Ai miserabili abbiamo rubato l’intimità. Con lo zelo dei ladri dai guanti di velluto, l’abbiamo ricettata, ripulita e patinata. L’abbiamo chiamata “privacy” e ora la difendiamo con le unghie manicurate e i denti bianchi, come se fosse nostra, legittima e normale. Quanto guadagniamo, chi ci portiamo a letto, le telefonate in cui sputtaniamo il Paese che dovremmo governare: nessuno si permetta di chiedere, nessuno si azzardi a diffondere. Spixelate i volti dei nostri bambini biondi, per carità, chissà quale uso potrebbero farne tutti i malintenzionati che ci sono a piede libero. Quanto mi dispiace per S.C.! No, che è successo? Dicono avesse tutti i dipendenti in nero. Io non capisco perché debbano sempre perseguitare gli onesti imprenditori e padri di famiglia, con tutti i clandestini che ci sono. Eh, in nero e che sarà mai? Intanto dava lavoro a un centinaio di persone, dovrebbero ringraziarlo, altro che metterlo ai domiciliari! Povero S.C., speriamo non se ne parli troppo, chissà la moglie… No, non vale per tutti. La privacy è privata: vale solo per quelli come noi. La violi solo se il proprietario di quella dignità può farti causa. Figurati se uno che non ha niente o è a pezzi per via di una granata si mette a protestare perché l’hai sbattuto in prima pagina nudo, disperato o morto. Le categorie del diversamente senso del pudore sono miserabili in ogni ordine e grado: poveri, malati, disabili, zingari, profughi, matti, vittime di guerre e disastri esotici. O, ancora meglio, i loro figli. Almeno così servono a qualcosa. È bello ricordare che c’è sempre qualcuno che sta peggio di te, ti consola al punto che magari compri qualcosa.Abbiamo la foto della ragazzina di dodici anni che hanno stuprato e ammazzato in India? Ah. Arsa viva? Che peccato, sai che colpaccio? Vabbè, trovane un’altra: tanto ‘sti indiani sono tutti uguali. Immigrati nudi lavati all’aperto? Addirittura un video? Bello, oscura giusto le parti basse e mandalo a ripetizione. La faccia? No, la faccia non la oscurare, tanto chi li conosce? A proposito, quand’è che ricominciano a sbarcare? Quei servizi erano una figata. Per domani, bambini maciullati a Gaza e il grande classico del barbone che schiatta di freddo. Ecco, sì, un’intervista: il più disperato che trovi. Meglio se non vede i figli da un po’, magari scatta pure il pianterello. Uno di quelli che prima stavano bene, così si lagna di più. Come siamo messi con la SLA? Abbiamo qualcosa? È tanto che non li portano in piazza, porca miseria. Trovane uno con la figlia che ha dovuto lasciare il lavoro per stargli dietro. Inquadrategli bene la faccia, con il respiratore e tutto. Poi montiamo come al solito, ché della figlia non ce ne può fregare di meno. Dai, un’altra roulotte a fuoco? Vai subito a fare un servizio. Muoviti, sennò smettono di strapparsi i capelli e non abbiamo concluso niente. Hai ragione: di ‘sti zingari se ne parla troppo. Vabbè, manda quello pronto sul Congo o dove diavolo è. Sì, quello sulle vaccinazioni dei bambini con la panza: sotto Natale tira sempre un sacco.L’apersonificazione dell’altro è semplice: una sfumatura di riservatezza qua, un’omissione di compostezza là, sensazionalismo q.b., due pesi e innumerevoli misure per ogni cosa. Ecco pronto il circo dell’emarginazione che sei costretto a visitare ogni giorno, di cui non ti accorgi nemmeno più. Perché non hai fame, perché nello spot per la questua non ci mettono tuo figlio malato, perché i tuoi morti valgono più dei loro. Va a finire che dare del tu al primo pezzente che passa diventa normale, che le quotidiane decine di massacrati in Siria o diosaddove non valgono metà di un nostro incidente su una pista da sci. Lo sguardo sull’altro si fa sintetico e serve sempre più a tenerlo distante da come siamo noi. Va a finire che a questo mondo ci siamo noi e ci sono loro, forse un po’ peggio di come in fondo è sempre stato. Poverini, quasi quasi mi indigno e scrivo un tweet. Scriverò che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, magari mi retwitta l’ONU.Clara Abatangelo
Magazine Diario personale
