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Tema: Vorrei trovare un tempo inusuale nel libro di Consolo: Le Pietre di Pantalica

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Svolgimento Dialogo tra Euforbia e AcantoTema: Vorrei trovare un tempo inusuale nel libro di Consolo: Le Pietre di PantalicaScavo e giro tra le pagine e le parole divenute giganti mi guardano dall'alto, mi sento osservata, giudicata. Le sento sussurrare: Che sfacciata!E l'altra fa eco: Come osa! Viene qui a curiosare. Vorrebbe trovare il passato remoto e il verbo essere... Di cosa poi?Il Maestro ha messo tutti i tempi e verbi nel giusto modo... e ...questa, questa qui, che è? Una ignorante presuntuosa è!!! …. Vuole …. vuole...sovvertire un così bell'ordine. Insomma è anche vero che lui usava una scrittura al limite tra l'italiano e il dialetto. No, non era né l'uno né l'altro...sai? Ma certamente non usava il verbo avere come ausiliare dell'essere. E come avrebbe potuto del resto! Guarda me ad esempio? Dimenticata, desueta, in disuso... Diciamo pure vetusta, rugosa, andata. Dimenticata. A lui il merito riesumata. Nuovamente Lustro, Vigore, Profumo! Si profumo, una ventata di primavera ha scosso Palermo e Siracusa, dalle rive del Tirreno a quelle del Mediterraneo. Capo d'Orlando e Pantalica. Si quelle grotte lassù, scavate nella roccia...che ancora contengono intatta la voce di un tempo, gli echi delle voci parlate, dei mugugni appena accennati che le braci degli occhi valevano a verbo incarnato. Non fare la civetta adesso. Sei solo una parolina antica...! Smettila. Va BENE?! Guarda lì ad esempio non ti sembra di vedere il mito nitido, le graziose ninfe che si specchiano nel mare del Canale di Sicilia, vicini a una porta svelata e appena aperta, su un pozzo senza tempo e di mille profondità. Non contenente acqua o sabbia, secco come si trova, ma infinite porte che si aprono, una dopo l'altra, misteriose e arcane. Il pozzo di Ecate. Riti ancora non svelati. Pronunciano il nome di Ifigenia e Argo e Oreste che giunti all' inospitale terra di Tauride per trafugare la statua di Atena, vagheggiano Argo, città natale di là dal mare su coste greche, e si svelano l'uno all'altra fratelli e esuli. Immigrati di altri tempi. Sicilia della vicenda e del latifondo, della forzatura che crea un frutto sacrificato che stilla sangue sulla moribonda pianta. E per tale modo dolce e fino al palato e prezioso alla pianta che lo genera, da renderlo il più bello dei suoi figli. Venite gente, venite. Vi raccontiamo di Pergusa, della rupe che nasconde Tindari alle navi che procedono dal mare, del lentisco e dell'agave che contornano il teatro, le pietre bianche che ancora suonano di echi attraverso le maschere grottesche della tragedia, e di Eschilo sepolto in quel di Gela. E di Apollonia, Alunzio, Alesa, Agatirno. Tutti inizianti per A , perchè qui tutto ha origine. Non ti sembra che la Grecia sia un'invenzione di quei germanici, protestanti e inglesi, che non sia mai esistita e qui...qui sia nato tutto? Si. Si. Si. Hai ragione Euforbia. Qui è nato tutto. Qui tutto si tramuta e avvizzisce. Alza in aria il vento le cartacce del modernismo, insudicia la memoria degli Dei e delle Dee che qui vissero, assorda e scaccia il silenzio, il trambusto che ha invaso l'Isola. Si è invaghita del denaro facile e non sudato, i gentuzzi lasciarono la terra e gli arnesi, la riforma agraria che fallì. Partì Partì. La gente partì. Chi per il Continente, chi per il Belgio a morire di silicosi. Nessuno intaglia il legno e lascia quei segni geometrici e fioriti, roncola e zappetto di lato. Inutili. Si alza nel marasma la voce dei giusti, soffocati nel sangue delle tragedie, nelle strade lastricate e invischiate di sangue. Morti, morti e morti. Lenzuola e giornali scrivono di quelle morti. E cortei sfilano, ma solo per poco. Le acque limpide alla sorgente sono lungo il cammino insudiciate e avvelenate da quel marasma che ora ha invaso l'isola. Veleni e morte fino alla foce di quelle acque gelide e un tempo cristalline. Priola, Niscemi e Palermo. Acanto, Palermo si alza la mattina e nutre sciami di spacciatori, omicidi e corrotti delle sue unte carni sgocciolanti grasso giallo e fumigante: frittola, milza e panelle, muscoli e cartilagini infarcite di putrido caldume. Sfilano di fronte alla Santuzza, in ottuso raccoglimento e caparbio, senza speranza, convincimento. Nulla li può scalfire. Ma di botto ammutolisce. Mi vagheggia, dimentica nella foga del ricordo. Che sfacciata e spudorata visitatrice. Cacciamola!!! Non merita di gironzolare in mezzo a noi. - Sputa tutto d'un fiato. Euforbia, non vacillare ti prego. Ecco venire a noi nuovi visitatori. Non perderti tra le righe, resta vigile testimone e sapiente compagna. Di lei non ti curare. Sa. Lei sa. CLA

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