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Temperanza, coaching e… marshmallow

Creato il 25 maggio 2012 da Pandm

Venerdì 4 maggio abbiamo partecipato al primo incontro della nuova edizione dei seminari Management by Ethics. Luoghi e tempi di incontro fra storie d’azienda e prospettive filosofiche.

Il tema dichiarato era la “Il nuovo ruolo della Temperanza: la maturità affettiva”.

La temperanza come qualità che permette di moderare le nostre passioni proprio per valorizzarle al meglio, per dare la giusta priorità a ciò che più vale e non solo a ciò che ci “urla o attrae maggiormente”.

Amedea Pennacchi, responsabile sviluppo, formazione e comunicazione interna del Gruppo Ferrovie dello Stato, ha portato diverse storie, vere anzi verissime, da tanti colloqui di coaching e sessioni di assessment. Storie di capi duri con le proprie risorse e  “abrasivi” nelle relazioni con i colleghi, manager totalmente immersi nel loro lavoro e stressati, giovani da orientare nelle loro scelte professionali, lavoratrici disorientate al rientro dalla maternità, responsabili all’affannosa ricerca del coinvolgimento e della responsabilizzazione dei loro collaboratori, lavoratori demotivati al termine della loro carriera professionali… come in fondo almeno una volta qualcuno di noi è…

Ma è naturale: l’ambiente lavorativo è esigente, le performance attese sono alte, il tempo è poco, la concorrenza incombe e vince chi arriva prima.

Perchè allora Temperanza? Perchè dover attendere, aspettare, trattenersi e non reagire subito, non pretendere l’impossibile da sé e dagli altri?

Juan Andrés Mercado, professore della PUSC, propone il Marshmallow test

[C'é un video che non può essere mostrato in questo feed.Visita la pagina dell'articolo per poter vedere il video.]

a dimostrazione del fatto che chi sa attendere per un bene piú grande (ben 2marshmallow!!!) avrà piú efficacia e serenità nella vita lavorativa.

“Custode” dell’equilibrio e l’armonia interiori. Colei che consente di fare scelte giuste e ragionevoli. Cosí Aristotele definiva la Temperanza.

Capacità di moderare le passioni, gli istinti piú difficili da controllare.

Quasi una base per le altre virtù, una condizione per esercitare le proprie qualità.

Ed in effetti per esercitare la virtù, che sta “in medio”, devo essere capace di non “lanciarmi” immediatamente sugli estremi da cui sono immediatamente attratto.

Quando il comportamento di un collaboratore mi fa arrabbiare mi posso fermare e chiedermi: quale il modo più efficace perché mi comprenda?

Quando il carico di lavoro aumenta potrei chiedermi: cosa accade se rinuncio a controllare tutto e do fiducia ad altre persone, per non rinunciare al tempo per la mia famiglia?

Quando un collega si comporta in modo scorretto: cosa succede se invece di scrivergli una mail incattivita, gli parlo occhi negli occhi?

Quando ricevo una delusione sul lavoro: cosa succede se mi faccio una passeggiata e penso a quante altre cose importanti devo preservare e coltivare almeno quanto la mia professione?

Cosa c’entra il coaching?

Il coaching c’entra per tutte quelle occasioni in cui i “coachee” si sono fermati, hanno ricevuto e si sono posti domande. Hanno fatto un pit-stop. Per ripartire, ma non necessariamente nella stessa direzione che avevano prima di fermarsi. O anche per recuperare, analogamente alla benzina, le proprie risorse principali: i propri valori, le relazioni, la propria storia, la propria visione.

E c’entra per tutti i coach. Perché ogni volta che ti occupi di altre persone metti innanzitutto in discussione te stesso.

Queste alcune delle “epifanie” delle storie portate da Amedea. Storie di rotte raddrizzate attraverso il coaching e i suoi ingredienti fondamentali: ascolto, fiducia e profondo interesse per il bene dell’altra persona. Queste sicuramente le passioni che Amedea ci ha manifestato in aula.

Come diceva Giorgia Limone all’età di 3 anni alle proprie sorelle più grandi: “No po’ avere tutto vita”, che tradotto sta per “Non si può avere tutto dalla vita”. Allora meglio preservare le cose più importanti e non inseguire a tutti i costi il massimo solo da alcune.

“Imagine life as a game in which you are juggling some five balls in the air. You name them – Work, Family, Health, Friends and Spirit and you’re keeping all of these in the air.

You will soon understand that work is a rubber ball. If you drop it, it will bounce back. But the other four balls – Family, Health, Friends and Spirit – are made of glass. If you drop one of these; they will be irrevocably scuffed, marked, nicked, damaged or even shattered. They will never be the same. You must understand that and strive for it.

Work efficiently during office hours and leave on time. Give the required time to your family, friends and have proper rest.

Value has a value only if its value is valued.”

Bryan Dyson – Former CEO of Coca Cola

 

Valeria Bonilauri & Francesco Limone

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