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Telecom. Ecco tutta la storia

Creato il 03 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Cosa è successo a Telecom? Come mai l'abbiamo venduta agli spagnoli e quali sono stati i cambiamenti degli ultimi anni?

Franco Bernabè (photo credit: luca.sartoni / Flickr / CC BY-SA 2.0.

L’azienda Telecom è così divisa al suo interno da assomigliare pericolosamente ad una Matrioska. La prima bambola si chiama mercato,quella più piccola la chiameremo Telco e quella piccolissima famiglia Fossati.  Telco è una holding che vede seduti nel suo consiglio d’amministrazione pezzi grossi dell’economia italiana come Intesa San Paolo (11,6%), Generali (30,58%) ed anche quei cattivoni spagnoli di Telefonica (46,18%). Ciò che è successo qualche settimana fa è stato l’aumento di capitale siglato dai soci italiani,un aumento da oltre trecento milioni di euro che determinerebbe una totale inversione delle quote. L’operazione,infatti, porterebbe Telefonica al 66% della holding. Non è tutto,perchè è previsto un altro accordo,al quale le due banche italiane hanno già dato l’autorizzazione,che consentirebbe un ulteriore aumento di capitale portando Telefonica a detenere il 70% della più grossa compagnia telefonica italiana. Bene,la prassi giornalistica usa fare di tutto un caso,come se all’improvviso una sola scintilla incendiasse l’intero fienile, ma così non è,la miccia di Telecom sta bruciando da decine di anni e probabilmente continuerà a bruciare ancora. Le soluzioni che la politica sta proponendo si rifanno ai cavalli di battaglia di un passato non ancora divenuto presente,mi riferisco alla questione della Golden Share, il prodotto anglosassone che consente allo Stato di conservare un’azione d’oro la quale permette al suo detentore una serie vastissima di poteri (quali la nomina di un proprio rappresentante in consiglio d’amministrazione con poteri più vasti degli altri amministratori). Ad ognuno il suo si potrebbe dire,agli italiani la fantasia artistico musicale,agli inglesi il pragmatismo nella costruzione degli istituti giuridici.  Fatto sta che il Professore, mesi or sono,aveva pronto un decreto legge che introduceva il “golden power”.  Monti aveva fatto le cose per bene,in modo da non offendere il principio di libertà di circolazione, principio caro all’Europa -ne sa qualcosa la Germania del “caso Volkswagen”- e al contempo proteggere l’interesse nazionale: è un peccato che abbia dimenticato il decreto nel cassetto.  D’altronde l’istituto della Golden Share non appartiene alla tradizione italiana né a quella europea, anzi risulta alquanto indigesto sia all’ Italia che all’ Europa tanto che la prima non l’ha seriamente introdotto nel proprio ordinamento e la seconda tende in tutti i modi a limitarne l’utilizzo. Il golden power poco innovava rispetto alla “golden share” ed è stato rispolverato d’urgenza dal governo Letta (a breve dovrebbe essere pubblicato il decreto attuativo per le materie trasporti,energia e telecomunicazioni).  Grazie al golden power il governo manterrebbe sulla rete il controllo della gestione,anche se in via indiretta e con tempi ridottissimi potrebbe imporre obblighi alla società ed influire sulla struttura del piano industriale soppesando gli interessi pubblici;potrebbe perfino spingersi ad imporre il veto.  L’intera questione ruota attorno al ruolo e ai poteri che lo Stato deve -o dovrebbe?- mantenere sulla rete . L’agitazione delle ultime settimane di molti Ministri della Repubblica ha come fulcro la tutela dell’ interesse nazionale:pare che non ci sia mai fine alla desuetudine, peggio ancora, pare che non ci sia accorti che il fervore primo novecentesco sia ormai morto e sepolto da anni. Sarebbe in tal senso opportuno quantomeno porsi una domanda: “non dovrebbe la classe politica aprire gli occhi e comprendere che la razionalità politica non viaggia sullo stesso binario della razionalità economica,che la prima è irrazionale mentre la seconda è misurabile ed oggettiva?”. Dando per scontato che Telecom Italia rientri in quella nebulosa delle “utilities” la scelta è tra combattere un monopolio (e quindi lasciare che gli spagnoli di Telefonica seguano la loro linea imprenditoriale) oppure tutelare quel famigerato interesse nazionale. Un nostalgico economista potrebbe ancora sostenere che la rete,in quanto tale, sia un monopolio naturale e che è interesse di tutti che Telecom Italia possa fare tutte quelle belle cose come garantire il servizio a tutti gli utenti,mantenere le tariffe invariate,proteggere le reti di comunicazione,tutte cose da tenere in grandissimo conto. Per venire incontro al nostalgico economista molti ora propongono lo scorporo, liberalizzando il servizio ma mantenendo il controllo sulla rete. I più sensibili,poi, stanno ora tirando in ballo la questione del “last mile”,la quale molto rozzamente può essere semplificata nella domanda: “chi monterà il ripetitore nel più piccolo e sperduto comune d’Italia,senza avere un ritorno economico da quell’investimento?”. Beh, a questo problema dovrebbe riuscire a mettere una grossa pezza il Governo,una volta introdotto il “golden power” o a seguito dello scorporo, visto che sicuramente la rete sarà concessa solo a seguito di sottoscrizione di obbligazione di servizio universale. I problemi che il caso Telecom solleva sono molto più profondi di come parrebbe,si tratta di scegliere tra la sola razionalità politica e quella mediata dall’economia,scelta che come tutto in Italia,arriva puntualmente in ritardo.


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