Tema: Il Bue

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Sez. In Fuga dal PresepeSvolgimento


Piazza San Pietro.  Una notte di dicembre. Prova luci. Domenica, il Santo Padre si affaccerà dal balcone per benedire il presepe in diretta mondiale. Bassa all’orizzonte, una striscia rosa sembra portare tutto il peso della notte. Il silenzio si fa ancora più misterioso. L’ineluttabile attesa è sempre  più ossessiva. Non c’è nulla che la possa fermare. Solo la morte. Sulla piazza danzano ombre di uomini e cavi elettrici. Davanti alla natività, una suora sta delicatamente sistemando le statuine; viene pregata di allontanarsi. Dopo qualche minuto di sospensione, la grotta di cartapesta si illumina di una luce soffusa. Qualche gatto che stava riposando tra il bue e l’asinello, infastidito da tanta luce, sgattaiola via lasciando solo un solletico di vibrisse sulle terrecotte mute.Tutti gli occhi dei pellegrini già in coda dalla sera prima si rivolgono alla Madonna quasi a implorare un miracolo, una lacrima, un sorriso. La presenza del bue e dell’asinello, invece, riceve scarsa attenzione, non più di un rapido assenso, una presa d’atto formale. Forse, solo un corvo appollaiato sull’obelisco guarda dall’alto con più insistenza. Sarà perché ha notato qualche stranezza? Quando le luci si spengono e tutti se ne vanno, dalla grotta esce uno sbuffo di vapore che si alza evanescente verso il cielo come un ruminare di nebbia. L’indomani, la piazza è gremita e anche il sole allo zenit assiste rapito all’omelia del Santo Natale. Dentro la grotta,intanto, è una tiritera continua. Un muggito dopo l’altro. Il bue non si dà pace.
– Quello di prima, il tedesco, sono sicuro che avrebbe preferito una bel tigrotto di peluche a riscaldare il bambinello. E poi giù di encicliche per toglierci di mezzo, salvo poi concederci la grazia della presenza ornamentale.– Ma quando mai? – lo sbertuccia l’asinello, sfoderando un sorriso berlusconiano – Lui, il tedesco, non si sarebbe mai sognato di cambiare neanche una zolla del suo presepe e i suoi amati gatti se li teneva ben stretti sotto la sottana! Attento che se continui così al posto tuo ci mettono una pecora! – Mi hai proprio rotto i mappamondi. Tu daresti ragione anche a Hitler per un po’ di biada!Io c’ho la mia dignità da difendere! E poi già lo fanno quei bastardi dei cinesi. Dovrai abituarti a stantuffare molto di più, Quelle pecorone tutte uguali pensano solo a brucare.  I mappamondi intanto girano così vorticosamente che nel presepe si alza un frullio misto di paglia, stagnola e muschio. All’improvviso, nello stupore generale, la capanna comincia sussultare come in preda a un terremoto. E proprio nel momento clou della benedizione, ecco che comincia a muoversi su quattro zampe, modello drago cinese.Dopo aver sfilato sotto lo sguardo costernato di suore impallidite e fedeli sempre più sgomenti, e  seminando il panico generale, il bue si scrolla di dosso la capanna lasciandola tutta ammaccata sul selciato. Più indietro sulla pedana, Giuseppe e Maria sembrano precipitare dentro un’apocalisse di vuoto. Dietro di loro, solo polvere di stella cometa e aureole rotte.- Sei pazzo! Torna indietro - urla l’asinello mentre sfreccia incollato ai garretti del compagno bovino. Sembra una corrida. I due galoppano per la piazza e alla fine si infilano dentro una fenditura tra la folla, non prima di aver concimato per bene ogni sampietrino.Una volta di là dal colonnato, l’asinello, manco fosse un cardinale in odore di licenziamento, continua a ragliare:– Sei crudele, come puoi fare questo al Papa più buono del mondo? Senti come piange dal balcone! Sembra una Belen addolorata!– Altro che Belen! Insomma, che ce ne frega a noi? Adesso s’arrangiano. Sua Santità emerita, come non avesse avuto altri problemi da risolvere, ha voluto scassare la minchia e puntualizzare, mortacci sua, che io e te non ci stavamo quella notte? E allora che si impicchino lui e tutta la Curia! Sta attento, quel tir t’ha lisciato il pelo.– Uff, si stava meglio quando si stava peggio, te lo dico io… e poi adesso la musica è cambiata, appunto, c’è Papa Francesco! Lui è tanto buono… Forse ci riprendono per l’Epifania e finalmente si mangia un po’ di biada come Cristo comanda!– Ma lascia perdere, quello sarebbe d’accordo con noi, è uno con le palle. E muoviti, che ci aspettano al presidio! I poveracci hanno bisogno di noi!Fa un freddo porco!Il ciuccio smette di ragliare. Con le orecchie penzoloni e il muso più triste di un cocker abbandonato segue il compagno lungo il Corso, tra Babbi Natali di tutte le nazionalità in una Chinatown  zeppa di gatti dorati sornioni e mutandine rosse fosforescenti. A un certo punto, come folgorato sulla Via di Damasco o come un cieco che riacquista la vista,  l’Asinello vede per la prima volta il mondo schifido che ha intorno:– Che tristezza. Hai ragione… Stamattina, prima di uscire dalla stalla del capo dei Forconi, ho sentito sua moglie che si lamentava. Le avevano rifilato una sola in un negozio di cinesi. Un presepe senza di noi. Così li fanno quei cani. Non c’è più religione. In Russia, al posto nostro mettono stufe a forma di Matrioska. In Cina, il bambinello lo fanno femmina, tanto loro a noi cristiani ci schifano proprio. E poi vaglielo a spiegare a mia zia Bufala che al posto mio ci può mettere una giraffa, tanto è uguale. Non c’avrà mica avuto ragione Papa Ratzi con la storia del relativismo culturale?– Ma che cacchio te ne frega? – lo ammonisce il bue – Te lo do io il presepe! Adesso bisogna lottare sennò di questo passo, ci macellano, altro che storie.– Insomma, di tornare indietro non se ne parla, eh?– Vedi un po’ tu. Io no di certo. Cosa vuoi che me ne importi di tornare a far la bella statuina per accontentare sta massa di pecoroni! Meglio i forconi!L’asinello si ferma sul ciglio del raccordo anulare e con gli occhioni tristi tristi si volta indietro verso il Cupolone. Si stava bene dentro le proprie certezze asinine. Sente sul suo manto ormai spelacchiato, il calore del fiato di mille bambini e mille focolari. Ma ha il cuore che gli batte forte, il suo destino è intrecciato a quello del compagno bovino. E non è più tempo di fiabe. Passa di là un esagitato, li guarda. Hanno ancora la targhetta pennellata a mano da Fra Sisto nell’800. Non fanno in tempo a scansarsi, che sentono un botto tremendo poco distante. E’ una bomba carta. C’è un fuggi-fuggi generale. Un no-global col megafono urla:– Popolo bue, è ora di svegliarsi!Sull'asfalto rimangono i cocci di una fuga in attesa di una storia nuova.Bea Ary


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