Sezione: Gli amici della MaestraSvolgimento
Giovedì pomeriggio. New York, 1977. Al 254 della 54esima Strada a Manhattan, il giovane Richie Kazcor, come sua consuetudine, sta trascorrendo del tempo ascoltando musica. Lo fa in compagnia di un piccolo gruppo di ragazze, impegnate a ripulire la pista e il bar del locale in cui si trovano: lo Studio 54. Da tempo ormai vero e proprio luogo di culto delle notti in città: tra star piccole e grandi che amano scatenarsi sulla pista alla musica che, proprio Richie mette dalla sua postazione. Senza saperlo, e per il solo fatto di amare la musica, ed in particolare la disco music, si è ritrovato ad essere una sorta di guru in fatto di gusti: la musica che piace a lui finisce per essere la più ascoltata, la più ballata ed infine la più acquistata, non solo a New York, ma in tutti gli States e finisce immancabilmente per sbarcare e sbancare anche in Europa.In quel pomeriggio lo hanno avvertito che c’è della posta per lui. Come succedeva ormai da tempo, alcuni discografici gli inviavano dei demo o dei veri e propri dischi, con la speranza che Richie li facesse sentire in una serata allo Studio. Aveva tra le mani un rhum e cola quando aprì il pacchetto speditogli dalla Polydor. Conteneva il nuovo pezzo di Gloria Fowles, in arte: Gaynor; una che solo due anni prima si era fatta incoronare nientemeno che dal sindaco della città in persona, Abraham D. Beame, “Regina della disco”, e tutto grazie all’enorme successo di Never Can Say Goodbye. Richie pensò immediatamente che nonostante questi fasti la Gaynor era un po’ sparita dalla scena, e a dirla tutta il pezzo che gli veniva proposto, non era poi un granché. Si intitolava Substitute. Lo ascoltò assai poco convinto, ma avendo ancora del tempo e del rhum da finire, volle ascoltare anche il lato b di quel disco.Smise presto si succhiare dalla cannuccia, così come smisero di tirare a lucido la pista le ragazze addette alla pulizia. Capì in un istante cosa aveva tra le mani, quale enorme potenzialità potesse avere quella canzone, rilegata dal gusto spesso insensato dei discografici ad essere solo un “lato b”! Iniziò subito a come inserirla in scaletta, anche se non era un’impresa da poco. Iniziava con un giro di pianoforte, senza alcun accompagnamento ritmico. La cosa avrebbe potuto stonare nel suo solito stile di far coincidere le ultime battute alla batteria di un pezzo con quelle iniziali del successivo. Ma la cosa non lo scoraggiò. Fu subito un successo enorme, tanto che, su intervento di Richie, la Polydor fece uscire il disco a facce invertite.La canzone pare ormai vivere di vita propria e, come ogni oggetto di culto, è stata stravolta, rimaneggiata, innestata su altre musiche, citata e omaggiata in varie forme oltre che incisa in molte lingue e in una quantità notevole di versioni o cover, da quella ska a quella punk: penso in particolar modo all’interpretazione dei Cake, una band indie rock di Sacramento in California, a quella della Hermes House Band (con dei cori travolgenti), o ancora a Supreme di Robbie Williams, penso ai REM, alla versione a cappella dei Rockapella, o a quella in spagnolo fatta da Raquel Del Rosario, penso ancora a quella cantata da Andrei Calamaro, dai Las Seventies con arrangiamenti gitani, dall’italiana Dolcenera, dalle Puppini Sisters. Senza dimenticare la straordinaria versione di Shirley Bassey che ne accentua la drammaticità di alcune parti del testo.I Will Survive è anche l'inno da stadio dei Feyenoord, una squadra di calcio Olandese, e dei Schalke 04, altra squadra di calcio ma tedesca. Legato a questa canzone conservo personalmente uno strano ricordo. Non so dire con esattezza se l’ho sognato, immaginato (più probabilmente desiderato), oppure l’ho visto davvero. Forse era uno di quei concerti di beneficenza in Vaticano a cui Giovanni Paolo II ci aveva abituato; lo scenario quello ormai familiare dell’Aula Nervi, la coreografia dunque assai suggestiva, con tanto di orchestra e coro in nero rigoroso. Qualche canzone tradizionale gospel (le quali sanno spesso essere di una noia del tutto particolare) e poi la sorpresa: Gloria Gaynor canta I Will Survive e Wojtyla lì, davanti a lei, ad ascoltare. L’inno per eccellenza, ad elezione planetaria, del popolo gay (mi sia passato il termine “popolo”) cantato dall’auto proclamatasi “Regina della disco” di fronte al Papa la cui dottrina morale non è stata certo storicamente riconosciuta tra le più progredite in merito.“And so you’re back from outer space. I just walked in to find you here without that sad look upon your face. I should have changed that stupid lock. I should have made you leave your key, if I’d known for joust one second you’d be back to bother me”
Questa immagine racchiude in sé, involontariamente certo, se non per il modo in cui l’ho fruita, alcuni degli aspetti più significativi del camp, e che cercherò di illustrare in questo scritto; come ogni saggio, anche questo possiede pregi e difetti: per i primi mi rimetto al giudizio di quanti leggeranno questo lavoro, nell’elenco dei secondi segnalo da me un grande amore per l’oggetto di discussione, il quale forse può togliere obiettività, non a scapito, almeno mi auguro, della chiarezza.
Gianluca Meis e Luca Locati Lucianidedica dell'autore"Ringrazio la Maestra per questo grande piacere. Crisco Disco, a differenza dei libri che avete già presentato non è un romanzo, ma un saggio. Nel suo interno ho comunque cercato di raccontare anche delle storie per restituire soprattutto il clima del periodo, oggetto del libro. Anche per questo ho chiesto venisse riportata non l'introduzione ma una parte, quasi narrativa, contenuta nel contributo che Gianluca Meis, una vostra conoscenza, ha realizzato. Buona lettura e buona scrittura a tutti".Luca Locati Luciani