Magazine Diario personale
Sai, io sono ancora un sognatore. Guardo il cielo incantato, e anche se vedo ammassi di gas cosmico, e le stelle non sono certo occhi benevoli ma conglomerati di esplosioni nucleari che bruciano e distruggono tutto ciò che osa avvicinarsi anche solo di un passo ai loro incendi, ancora penso che il cielo abbia qualche ruolo in questa vita, che sembra sempre di più una pura dispersione di energie.
Osservo le stelle, ma non cerco alcun Dio, te lo giuro, ormai non credo più nelle favole, anzi sì, ma credo in quelle intelligenti, quelle raccontate per far addormentare gli occhi e non il cervello. Non credo nel paradiso e nell'inferno, non esistono sopra e sotto in un universo sferico, perché tutto è il sopra di tutto, e il sotto sta ovunque, siamo noi a scegliere dove mettercelo. Quindi io le stelle le guardo, ma non mi aspetto il miracolo, la provvidenza, il giudizio universale, mi aspetto solo che le nubi si diradino, stanotte, e che mi facciano sognare un altro po'.
Scruto il firmamento, ma non credo nello zodiaco. Se un qualche messaggio proviene dalle stelle, non usa il linguaggio umano, né la nostra grammatica. Non conosce i complementi di scopo o di mezzo, perché il cielo non ha scopo né mezzo. Non sa cosa significhino parole come “ricchezza” o “fortuna”, perché esse presuppongono povertà e sventura, e l'universo non si cura della povertà e della sventura, non sa che cosa siano.
Attendo qualche messaggio in bottiglia dallo spazio, certo, mi aspetto che qualcun altro, dall'altro lato del cosmo, stia osservando nella mia direzione, facendosi le stesse domande, in una lingua completamente diversa. Potrà anche inviarmi un messaggio in bottiglia, o un SMS, oppure una mail, un giorno, ma io non lo capirò, ma non è questo il punto.
Il punto è che questo mio laicismo astronomico, questa consapevolezza di essere piccoli e insignificanti di fronte a tutta questa immensità, nasconde il rischio che la gente se ne approfitti. Questa mancanza di una morale universale, che parolaccia brutta, questa morale aberrante che io voglio combattere a tutti i costi, rischia di diventare il pretesto per compiere le peggiori azioni, le più orride aberrazioni che il cosmo non potrebbe mai ospitare, se solo non esistesse la crudeltà umana. E allora, maestra, come cacchio facciamo?
Come facciamo a guardare il cielo senza disegnarci il giudizio divino, e desiderare al tempo stesso che la gente si sforzi un minimo di comportarsi in maniera umana? Come facciamo a osservare le stelle per quel che sono, cioè ammassi gassosi che bruciano, che sono nati, che moriranno, e aspettarci dal prossimo una qualche azione solidale, un sacrificio per il bene del più debole? Dannazione, maestra, qui siamo al disastro, e l'aveva detto Nietzsche: una volta morto dio, l'uomo diventa una bestia senza briglia. Il problema è che io voglio che dio rimanga morto, ma voglio anche che l'uomo torni uomo! Sono proprio un sognatore, maestra.
Però io so, in cuor mio, che nel mezzo dell'universo, da qualche parte, esiste un piccolo pianeta dove tutto quanto viene conservato. Ogni memoria, ogni azione, ogni pensiero, ogni idea, tutto è registrato come su di una pellicola universale che raccoglie la testimonianza di ciò che abbiamo fatto, di quel che siamo stati. Non è un pianeta enorme, maestra, perché le memorie occupano davvero poco spazio. Forse, stanno nella polpa di qualche frutto, o nel rigagnolo di qualche ruscello, e basta addentarlo o berne un po' per rivedere tutto ciò che abbiamo compiuto. E quindi, andarne fieri, oppure vergognarcene amaramente. Sì, non può che essere così, perché se nulla si crea e nulla si distrugge, allora da qualche parte ogni nostra azione, ogni memoria, ogni evento, dev'essere conservato: tanto la cena offerta al senzatetto, quanto il pestaggio di un omosessuale; la carezza di una nonna e lo stupro di una bambina che conserverà quella memoria per sempre, proprio come il pianeta. È un pianeta sul quale non vorrei mai abitare, perché soffre troppo, maestra, tanto sono numerose le nostre brutali azioni. Ma da qualche parte esso deve esistere.
Ecco, sogno di visitarlo un giorno, davvero, e perdermi nel meglio e nel peggio di ciò che ho compiuto. E accorgermi che il bilancio della mia esistenza pende verso le cose buone, e non verso la vergogna.
Devo credere, nonostante tutto, che non tutto ciò che abbiamo compiuto vada perso nel caos cosmico. E forse, in tutto questo, sono molto più illuso di chiunque creda in dio, nel paradiso o nello zodiaco.
Ma tant'è, signora maestra, io sono un sognatore.
Ora perdonami, vado a costruire la mia astronave. Riccardo Dal Ferro
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