Templi e tempi

Creato il 17 dicembre 2012 da Straker

Maestose vestigia di templi edificati da genti di cui si sono perse quasi del tutto le tracce, monumenti megalitici, mura ciclopiche di città erette su alture, statue enigmatiche dalle dimensioni colossali, miti di cui sono protagonisti dei potenti ed eroi intemerati… Che cosa accomuna tutte codeste pristine testimonianze? Quale fil rouge lega il complesso architettonico di Ankgor Wat e le cattedrali gotiche, le saghe nordiche ed il Popol Vuh?
Sono tracce di un passato venerando ed arcano in cui costruttori e rapsodi codificarono conoscenze sovente riconducibili alla precessione degli equinozi. Per quale ragioni le civiltà che precedettero le civiltà erano ossessionate da un fenomeno astronomico complesso a tal punto che bisognò attendere l’età ellenistica con lo scienziato Ipparco onde fosse riscoperto? La precessione costruisce un calendario delle ere, con le età che si avvicendano in concomitanza con la successione dei segni zodiacali. I moti apparenti del cielo muovono la ruota del tempo. L’itinerario precessionale è un movimento a ritroso e per questo avvertito come irrazionale, un viaggio che dalla meta conduce al punto di partenza.
Il firmamento per i popoli primigeni era uno specchio che riverberava l’immagine di un mondo inclinato e declinante. Si può congetturare che quelle culture si ripiegassero nostalgiche su un passato remoto orlato dal fioco barlume della lontananza. Il tempo del principio confinava nel non-tempo e tanto più era rimpianto.
La Via lattea era un fiume uranico, il Sole l’araldo del giorno e dell’anno, gli astri erano messaggeri dell’infinito. Gli edifici erano allineati con le costellazioni ed i triliti traguardavano i solstizi. Quei popoli antidiluviani avevano intuito che lo spazio ed il tempo erano sincronizzati, che il cosmo si traslava assieme alle lunghe orifiamme celesti. Non furono solo le esigenze agricole ad insegnare ad osservare la volta: fu la coscienza di una genesi siderale, ultrafanica.
Gli archeologi ortodossi ancora oggi si ostinano a “vedere” nei condotti della Grande Piramide dei pozzi di aerazione; essi, invece, puntano verso Orione e Thuban. Erano sentieri verso regioni soprannaturali. Il geologo Robert Schoch crede che le singolari sculture di Gobleki Tepe, pietre a forma di tau, raffigurino in modo stilizzato Osiride (Orione per i Greci), il dio mutilo. Se Schoch è nel giusto, il mito del Gran Cacciatore si arricchisce di un nuovo episodio illustrato.
Quanto gli antichi erano adusi a contemplare il firmamento ed a leggerne gli scintillanti geroglifici, tanto gli uomini dell’epoca attuale si disinteressano di tutto ciò che oltrepassa l’orizzonte angusto del proprio naso. Così, quando i dardi ignei solcheranno lo spazio e l’aratro del tempo scaverà solchi profondi nella Terra, l’umanità scambierà il fuoco della palingenesi per “il bagliore di un fiammifero”.


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