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Mi piaceva molto andare a far la spesa nel piccolo supermercato vicino a casa: ci potevo andare a piedi, vicino c’era anche il mio bar di affezione e anche lo sportello della banca, il tutto davanti alla fermata dell’autobus che mi portava in centro città in pochi minuti. La scelta e la disponibilità non erano quelle del grande ipermercato nei sobborghi, ma l’atmosfera di cicaleccio che si trova nei piccoli esercizi di quartiere è impagabile; finiamo per conoscerci tutti, anche se non sappiamo i nostri rispettivi nomi, ma sappiamo tutto dei nostri lavori, dei vicini della cassiera, dei gatti della ragazza al banco dei salumi, dei genitori della panettiera e così via.
Mirka è una donna simpatica sulla sessantina, robusta e un po’ sovrappeso, alta poco più di un metro e mezzo; ha un caschetto sempre nero corvino nel quale si mischia qualche accenno di grigio ferro o di bianco, che il giorno dopo sparisce come per magia; fuma molto, al punto di avere la voce arrochita che porta all’occhio dell’immaginazione una testuggine delle Galapagos. Mirka è spesso preoccupata per la pensione che vede allontanarsi sempre più a causa delle manovre dei diversi governi che si avvicendano negli ultimi tempi (governi che sono tutti ladri, dal primo all’ultimo); tuttavia, è quasi sempre di buonumore e incline alla chiacchiera, e anche alla risata e al doppio senso.
Quel giorno sbrigai in fretta le piccole compere quotidiane, riempiendo il mio cestino di pane, di vino, di biscotti, di birra, di mele e di arance, e mi avviai alla cassa dopo aver fatto rapidamente l’inventario di quello che potevo aver dimenticato. Mirka mi chiese se servissi una seconda borsetta, io le risposi con la mia collaudata battuta a effetto: “Tranquilla, che come diceva la Beata Moana, spingendo bene ci entra di tutto”. Lei mi spiazza ribattendo: “Che bella donna che era, peccato che sia morta giovane; e anche colta e intelligente”. Concordo con lei, specie perché apprezzo molto il fatto che facesse quel mestiere per scelta, per passione personale pur sapendo benissimo che sarebbe stata ostracizzata e deprecata da una società moralista che però avrebbe fruito ampiamente del suo mestiere nell’ombra dei cinema e delle alcove; dal mio punto di vista Moana era una donna libera, non una sorta di esaltata insignificante convinta di essere una diva e regina della trasgressione come la sua collega Staller.
Mirka aggiunge: “Pensa che ha anche studiato dalle suore… ah no che una cambia vita, poi?”
“È vero, dalle Orsoline mi sembra. Sapevi che nella Parigi del ‘700 dire che avevi studiato dalle Orsoline era come dire che avevi fatto una scuola di poco conto?”, chioso io, sempre pronto a infilare la Corte del Re Sole in ogni anfratto disponibile della conversazione.
“E poi, ciccio, a me Ilona non è mai piaciuta. Neanche nel porno!”
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