno. Non è un'azienda che prima faceva macchine fotografiche, stampanti o lavatrici che s'è improvvisata nel settore, è una realtà nata con questo tipo di periferiche, a cui si dedica da 33 anni. Un percorso in cui la compagnia individua il vero punto di svolta in ambito gaming con il lancio dell'MX 510.
Un ambito a cui tengono moltissimo gli stessi ingegneri e sviluppatori che danno vita a quei prodotti, come abbiamo avuto testimonianza diretta, intrattenendoci con diversi di loro a parlare, da appassionati ad appassionati, di Team Fortress 2, The Binding of Isaac e DayZ, scoprendo che c'era chi non stava più nella pelle per giocare Far Cry 4 o riuscendo a "vendere" Legend of Grimrock II a un programmatore specializzato in audio volato dalla sede di Palo Alto, dopo avergli fatto vedere alcuni scampoli del nostro Long Play. Ma il tempo passa e sanno che ogni 365 giorni diventano un anno più vecchi e quindi potenzialmente sempre più disconnessi dal loro pubblico di riferimento. È per questo che nei Logitech G Lab si sfrutta la vicinanza con il complesso universitario dell'EPFL per portar dentro studenti e giocatori e sentire la loro opinione, com'è successo proprio il giorno prima della nostra visita, con una "gita collettiva", o come succede durante i LAN party che l'ateneo organizza due volte l'anno, patrocinato da Logitech. Un dialogo vero e proprio, fatto di continui scambi in due direzioni, che si è irrobustito progressivamente anche con l'intensificazione delle partnership e-sport. Logitech è difatti sponsor di numerosi "cyberatleti", sparsi in quattro continenti. Tra loro a Losanna abbiamo potuto fare la conoscenza di Andy "Reginald" Dinh e Jason "WildTurtle" Tran del Team SoloMid, la più popolare squadra al mondo di League of Legends, i cui membri possono contare tra i 20 e i 40 mila spettatori contemporanei sui loro canali personali Twitch, che arrivano anche a 100 durante gli LCS. E poi Mike "Wickd" Petersen degli Alliance, terzi negli LCS di primavera, primi in quelli Europei. E ancora Sean "sgares" Gares, Jordan "n0thing" Gilbert e Spencer "Hiko" Martin della divisione di Counter-Strike: GO del team Cloud9, primi in USA e sesti a livello globale, e il polacco Marcin "Gnimsh" Filipowicz, asso di una specialità giovane ma già di grandissimo successo come Hearthstone. Ragazzi che si sfondano di videogiochi, come tantissimi di noi, e che rappresentano i migliori dispensatori possibili di consigli in materia. Logitech ne tiene dunque in altissima considerazione l'opinione, prestando ascolto ai loro suggerimenti e ai loro desideri, fornendo loro prototipi o misurando scientificamente il modo con cui usano certi modelli, come quando li riprende con telecamere ad alta velocità attraverso cui misurare l'utilizzo effettivo dei pulsanti di una tastiera o tracciare con estrema precisione i movimenti effettuati con un mouse. Un classico win-win, come testimoniato anche da una slide mostrataci in quel di Losanna che illustrava il rapporto vittorie-sconfitte degli Alliance agli LCS, passato dal 16-12 dell'edizione primaverile al 21-7 di quella estiva, rimarcando, con un po' di arroganza, che nel frattempo era iniziata la loro partnership con Logitech e la differenza con ogni probabilità si doveva proprio a quello.