Già di settembre imbrunanoVincenzo Cardarelli
a Venezia i crepuscoli precoci
e di gramaglie vestono le pietre.
Dardeggia il sole l'ultimo suo raggio
sugli ori dei mosaici ed accende
fuochi di paglia, effimera bellezza.
Domani vado a Venezia. La nostra cena aziendale annuale consiste in un giro col barcone tra le isole e poi si mangia tutti assieme alle Vignole.
Amo tantissimo Venezia. Amo anche ciò che più le disprezzano i suoi detrattori, amo il caldo che appiccica, ma qui si sopporta anche che appiccichi, i turisti che ti camminano con le valigie sui piedi, i treni che partono quando vogliono. Amo perdermi convinta di essere in un Campo ed invece sbucare in un altro. So che è caotica, complicata, difficile, ma cosa non darei per avere il nome sul campanello in uno di quei cortili colorati che affacciano sull'acqua.
Sarà che amo il mare, i porti, le navi. La prima cosa che ho visto arrivando in Italia è stato il porto di Genova. Il primo mare, qui, è stato quello del Lido e tornarci mi ha riportato indietro nel tempo, ho ripensato allo zio che se n'è andato troppo presto, lui che al Lido faceva il maitre e ci ha accompagnato qui, ai racconti della Nonna, delle Mostre del Cinema di una volta, che allora sì, doveva essere emozionante. Ho pensato che spesso noi non immaginiamo i nostri genitori come noi, invece hanno amato, sofferto, sognato. Li pensiamo tanto diversi ed invece sono solo noi, come saremo tra un po'.
Ho ripensato alla sorella ed io che non avevamo il coraggio di bagnarci i piedi, abituate al Pacifico, che di pacifico ha solo il nome e ti toglie la terra da sotto i piedi ad ogni onda.
Amo camminarci di sera, a Venezia, dopo che ha piovuto, affacciarmi ad un ponte e non vista ascoltare l'ennesima storia che il gondoliere vogando propina ai turisti, sgomitare per la promessa di rito sul Ponte dei Sospiri.
Venezia è languida e come ogni amore, si ama o non si ama, si prende il pacchetto completo e non sono previste le mezze misure.
(Quelle nella foto siamo la sorella ed io, lei quella a sinistra, io quella a destra. Il salvagente è quello della nave Gaetano Donizetti, con la quale siamo arrivate dopo qualche settimana di navigazione salpando dall'Ecuador, tanto c'era tempo, si chiudeva un'era e se ne apriva un'altra. Erano gli anni '70, lo dicono i pantaloni a zampa, i gilet. Noi avevamo 7 anni, tra di noi parlavamo solo in spagnolo, non so se capivamo appieno quello che stava succedendo alle nostre vite, ma i sorrisi stretti, gli occhi che cercano, farebbero sembrare di sì. La cosa bella è che ora, come allora, anche se non sempre si parla quanto si dovrebbe, siamo comunque ancora così vicine. Non dimenticarlo mai, sister).