Magazine Diario personale

Tema: Io significa "eccomi" - Non è propaganda religiosa

Da Svolgimento @svolgimento
Svolgimento

È colpa mia se siamo diventati indifferenti, più poveri più tristi 
e meno intelligenti, perché non mi curo delle tue speranze. 
È colpa mia se siamo diventati indifferenti, per piccoli egoismi 
e altrettante bugie e nessuna spiegazione.

Oggi, giovedì 20 dicembre 2012, aspetto sorseggiando un tè Earl Grey amaro come piace a me e leggendo un libro. Fuori fa freddo e anche dentro casa fa freddo. “Buon Natale una sega” – penso quando sento la tivù di mia madre, piena di perbenisti che fanno acquisti, intervistano la gente e fanno domande su quanti o quali regali di Natale faranno, mentre c’è gente che muore o che sta per morire. Non so chi mi faccia più schifo, tra chi la tivù la fa e chi la guarda, ma arrivo alla conclusione che chi guarda la tivù al giorno d’oggi, abbia veramente bisogno d’essere aiutato in qualche modo a superare questo status di ipnosi. Un altro sorso di tè ed ho finito il capitolo. Tolgo i piedi dal letto e mi alzo. Il freddo di Palermo è un freddo falso, perché ricco di umidità. La beffa sta nell’aver paura d’uscir fuori dalle coperte, appunto. La luce accesa della mia stanza dà quell’alone di foto vecchia, riempie di giallo opaco le mura bianche e cambia colore ad ogni cosa. Esco dalla camera e, passando dal corridoio quasi del tutto oscurato dal pomeriggio autunnale, faccio attenzione agli spigoli del vecchio mobile della nonna, che quando ti prendono ai fianchi ti viene voglia di bestemmiare ghirigori di santi. Però che bello quel fottutissimo mobile della nonna. Chissà quando lo vendiamo. «Mà, smetti di guardare quelle porcherie?» dico io poggiando la tazza dentro al lavandino della cucina. «Ma cosa devo fare? Sono in cucina e accendo la tivù per farmi compagnia mentre lavoro a macchina. Guarda che le cose che fai tu non sono migliori di quelle che fanno in tivù» ma lo dice con un sorriso, sa perfettamente che quando dice questa frase io esco fuori dai gangheri. «Ricordati che domani moriamo, lo ha detto la tua amica». Mi guarda torvo e si fa il segno della croce. Mia mamma è proprio bella, con tutte queste sue credenze. Ha lo sguardo perso nella foto di Gesù in 3D che cambia posizione quando lo muovi a destra o sinistra. Sì, ok, sono stronzate, ma lei ci crede e io le voglio bene, quindi beh, non metto il dito nelle stimmate e vado avanti senza dirle che la trovo proprio bella. «Devi tagliare quella barba, sembri sporco» mi dice con gli occhiali che le pendono sulla punta del naso e le mani impegnate a fare nodi, uncinetto o punto croce o chi ne ha più ne metta. Faccio un sorriso e mi stiro i baffi lunghi.
Torno in camera mia prendendo le dovute precauzioni contro incidenti mortali in corridoio e mi butto sul letto. La noia ti distrugge, ma se non ci fosse non avremmo poi così tante alternative per occupare il tempo. Metto la mano dentro al mio taschino e tiro fuori la foto di me e di Testa: Se domani finisse il mondo per davvero io resterei col rimorso di non averti neanche sposata e mi chiedo come questo sia possibile, come ci siano riusciti gli altri prima di me a sposare l’amata in maniera semplice, soltanto perché faceva parte del nascicrescimuori quotidiano. I soldi non erano importanti. Prima c’era la felicità e adesso un mucchio di scartoffie da pagare, i biglietti che costano tanto, un mutuo che, forse, riuscirò a coprire dieci anni dopo che sarò morto. Ma tu mi capisci anche soltanto stringendomi la mano, non ho bisogno di parole. - le parlo come se fosse qui. Lei è una speranza per il futuro. Andasse affanculo la morte, io me ne frego della morte. Per adesso ho lo sguardo fisso al soffitto bianco e mi viene in mente che non ci ho neanche fatto scrivere quello che volevo, eppure era importante quando ci siamo trasferiti nella nuova casa. Conosco persone che darebbero tutto fino alla fine della loro vita per cercare di salvare quel minimo di speranza che, volente o nolente, nel bene o nel male, resta all’interno di un cittadino, un essere, un uomo. Non parlo di anime, non parlo di peso specifico, ma della consapevolezza di un presente che fa schifo e che cerca di far terra bruciata all’interno e all’esterno della gente, senza riuscirci. Se non ci riesce è grazie a queste persone. Io non ho paura di soffrire, ho sempre affrontato tutto questo a volto scoperto, ed ho sempre camminato a testa alta nonostante io sappia di far parte di una società che ha veramente stracciato le vite di chi ne fa parte, che è incivile allo stato massimo. L’aspettativa più grande a cui un italiano può mirare, è un piano quarantesimo da cui poter precipitare*, ed è vero, purtroppo è vero, mannaggia al cielo! Altrimenti devi andartene. Lasciare casa, lasciare amore, lasciare famiglia, lasciare desideri, impacchettar tutto e andartene via coi rimorsi e il crepacuore. Ecco, queste persone si occupano di te come fratelli, alcune come la tua compagna. A me è capitato così. La morale di questa storia? La morale è che non c’è una morale quando s’aspetta un evento mediatico. Cos’è? Ci ritroviamo tutti in un posto X e festeggiamo la fine del mondo? Il cittadino italiano sarebbe disposto anche a questo e poi, cosa volete voi da una persona? Il mondo è veramente allo sfacelo! Ed è fatto da miliardi di persone e sono loro stesse a creare questa confusione. Basta guardare attorno, fuori dalla finestra, in un giornale, in un libro, nella musica, nei sentimenti. Troverete sempre, dovunque, un logoro sputo di terra e non sarà stata di certo la natura a ridurla così. La speranza è una bomba che ti esplode in petto e non è da nascondere sotto alla coperta di una religione o sotto il freddo braccio del nuovo sindaco. Siamo noi a doverci dare una smossa ed a smettere di essere così pieni di stupidità, ignoranza, menefreghismo, così tanto da non vedere più cos’abbiamo davanti in technicolor. È colpa nostra e bisogna ammetterlo, è colpa nostra se stiamo morendo e ci stiamo portando soltanto lo spettro di una bella vita, anche se molti non hanno avuto neanche quello e non so cosa sia peggio: Una vita volta al forse? Una vita volta al più triste martirio? L’unica cosa certa e che è anche colpa mia e mi tremano le mani a dirlo, a pensarlo, mi tremano le mani perché penso che due giorni fa io questa cosa la ho urlata mentre tra le mani avevo altre due mani che facevano la stessa, precisa, identica cosa. Siamo croce e delizia del mondo, noi uomini e noi donne, carnefici e martiri di noi stessi e delle nostre stupide idee, malsane idee da ignoranti oratori e mai attivi come altri. Io ho una Testa coi capelli lunghi e non posso morire adesso. Voi? Fate il cazzo che vi pare.Antonio Siddiolo* tratto da "Per nessuno", de Il Teatro degli Orrori.

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