A Sua Maestà la Regina
Madame ma très chère fille,la vita qui a Luneville migliora di giorno in giorno, amo la Lorena e i Lorenesi mi tributano un affetto incondizionato. C’è stato qualche disagio all’inizio, quando abbiamo dovuto essere ospiti del principe di Craon perché la reggia non era arredata giacché il duca mio predecessore l’ha vuotata completamente andando a raggiungere l’arciduchessa Maria-Teresa. Mi rendo conto che le preoccupazioni della Francia abbiano impedito al Re mio genero di prestarmi qualche mobile del gardemebule della Corona, ma per un uomo che è stato due volte re di Polonia e due volte è riparato in esilio sono quisquilie, poi Vostra Maestà stessa ricorderà che a Wissembourg vivevamo come dei postulanti qualsiasi.Passo il tempo seguendo grandi progetti, ma très chère fille: ho intenzione di creare una Biblioteca Reale, un’Accademia a Nancy, aprire scuole e nuovi ospedali, e soprattutto voglio che in Lorena chiunque possa godere della più grande tolleranza: non c’è al mondo che una religione, ossia quella delle persone oneste, poiché costoro pensano ovunque allo stesso modo, quale che sia la loro religione, patria o lingua.Vi è solo una cosa che mi rattrista e mi esaspera, Madame: la gola. Vostra Maestà mi conosce bene, sa che pecco e sono goloso, financo epicureo; sento la mancanza dei dolci della nostra terra natale. Sembra sia impossibile ottenere dei pasticceri lorenesi che sappiano fare dei dolci apprezzabili. Nulla che si avvicini al piernik al miele, al mazurek con la frutta secca, allo jablecznik… sempre e solo il sempiterno kugelhupf. Non che sia cattivo, Madame, ma è sempre quello, sempre quello. Secco, senza un sapore deciso, la sola cosa che gli dia un guizzo di vitalità è forse lo zucchero a velo.Orbene, ieri è successo un fatto straordinario. Di buon mattino sedevo comodo in poltrona, non ero di ottimo umore. L’ora si avvicinava, l’ora della colazione. Il servizio entrò. Il piatto fu servito. L’ira mista alla disperazione m’invasero: agguantai il piatto, lo lanciai attraverso la tavola mandandolo a cozzare contro le bottiglie dei liquori all’altro capo. Una si rovesciò e versò rum ovunque, inzuppando la fetta di kugelhupf responsabile del mio scatto di nervi. Forse fu il profumo del rum, o forse un riflesso condizionato, ma allungai la mano brandendo una forchetta, e assaggiai. Meraviglia! Mi sembrava di essere tornato indietro di anni, a quando eravate una bimba e mangiavamo tutti assieme la bakba a Pasqua. Ero felice, finalmente. Quell’incidente era stato come la parola magica che aveva aperto la caverna di Alì Babà.Vostro devotissimo padre,Stanislao Mauro MelonMagazine Diario personale
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