Magazine Diario personale
Se a scuola non avessero cominciato a stressarci con la faccenda dell’albero genealogico, questa storia non sarebbe nemmeno cominciata.Invece eccomi qui, seduto davanti all’ufficio della direttrice didattica signora Pani, nell’attesa che la mamma finisca di levarmi dai pasticci.Mi chiamo Gauss, ho dieci anni (undici ad agosto, infatti sono del segno del Leone) e la mia caratteristica principale è che dico sempre la verità. È il mio marchio di fabbrica, il mio vessillo e -secondo mamma - il mio peggior difetto. Un po’ di tempo fa le ho sentito confidare alla nonna che teme sia una specie di tic nervoso perché non c’è verso di farmi smettere. Ma la nonna le ha sventolato una mano aperta sotto il naso, come se stesse scacciando una mosca. <<Stupidaggini!>> ha detto. Ed è tornata alla sua rivista di giardinaggio.Siccome non sono tutti intelligenti come lei, per colpa di questo mio amore per la verità sono finito più volte nei pasticci e una dall’assistente sociale anche se, in quel caso, più che “un pasticcio” è stato un dramma di proporzioni galattiche.Ricordo ancora mia madre giustificare a una donna bionda, grassa e con aloni di sudore grandi come fette di prosciutto sotto le ascelle, il perché avessi raccontato alla maestra dell’asilo che la nonna qualche volta mi chiudeva dentro lo sgabuzzino delle scope per ubriacarsi in santa pace mentre mia sorella di dodici anni mi costringeva a baciarla con la lingua.
Non capivo come mai avessero tirato fuori qualcosa che riguardava la mancanza di una figura maschile. Non dico che in casa un altro maschio non mi piacerebbe, figuriamoci. Però in quel caso che c’entrava? Personalmente, credo fosse molto più corretta la mia spiegazione sul perché avessi detto quelle cose alla maestra Wanda. E cioè che la nonna mi chiudeva nello sgabuzzino delle scope perché aveva voglia di farsi una bevuta in santa pace e che cinque anni fa io ero l’unico maschio a disposizione con cui Leonora potesse esercitarsi prima di baciare un ragazzo tutto suo. Leonora è mia sorella. Già il fatto che si chiami così, fa giustamente pensare che le manchi qualcosa. Qualcosa più di una lettera, intendo. Per quel che ne so, suo padre l’ha riconosciuta contro voglia perciò forse ha dimenticato apposta una E fuori dall’anagrafe. Eleonora doveva sembrargli un nome troppo bello. O magari -chi lo sa?- ci sono anche degli Uigi, Mmacolate, Lessandri che girano per il mondo senza darsi pace, chiedendosi dove siano finite tutte quelle L, quelle I e quelle A di cui sono stati mutilati alla nascita.Detto questo: io non ho idea di chi sia mio padre, figuriamoci se conosco quello di Leonora. Ma vivendo con lei tra i piedi tutti i santi giorni, non posso biasimarlo se si è trasferito in Germania e non ne ha più voluto sapere. Quella ragazza, se non si fosse ancora capito, è un gatto a nove code sulle palle. Un attacco di diarrea logorante. La peggior sorella maggiore che un fratello minore possa desiderare. Leonora di cognome fa Sandretti. (...)Mia madre, anche se ha una figlia diciassettenne e me, ha solo trentasei anni ed è ancora piuttosto carina. Per non star lì a dare tante spiegazioni (cosa che detesta) si fa chiamare Matilde ma in realtà si chiama Genna. Non Gemma, come scrivono quelli di Elle, quando le spediscono la rivista. E non Genna di cognome, anche se sarebbe stato preferibile dal momento che invece fa Bassi, come me. Inutile dire che essere alto un metro e trenta e chiamarsi Bassi non è un bel biglietto da visita per cominciare le scuole medie. Non è bello nemmeno se fai la quinta elementare, a dirla tutta. Infatti ci penso di continuo. Anche adesso: me ne sto qui, seduto sulla panca di legno accanto alla porta della direttrice didattica signora Pani, chiedendomi come mai i miei piedi sfiorino appena il pavimento. Ho il sospetto di avere i femori corti, anche se nessuno me l’ha mai confermato. L’unica speranza sarebbe crescere di botto venti o trenta centimetri quest’estate. Può succedere. Non si sa mai. Sempre che riesca ad uscire vivo da questa situazione perché non è che butti molto bene e purtroppo per me non c’è nemmeno la nonna qui a difendermi. A proposito: nonna Olimpia -quella dello sgabuzzino- è la mia parente preferita. Ha adottato la mamma a quasi sessant’anni (lei ne aveva dodici). Quelli dell’istituto gliel’hanno lasciata anche se era vedova e di una certa età, perché tanto una bambina così grande non se la sarebbe più presa nessuno.
Silvia Tesio Dedica dell' autriceAlla maestra, che come mamma e marito ha sempre la colpa di tutto!!! Scherzosamente, Silvia Tesio
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