Magazine Diario personale
Solo una porta li divideva. Una porta marrone anonima, piazzata là per dividere un appartamento altrettanto anonimo, da un pianerottolo con le piastrelle giallo malato tipiche della sala d’aspetto di un ospizio. Ma quella non era la sala d’aspetto di un ospizio era solo il pianerottolo di un quarto piano. Solo una porta si frapponeva tra un losco individuo e una donna bellissima, un tipo col passamontagna sulla faccia e una donna che passava il suo pomeriggio d’estate con una maglietta bianca e dei pantaloncini neri, uno stupratore e una vittima.
Il losco si avvicinò alla porta e sentì da dentro, provenire le note di un concerto per quartetto d’archi di Bach. Anche se era il maestro delle fughe, quel giorno non sarebbe fuggito nessuno, nemmeno la vittima prescelta. Un quartetto d’archi di Bach, la musica perfetta per uno stupro in piena regola, perfetta perché nemmeno il più sciroccato regista di Bombay l’avrebbe scelta per una scena del genere.
L’uomo bussò alla porta e aspettò la risposta.
-Sì?
-Pizza!
-Ma non abbiamo ordinato nessuna pizza!
-Eppure l’indirizzo è questo, signora.
La donna aprì la porta senza guardare dallo spioncino, era sicura di ritrovarsi di fronte al tipico ragazzotto brufoloso, invece per lei c’era un uomo col passamontagna nero che di umano non lasciava trasparire nemmeno gli occhi.
Il criminale sospinse la porta con violenza ed entrò, la donna urlò e vedendo che l’uomo era ormai già dentro la casa, corse via cercando la salvezza chiudendosi nella camera da letto. L’uomo, con tutta la calma del mondo, la calma che appartiene ai carnefici onnipossenti, chiuse la porta dietro di sé e si fece avanti dentro l’appartamento. La donna si era accorta troppo tardi di non avere con sé il cellulare e nemmeno la chiave della stanza, era in trappola come un piccolo hobbit nelle mani del signore oscuro.
Lo stupratore cominciò a grattare il legno della porta con le unghie e disse alla donna:
-Hai perso la chiave? Mi sa che è finita in una delle mie tasche.
Aveva pianificato tutto, la perfezione sta nei dettagli.
L’uomo entrò, prese la donna per i capelli e la buttò sul letto. Fu sopra di lei e cominciò a toglierle i vestiti, la donna provava a liberarsi dalla presa dell’uomo, ma tutto era inefficace. L’uomo si calò i pantaloni e guardandola negli occhi le gridò:-Sei mia!
Nel momento stesso in cui finì di dire la frase, sentirono suonare il cellulare di lei nell’altra stanza. Lui fece finta di niente, ma la paura scomparve dagli occhi di lei e in tono calmo e serafico disse all’uomo:
-Hanno ucciso Kennedy.
-No.
-Sì amore, hanno ucciso Kennedy, spostati dai.
-Non è vero.
-Sì che è vero, leggi un paio di libri di storia.
L’uomo si spostò affranto e si tolse dalla faccia il passamontagna. La donna invece corse a rispondere al telefono.
L’uomo diede un’occhiata alla sveglia digitale sopra il comodino, erano le cinque di una domenica pomeriggio, sicuramente era la madre di lei che li invitava per la cena.
-Amore torna di qua!- disse lui quando sentì che la chiamata era finita.
La donna ritornò e si sedette di fianco a lui sul letto.
-Riprendiamo da dove avevamo lasciato?
-Non mi va più e d’estate col passamontagna fa caldo. Sono sudato e non abbiamo fatto niente. Devo proprio metterlo il passamontagna?
-Ma dai! Non fare così, ci stavamo divertendo, no?
-Sì, ma tu non puoi usare le safety-word quando ti pare! Dovremmo usarle solo per i casi di emergenza! Non perché ti viene prurito alla schiena quando ti lego, perché ti va lo shampoo negli occhi sotto la doccia o perché chiama tua madre al telefono!
-Hai ragione, ma sai che se non rispondiamo si preoccupa subito.
-Mmm.
-Comunque stasera ho detto che siamo a cena da lei, va bene?
-Ogni tanto vorrei che anche tua madre avesse una safety-word, così, solo per evitare che qualcuno si faccia del male.
Andrea Knulp
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