Di Gianni Pardo il 9 ottobre | ore 11 : 45 AM
Chi segue sia pure distrattamente l’attualità si sarà accorto di quanti autori di delitti sono scoperti per mezzo di quelle telecamere di sorveglianza sparse per le strade o installate nei negozi. Ogni volta è presumibile che lo spettatore televisivo manifesti intimamente la soddisfazione di vedere inoppugnabilmente dimostrato il misfatto e innegabilmente identificato l’autore. In questo campo un esempio fra i massimi è il filmato di un omicidio di camorra in un bar di Napoli, dove il particolare più orribile è risultato l’indifferenza del killer. Costui, dopo avere ucciso un essere umano a tradimento, si allontana con la pistola in mano senza neppure affrettare il passo. Perché avrebbe dovuto? Che premura aveva, che aveva fatto, di eccezionale?
Come si sa, il sicario è stato arrestato. Dal momento che quel filmato sarà mostrato ai giurati, si può star certi che essi saranno sconvolti dalla callosa insensibilità morale dell’accusato. Quel filmato smentirà qualunque appello alla clemenza e all’umanità dei giudicanti. Anche in questo senso l’apporto delle telecamere alla conoscenza della verità è in qualche caso insostituibile. Una cosa è sapere, una cosa è vedere.
Il caso del sicario napoletano è uno fra i tantissimi, in Italia e nel mondo. Non ci sarebbe da discutere, riguardo a questo nuovo mezzo di repressione del crimine, se in altro contesto, e senza minimamente pensare a tutto quanto s’è detto, molti non deprecassero su tutti i toni la presenza di tante telecamere. Come dicono le anime sensibili (che adorano l’inglese) esse “insidiano la nostra privacy”. Quegli aggeggi possono dimostrare che eravamo dove non avremmo dovuto essere o che eravamo in compagnia della persona sbagliata. Ci possono sbugiardare, insomma, e le anime sensibili vogliono proteggere anche i bugiardi. Naturalmente ci lasciano purtroppo con la sete di un loro commento sul caso dell’assassino di Napoli. Saremmo lieti di vederli rispondere a questa domanda: “Avreste preferito che quella telecamera non ci fosse stata?”
Per fortuna molti non hanno nulla da nascondere e preferiscono qualche attentato alla propria privatezza che alla propria sicurezza. Ma gli conviene non alzare troppo la voce, perché non sono “nel vento”, come dicono i francesi. non sono buonisti, non seguono la moda, non sono politically correct. Hanno torto, nei salotti: ma in questo caso i galantuomini preferiscono avere torto.
La proliferazione delle telecamere nei luoghi pubblici è una benedizione del cielo: dà la possibilità di dimostrare come effettivamente sono andate le cose e per chi è dal lato della legge è un vantaggio. Rimarranno i problemi degli adulteri e delle adultere, cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà: ma è meglio avere una lite coniugale in più che un assassino a piede libero. E poi, chi dice che il contenuto di tutte le telecamere debba essere pubblico? Bisognerebbe punire molto severamente, forse più di quanto non si faccia oggi, chi mettesse una telecamera nella camera da letto altrui o registrasse una seduta di camera di consiglio, in Tribunale: ma tutto questo rientra nel più grande problema della segretezza delle comunicazioni e della vita privata. La documentazione è pressoché sempre opportuna, la pubblicazione della documentazione lo è raramente e deve essere accuratamente giustificata.
Una cosa è certa: la telecamera di una salumeria non somiglia molto al Grande Fratello. E se contribuisce a fare arrestare dei rapinatori, o un pirata della strada, Dio benedica chi l’ha inventata e chi l’ha installata.
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