Ai miserabili abbiamo rubato l’intimità. Con lo zelo dei ladri dai guanti di velluto, l’abbiamo ricettata, ripulita e patinata. L’abbiamo chiamata “privacy” e ora la difendiamo con le unghie manicurate e i denti bianchi, come se fosse nostra, legittima e normale. Quanto guadagniamo, chi ci portiamo a letto, le telefonate in cui sputtaniamo il Paese che dovremmo governare: nessuno si permetta di chiedere, nessuno si azzardi a diffondere. Spixelate i volti dei nostri bambini biondi, per carità, chissà quale uso potrebbero farne tutti i malintenzionati che ci sono a piede libero. Quanto mi dispiace per S.C.! No, che è successo? Dicono avesse tutti i dipendenti in nero. Io non capisco perché debbano sempre perseguitare gli onesti imprenditori e padri di famiglia, con tutti i clandestini che ci sono. Eh, in nero e che sarà mai? Intanto dava lavoro a un centinaio di persone, dovrebbero ringraziarlo, altro che metterlo ai domiciliari! Povero S.C., speriamo non se ne parli troppo, chissà la moglie… No, non vale per tutti. La privacy è privata: vale solo per quelli come noi. La violi solo se il proprietario di quella dignità può farti causa. Figurati se uno che non ha niente o è a pezzi per via di una granata si mette a protestare perché l’hai sbattuto in prima pagina nudo, disperato o morto. Le categorie del diversamente senso del pudore sono miserabili in ogni ordine e grado: poveri, malati, disabili, zingari, profughi, matti, vittime di guerre e disastri esotici. O, ancora meglio, i loro figli. Almeno così servono a qualcosa. È bello ricordare che c’è sempre qualcuno che sta peggio di te, ti consola al punto che magari compri qualcosa.Abbiamo la foto della ragazzina di dodici anni che hanno stuprato e ammazzato in India? Ah. Arsa viva? Che peccato, sai che colpaccio? Vabbè, trovane un’altra: tanto ‘sti indiani sono tutti uguali. Immigrati nudi lavati all’aperto? Addirittura un video? Bello, oscura giusto le parti basse e mandalo a ripetizione. La faccia? No, la faccia non la oscurare, tanto chi li conosce? A proposito, quand’è che ricominciano a sbarcare? Quei servizi erano una figata. Per domani, bambini maciullati a Gaza e il grande classico del barbone che schiatta di freddo. Ecco, sì, un’intervista: il più disperato che trovi. Meglio se non vede i figli da un po’, magari scatta pure il pianterello. Uno di quelli che prima stavano bene, così si lagna di più. Come siamo messi con la SLA? Abbiamo qualcosa? È tanto che non li portano in piazza, porca miseria. Trovane uno con la figlia che ha dovuto lasciare il lavoro per stargli dietro. Inquadrategli bene la faccia, con il respiratore e tutto. Poi montiamo come al solito, ché della figlia non ce ne può fregare di meno. Dai, un’altra roulotte a fuoco? Vai subito a fare un servizio. Muoviti, sennò smettono di strapparsi i capelli e non abbiamo concluso niente. Hai ragione: di ‘sti zingari se ne parla troppo. Vabbè, manda quello pronto sul Congo o dove diavolo è. Sì, quello sulle vaccinazioni dei bambini con la panza: sotto Natale tira sempre un sacco.L’apersonificazione dell’altro è semplice: una sfumatura di riservatezza qua, un’omissione di compostezza là, sensazionalismo q.b., due pesi e innumerevoli misure per ogni cosa. Ecco pronto il circo dell’emarginazione che sei costretto a visitare ogni giorno, di cui non ti accorgi nemmeno più. Perché non hai fame, perché nello spot per la questua non ci mettono tuo figlio malato, perché i tuoi morti valgono più dei loro. Va a finire che dare del tu al primo pezzente che passa diventa normale, che le quotidiane decine di massacrati in Siria o diosaddove non valgono metà di un nostro incidente su una pista da sci. Lo sguardo sull’altro si fa sintetico e serve sempre più a tenerlo distante da come siamo noi. Va a finire che a questo mondo ci siamo noi e ci sono loro, forse un po’ peggio di come in fondo è sempre stato. Poverini, quasi quasi mi indigno e scrivo un tweet. Scriverò che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, magari mi retwitta l’ONU.Clara Abatangelo
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