Tempi duri per i dittatori. Resiste solo Silvio

Creato il 21 febbraio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Mai come in questo momento storico (in tutti i sensi) spira nel mondo aria di libertà. Ci piacerebbe cercare di analizzarne le ragioni anche perché, quello che sta accadendo, non è la conseguenza diretta di un solo motivo, ma di una concatenazione di fatti, di idee, di sensibilità che tutte insieme stanno imprimendo un’accelerazione ai processi di democrazia in alcuni paesi (Cina, Bahrein e Iran compresi) fino a ieri impensabili. E la “rete” è uno di questi fatti nuovi insieme a molti altri che prima o poi affronteremo. La notizia anzi, le notizie del giorno, a nostro avviso sono due ma, riguardando lo stesso clan, possiamo permetterci di affrontarle senza ricorrere alle pillole e alle supposte. France Press ci comunica che Muammar Gheddafi potrebbe aver lasciato la Libia, di notte, quasi come un ladro o un gatto mammone che fugge sui tetti per evitare la ciabattata conseguenza del suo miagolio d’amore. Le città della Libia stanno “cadendo” una dietro l’altra e Bengasi ed El Beida sembrano essere saldamente in mano ai rivoltosi che si stanno occupando in queste ore di Tripoli. Il primo segnale della fuga del Cojonello è stata il mancato discorso televisivo alla nazione che avrebbe dovuto tenere per cercare di calmare le acque. Al suo posto è intervenuto il figlio Seif al Islam il quale, guardando nelle palle degli occhi i connazionali, ha detto: “Oddio, qualche morto c’è stato ma la stampa straniera esagera come sempre. Noi non cederemo un pollice del nostro potere in Libia perché siamo stati eletti dal popolo e il popolo è sovrano, che poi scenda in piazza sono cazzi suoi, noi spariamo. La Libia – ha aggiunto minaccioso – non è l'Egitto né la Tunisia e Muammar Gheddafi non è né Zine El Abidine Ben Ali Mubarak”. E in effetti è la verità perché sia l’ex leader tunisino che quello egiziano si sono ben guardati dal causare più di una decina morti. Per dimostrare come tutto alla fine sia strettamente intrecciato (specie quello che riguarda la storia e la politica dei paesi del bacino del Mediterraneo), c’è da dire che la caduta dei regimi libico, egiziano e tunisino sta producendo una serie di danni, soprattutto in Italia, dei quali prenderemo atto definitivamente nei prossimi giorni. L’Italia, che ha basato la sua politica sull’immigrazione sulla linea guida leghista dei respingimenti, e che paga centinaia di milioni di euro ai governi nordafricani per bloccare i flussi di disperati, si ritroverà a breve invasa dai profughi perché di quei governi non esisterà più traccia essendosi dissolti come dovrebbe accadere a tutte le dittature, compresa quella a mezzo servizio imperante in questo momento nel nostro paese. Perché se è vero che da noi non si spara è anche vero che si legifera a colpi di maggioranza e che le leggi, tendenzialmente, sono tutte orientate a salvare il culo ad un solo soggetto: Silvio BerlusconiIl Nano² sta mettendo a punto la sua strategia mediatica. Ha deciso di ascoltare i consigli di Giuliano Ferrara e di tornare ad occupare 24 ore al giorno il video direttamente o attraverso i suoi pasdaran. Una volta si chiamavano Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Corrado, Gerry Scotti, Ambra, mentre oggi hanno i volti meno “nobili” di Barbara D’Urso, Claudio Brachino, Ilary Blasi, Cesara Buonamici, Maria De Filippi ed Emilio Fede. A sovrintendere la strategia Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Alessandro Sallusti, Alfonso Signorini, Giuliano Ferrara e, collegato in videoconferenza, Maurizio Belpietro. Le ultime novità in termini di politica a favore del “piccolo dittatore” riguardano la legge sulle intercettazioni telefoniche (“in galera chi le diffonde e chi le rende pubbliche”) e il ritorno alla “immunità parlamentare” che, come tutti ricorderanno, fu il cavallo di battaglia della Lega e del MSI ai tempi di tangentopoli. Lo ha dichiarato serafico ieri sera Gnazio La Russa ospite di Fabio Fazio (a proposito, che pena De Niro!), cospargendosi il capo di cenere e pronunciando l’atto di dolore classico di tutti i pentiti condito da un “avevo preso un abbaglio, ero giovane e rivoluzionario”, che ha lasciato l’esangue Fazio senza parole. Ma mentre "Che tempo che fa" andava avanti, e Carlo Verdone abbracciava un “assente” Bob De Niro insospettato salutista, fuori dagli studi della Rai di Milano gli uomini di scorta al ministro della difesa, erano preda di una strana agitazione. Era giunta voce che le luci di Villa Certosa erano accese e che accese erano anche quelle dell’eliporto presidenziale. Dagli elicotteri stavano scendendo trecento cavalli berberi, 450 amazzoni, 120 cammelli, 14 mercedes nere, 34 scatoloni pieni di copie invendute del Corano e di paia di occhiali da sole, 1200 selle, 4500 scudisci di cuoio, una confezione famiglia di Maalox e 5000 chador. Dall’elicottero battente bandiera libica era sceso, a dorso di cavallo bianco, Muammar Gheddafi. Ad attenderlo Sandro Bondi che, da quando Silvio ha deciso di non rinnovargli l’incarico di ministro della cultura per far posto al Nobel per la letteratura Giancarlo Galan, è tornato al suo incarico precedente: il governante (di Arcore). Gheddafi ha chiesto asilo politico in Italia. Saltando la snervante trafila burocratica gli è stato immediatamente concesso e la nuova carta di identità gli è stata consegnata direttamente da Nicole Minetti che l’aveva ritirata nel tardo pomeriggio alla Questura di Milano eccezionalmente aperta di domenica. Un altro caso di concussione in vista?

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