Magazine Diario personale
Questo che cammina in paese ed è invecchiato veramente male, che forse dovrebbe avere settant'anni, sino a vent'anni fa poteva considerarsi un bell'uomo di statura di medio-bassa, dallo sguardo sfuggente di chi sta pensando ad altro, però un uomo potente da cui dipendono e sono dipese tante cose – e su questo tutti concordano nonostante il paese oggi sia proprio brutto e prevalgano i segni delle opere lasciate a metà, per esempio il pennello a mare: avrebbe spedito al largo le acque fognarie depurate a distanza di anni, oggi c'è solo una grande bocca che abbandona acque putride dove zampettano gabbiani (sui fondali marini di quel grande tubo soro rimasti frantumi come pezzi di rigatoni passati al batticarne). Lui ha iniziato come tanti, dandosi alla politica ma avendo una professione di copertura, così che si percepissero formazione e competenza, che si sapesse quanto lui nell'amministrazione delle cose del paese c'è entrato per il bene di tutti. Rispetto a tanti politici morti o vivi ma dimenticati, questo ha capito una cosa, che la curva del successo prevede un tratto in salita, un punto di massimo e da lì declino. A lui l'andamento della parabola non calza affatto. A volerne rappresentare la carriera, dopo la solita ascesa la linea diventa orizzontale, da continua tratteggiata, il nero sfuma verso gradazioni del grigio sino a far supporre una scomparsa che però l'occhio spregiudicato riesce a vedere, regolare, senza mutamenti di inclinazione.
Che la linea diventasse rarefatta è successo dopo uno scandalo di paese, una lottizzazione fatta veramente male (nessuno si spiegava perché una stradella che doveva congiungere due strade principali, piuttosto che muoversi in linea retta si articolava in una serie di curve per evitare di toccare alcune particelle o per sfiorarne altre). Per questa e per altre dicerie – che fosse il referente locale di poteri che influenzavano territori più vasti? -, lui e tanti della sua generazione politica furono condannati e allontanati per sempre dai pubblici uffici; molti abbandonarono la scena dopo evidenze così pesanti, lui no, continuò a girare con la sua macchina modello popolare (sebbene la versione dalla cilindrata più potente), continuò a stare nel giro dell'amministrazione della cosa pubblica attraverso anelli, congiunzioni, figuranti, prestanomi. Se a qualcuno si dovesse chiedere chi è che comanda qui? molti risponderebbero facendo il nome del sindaco, pochi altri no, direbbero il suo nome sottovoce.Questo che gira con la sua utilitaria - e però è tanto potente -, ha insegnato che nella vita è meglio avere un profilo medio perché chi spara generalmente punta all'uccello grosso dello stormo, chi sceglie nella cucciolata prende il cane più grosso, chi ha bisogno di saziare l'opinione pubblica arresta chi ha fatto della platealità la sua cifra. Di questo però ci si chiede come mai la sua linea, nell'anonimato della coloritura ormai tendente al bianco, sia rimasta orizzontale, locale, circoscritta; forse non per nulla qualcuno lo ha definito “piccolo Andreotti” ma la parte offensiva del nomignolo non è certo nel riferimento.Se tanti invecchiando ammorbidiscono i tratti del viso e diventano più o meno dei Babbo Natale a cui affidare un bambino perché gli racconti una bella storia, questo ha assunto la faccia del cattivo, le palpebre ricadendo sull'occhio tracciano connotati da antagonista. Per lui non vale la storia del ritratto di Dorian Gray, le sue foto a trenta, quaranta, cinquanta anni – dove lui mostra un bel viso dallo sguardo sfuggente - sono rimaste più o meno intatte mentre lui oggi porta in faccia i segni delle sue malefatte (sullo sfondo immagini di cartoline indegne di essere postate).Giorgio D'Amato
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