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Tema: Io odio gli intellettuali

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SvolgimentoTema: Io odio gli intellettualiHa provato a fare il professore, ci è riuscito e poi ha rinunciato. Dice che non poteva vendersi l’anima fino a quel punto. Poi ha provato a fare il bidello, non ci è riuscito e ha rinunciato. Peccato però, diceva, quello sarebbe stato un bel modo di vendermi. Adesso scriveva libri per altri, tre-quattro alla volta. Si pagava l’affitto, i libri, le magliette smanicate e gli aperitivi con le autobiografie dei vecchi della Democrazia Cristiana che avevano rovinato un paese. Sono il servo del mio stesso boia, diceva. Ma poteva finirmi peggio, e sorrideva.Solo il sorriso aveva bello, il resto sembrava annerito dal tempo e dalla sua mente. Era secco, ritorto, scuro e fuligginoso. Gli occhi ce li aveva strani, profondi, ma mi mettevano a disagio. Diceva sempre cose dannatamente intelligenti. Da quello che scriveva e diceva, dimostrava una razionalità feroce. Faceva a fettine il mondo, lo dissezionava. Io tenevo il bicchierone in mano come si tiene uno scettro, mi sentivo molto scema. Però le stavo sopra le ginocchia ed ero riuscito a farlo ubriacare ed a carezzargli la nuca, a lungo, a lungo.
Questa festa poteva servire a qualcosa. Lui non frequentava tanta gente, di solito, non andava alle feste. Questa era un’eccezione. Io scorrevo le dita tra la sua peluria ispida, piano, come una mamma. Godevo per il suo imbarazzo evidente e cominciavo ad avvertire il risvegliarsi del suo turgore. Però non riuscivo a reggere il suo sguardo. Non ce la facevo, mi metteva a disagio –il suo sguardo, non lui - e mi stavo cominciando ad innervosire. Io mi annoio spesso, disse lui, in mezzo alla conversazione, e mi sembrò una cosa maledettamente intelligente. Io mi annoio spesso, dissi io, tempo dopo, e mi sentii molto scema. Lui era un’Isola. E io quella sera, quando lo vidi, percepii netto il desiderio di approdare su quell’Isola e mettervi radici. Finirla con il mio Naufragio permanente. Ma lui era un’Isola che se ne stava sempre all’orizzonte, e io sulla mia zattera improvvisata vagavo ancora in alto mare.-Parliamo da due ore - mi disse a un tratto - ma mi sembra un Deja-Vu. -Cioè?-Qualcosa che ho già fatto.-O qualcosa che hai già letto.Provai definitivamente fastidio. Stavolta non per il suo sguardo, ma proprio per lui. L’Isola era perfino scomparsa dall’Orizzonte. Ora ero di nuovo sola, naufragata, mare infinito da tutti i lati. -Dovresti piantarla – gli sibilai - di leggere tutto ciò che è stato scritto. -E cosa dovrei fare nel tempo libero?-Immergerti nella vita vera.-C’è  un libro che parla proprio di questo…. -Io odio le biblioteche, odio i libri e odio le scuole. Tendono a trasformare tutto quel cheriguarda la vita in qualcosa di leggermente diverso,“leggermente” quando tutto va bene.-E tu cosa vedi in me?-Beh, anche tu li odi. Per quello che ti hanno fatto.-E cioè?-Ti hanno trasformato in qualcosa di…-Orrendo?…-No, non proprio. In qualcosa di leggermente diverso, di leggermente…sbagliato. Tutto ciò che ti riguarda è un po’ una bugia…eccetto il tuo sorriso. Lì ci sei tu. Il tuo sorriso è la prova che sei ancora un essere umano. Il tuo sguardo, invece, è una trappola. Non riesco a sostenerlo troppo a lungo. È come ficcare la mano in un lavandino pieno d’acqua bollente per togliere il tappo.Nino Fricano

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