Magazine Racconti
L’ultima udienza del Processo Rostagno ha visto in aula Angelo Siino (pentito, ex collaboratore e “ministro” dei lavori pubblici di Totò Riina, ovvero colui che si occupava di gestire appalti) che parla del mandato di uccisione del giornalista e sociologo piemontese per mano di cosa nostra.A quanto pare Rostagno era a conoscenza di inciuci tra la mafia e le logge massoniche trapanesi e per questo considerato “arrivato” (cioè talmente scomodo da essere ucciso).Ma andiamo per gradi. Per chi non conoscesse la storia di Mauro Rostagno e del processo, archiviato e riaperto più volte, ecco un piccolo riassunto.Mauro Rostagno era un giornalista e sociologo piemontese, fondatore assieme ad altri eccelsi membri del movimento Lotta Continua. Dopo essere stato in Francia, in Inghilterra, in Germania, dopo aver militato come sessantottino ed essere stato in India tra agli “arancioni” di Osho, si stabilisce nella provincia di Trapani dove fonda, assieme alla compagna e ad un amico, una comunità di recupero per tossicodipendenti, la Saman. A Trapani collabora con RTC, un’emittente televisiva locale, dove denuncia fatti e inciuci mafiosi che lo portano ad essere considerato una figura scomoda. Assassinato dalla Mafia il 26 settembre 1988 a 46 anni, il suo nome continua ad essere un esempio di lotta e libertà.Le inchieste sulla morte di Rostagno hanno seguito negli anni le piste più disparate, inizialmente finì in carcere la compagna Chicca Roveri, pensando ad un delitto maturato nell’ambito della comunità Saman. Poi si pensò ad un collegamento con il delitto Calabresi, visto che Rostagno era stato tra i fondatori del movimento Lotta Continua. E poi a un traffico d’armi, o di droga, o ai servizi segreti. E infine a un’ipotesi inevitabile visto che il delitto aveva avuto luogo in Sicilia: alla mafia. In nessuna delle piste seguite vi erano stati, però, riscontri attendibili.
Il primo collegamento con la mafia lo si fece in seguito al ritrovamento del cadavere di Vincenzo Mastrantonio, autista del boss trapanese Vincenzo Virga, tecnico Enel che aveva tolto la corrente elettrica nella zona di Lenzi dove il corpo di Rostagno fu trovato sfigurato dentro la sua auto quella sera di settembre. In seguito, nel maggio 2009, fu inviato a Virga un mandato di custodia cautelare in carcere, accusandolo di essere il mandante dell’omicidio di Rostagno.
Questo però non è abbastanza e dopo varie archiviazioni il processo viene riaperto grazie all’associazionismo trapanese che si è impegnato a raccogliere firme e far sì che la verità possa essere scoperta. È così che nel febbraio 2011 viene riaperto il caso con l’intenzione, questa volta, di andare più a fondo e scoprire il vero mandante dell’omicidio e il movente.Racconta Claudio Fava, come si legge su un articolo di Repubblica del 23 Maggio 2009, che Mauro su RTC denunciavai bilanci segreti dell’amministrazione comunale, gli intrallazzi delle cooperative socialiste sui contributi della Regione, le allegre cerimonie d’una loggia massonica in cui si ritrovavano, ogni sabato sera, mafiosi, banchieri e onorevoli.Questo è il movente più accreditato dell’uccisione di Mauro: era a conoscenza delle connessioni tra mafia e massoneria, aveva fatto il nome di Mariano Agate (capo mafia di Mazara) che fungeva da tramite tra cosa nostra e la loggia massonica trapanese Iside2.Adesso, a più di un anno della riapertura del processo, sembra essere giunti a una svolta: Angelo Siino, pentito (o come è bene chiamarlo “collaboratore di giustizia”), getta luce su questa faccenda.Rostagno era a conoscenza di alcune visite di Licio Gelli (Gran Maestro della P2) a Trapani per incontrare “i fratelli trapanesi” con lo scopo di organizzare un golpe (in realtà si trattava di un tentativo di ricatto ai danni di Andreotti). In pratica, dalle dichiarazioni si evince che molto probabilmente fu per questo motivo che Francesco Messina Denaro (patriarca bella mafia belicina) ordinò a Virga di uccidere Rostagno. Ma la questione è molto più intricata ovviamente e si aspettano altri riscontri e prove nelle prossime udienze.Intanto mi ritrovo a riflette sul fatto che esista qualcosa più grande di me, e non sto parlando di dio o chi per lui ma della mafia. È triste pensare che la mafia uccide chi ha il coraggio di urlare, chi ha il coraggio di parlare, di denunciare…insomma la mafia uccide se hai il coraggio di essere libero. Ma non per questo ci arrendiamo, c’è ancora gente che continua, c’è ancora gente che lotta contro questa enorme montagna di merda.Maria Cristina VasilePubblicato su abattoir.itImmagine ripresa dal fumetto Mauro Rostagno – Prove tecniche per un mondo migliore, firmato da Nico Blunda, Marco Rizzo, Giuseppe Lo Bocchiaro.
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