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Tema: Filosofi

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SvolgimentoTema: FilosofiMi si avvicinò un vecchio. Naturalmente non lo avevo mai visto in vita mia. Avrà avuto settant’anni e forse anche una guerra sulle spalle. Mi guardava e sorrideva quasi compiaciuto della giornata di sole che io, lui e una ventina di milioni di persone ci stavamo godendo. Io non me la stavo godendo, la sopportavo alla bell’e meglio come tutto il resto.Lo guardavo con la coda dell’occhio, avevo paura che mi attaccasse bottone. Non volevo parlare con nessuno, le giornate di sole mi rendono scontroso nei confronti dell’umanità, forse la colpa è dei troppi fotoni che mi arrivano in testa in un colpo solo.Il vecchio, con le mani dietro la schiena, il baffo bianco e la coppola marrone, si fece verso di me, con le parole che gli scappavano dagli angoli della bocca. Secondo me aveva una voglia di parlare assurda. E io ho una fortuna sfacciata per trovare chiacchieroni impenitenti, paladini della parola e vecchie comari spelacchiate. Nascosi la bottiglia di Malvasia sotto il grosso culo di Rushdie e mi concentrai meglio sull’altro libro che mi ero portato: Wolverine. Non me la sentivo di leggere Rushdie in pieno giorno, non volevo che qualcuno tra la folla mi indicasse e facesse cadere una fatwa anche sulla mia testa, già dovrei avere una scomunica da qualche parte a casa, un fatwa sarebbe stata ingestibile. Il vecchio era oramai sopra di me, se ne stava silenzioso e mi nascondeva il sole con la sua grande stazza. Lo guardai indispettito dal basso, da dietro i miei piccoli occhiali da sole. -Ehi vecchio, ti levi? Mi stai togliendo il sole.-Disse Il Cane ad Alessandro Magno.Strabuzzai gli occhi e lo guardai. Il vecchio sembrava conoscere qualche aneddoto interessante. Ma aneddoto o non aneddoto, cultura o non cultura, si doveva togliere dalle palle.-Mi dai un goccio di vino?- mi chiese quello, speranzoso come un bambino nella fabbrica della Lego e con in mano un assegno da quindicimila euro.-Se i tuoi migliori propositi sono questi, allora è meglio che li lasci stare e vai ad impiccarti sull’acropoli della città- ero gasato, ero riuscito a ricacciargli indietro la frase famosa di un altro filosofo. -Ti do indietro il sole in cambio di un sorso di vino. È un banale do ut des.Ritirai fuori il Malvasia dal culo di Rushdie e feci per porlo sorridendo al vecchio, ma all’ultimo momento ritirai mano e vino dalla sua, che già si protendeva fiduciosa, e la rimisi vicino a me. Lo guardai sorridendo e gli dissi:- Aliquid dare, aliquid retinere! Mi dispiace- e gli bevvi un bel sorso di vino davanti al suo faccione.-Dura lex, sed lex- disse lui facendo spallucce, ma senza spostarsi minimamente. 
Non sapevo per quanto ne avrebbe avuto. Speravo che seguisse l’esempio della lingua latina che tanto apprezzava: morire. Cercai di lasciarlo stare e ritornai alle pagine del fumetto. Il vecchio cominciò a guardarsi attorno, stava escogitando qualcosa per farmi impazzire. Me ne sarei andato io, ma questo voleva dire abbandonare il campo, dargliela vinta e tutto il resto. No, sarei rimasto nel mio specialissimo posto, seduto ai bordi di una fontana a leggermi i mie libri e bermi il mio vino. -Dai, dammi un goccio di vino. Che ti costa? Ti sbarazzi di me e torna a splendere il sole.-Ma te ne vuoi andare? Mi hai preso per Gesù?Mi stufai, presi la bottiglia di vino e vidi che dentro ce n’era ancora una buona metà. Non ci pensai due volte e la bevvi tutta d’un fiato. Giù, veloce senza dire niente. La bottiglia si svuotò e la riappoggiai a terra. Il casus belli non c’era più, ma il vecchio non si muoveva, forse sembrava solo un po’ più amareggiato di prima. Volevo mandarlo via, allora mi alzai in piedi, di scatto, per mettergli paura, ma l’azione combinata di vino e sole del pomeriggio, mi fecero traballare sulle ginocchia. Persi l’equilibrio e caddi all’indietro. Il vecchio, veloce come non me l’aspettavo, mi afferrò per la maglietta e mi tenne sospeso sopra l’acqua alle mie spalle. Lo consideravo un bel gesto e avevo subito deciso di pagargli un bicchiere di vino dimenticando quanto mi avesse fatto tribolare un paio di minuti prima.Il vecchio mi sorrise e mi disse:- Fabula... acta... est!Mollò la prese e io caddi all’indietro verso la fontana. Riuscii solo a gridargli un bel fottiti a squarciagola, ma le restanti parole furono inghiottite dall’acqua non potabile della fontana. Me ne uscii che ero tutto bagnato, ridevo del bel contrappasso dantesco del giorno: io, che non volevo dare un goccino di vino ad un vecchio, ero caduto in un mare d’acqua. Ricercai il vecchio con lo sguardo, ma non lo vidi più. Solo a terra, c’era una scritta: “Socrate è stato qui!”
Andrea Roma

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