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Tema: Qualcosa di travolgente

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Tema: Qualcosa di travolgenteQuando ti lasci hai voglia di parlare. Non importa chiha lasciato chi. In un caso o nell’altro, per motivi differenti, quando ti lasci senti di dover tirare fuori tutto quanto con chiunque, compulsivamente.Deve essere una sorta di dispositivo liberatorio, catartico, però di tipo primitivo, biologico, inscritto in qualche breve sequenza di geni occultata tra quelli primordiali della sessualità e quelli dei meccanismi di attacco e fuga.Perché quando ti lasci la narrazione della tua storia serve, innanzi tutto per mettere bene in ordine le cose nel loro dispiegarsi logico e cronologico, per sottolineare punti e capoversi, parentesi e corsivi. Per cercare, in mezzo a tutta quella ortografia fitta, gli errori, le sgrammaticature e i dialoghi lasciati a metà,  i prodromi della fine.Serve a buttare cose, nascoste in fondo all’armadio della tua memoria, cose  che non toccavi da stagioni, che non ricordavi neanche di avere, e a fare spazio, pulizia. Arieggiare.Serve a controllare la tenuta dei punti di sutura delle ferite, e la loro estetica. Controllare se c’è pus e, nel caso, spremere senza pietà. A volte gli schizzi possono finire accidentalmente su una faccia semisconosciuta.E allora può capitare che racconti per filo e per segno tutti ma proprio tutti i dettagli della tua storia sbagliata e bastarda a qualcuno che ti ascolta perché, parallelamente, sta vivendo o sta finendo anche lei una storia sbagliata e bastarda e perciò ti ascolta, sì, ma anche racconta, dice e sente, creando un intreccio virtuoso di ma sì!, ma dai!, anche tu?, anche io!, anche voi? anche noi!,  che nella penombra del crepuscolo somiglia moltissimo a un frutto dolce ed esotico, a quella rara avis che è una vera amicizia.

Persa nella broda della logorrea che fa defluire fuori da te l’acidità di un pezzo importante della tua esistenza non ti accorgi di avviarti per sentieri non sempre sicuri, anzi che ti addentri nel fitto di una boscaglia malfidata, tipo cappuccetto rosso a braccetto con il lupo, senza sapere nemmeno quale nonna stai andando a trovare, e perché.Ma una nonna, alla fine del bosco, c’è sempre.
Così può capitarti, una sera, di ricevere una telefonata da parte di uno sconosciuto che si presenta come l’ultimo dei cavalieri e che ti prega di non riattaccare ma di ascoltare la sua storia: quella di un uomo distrutto da un amore importante ma impossibile, che lo segnerà per sempre e che tu, soltanto tu, sei in grado di comprendere. E mentre te la dipana come una grezza matassa di canapa, ti accorgi che ha una consistenza e un colore che ti tornano familiari, ma non capisci subito perché.  Te lo chiarisce lui, quasi alla fine del suo lungo e farraginoso periodare, non scevro da un certo autocompiacimento: è il fidanzato di quella, dell’uccello raro, sì, di quella con cui tu pensavi di sfogarti e che invece senza ritegno ti stava usando come cestino per la sua cartaccia.
E la sua cartaccia ora è lì, con il tuo numero di telefono nella  rubrica del suo cellulare, a dirti che lei gli ha detto tutto di te, e che le vostre storie sono così simili, ma così simili che forse, chissà, hai visto mai che non ne nasca qualcosa di travolgente? Patrizia Sardisco

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