Comunque. Non ricordo quale fosse il tema del giorno, ma ricordo questa tipa, una rampante mamma in carriera o sedicente tale (erano i rombanti anni '90, wow! Oggi madri solo precarie e contratti freelance), e insomma questa tipa andava millantando di aver messo a punto un sistema eccellente per ottimizzare il tempo che trascorreva con i suoi figli, favorendone la qualità.
In pratica questo piccolo genio ordinava tutto il cibo che acquistava per casa a una ditta di fornitura di cibi surgelati a domicilio, in questo modo evitando l'incombenza di doversi recare al supermercato 2-3 volte a settimana, inficiando il prezioso tempo di qualità da riservare ai suoi adorati pargoli, già fin troppo penalizzati dalle assenze lavorative materne.
E insomma, anche allora, malgrado non fossi mamma neppure nell'anticamera del mio lobo frontale, ricordo che pensai: "Ma vaffanculo!" che in pratica riassume ottimamente le mie riflessione che da qui in avanti vi esporrò.
Perché va bene, rampante mamma in carriera o sedicente tale che ami trascorrere coi tuoi figli solo attimi splendidamente memorabili, ci posso pure stare che girare mezz'ora nel parcheggio del supermercato in cerca di un posto auto libero non sia il massimo dell'investimento del tuo tempo coi tuoi figli, ché le file alla cassa metterebbero a dura prova la più amorosa delle genitrici, con le migliori intenzioni del mondo e il più ferreo self-control, soprattutto se i pargoli in questione attaccano la solfa del "mamma-me-lo-compri-quello" e la vecchietta dietro di voi vi spintona facendo la vaga, e quell'altra passa avanti con la scusa del "Che-signora-mi-fa passare-c'ho-solo-queste-quattro-cose" e poi s'infila a tradimento il marito col carrello stracolmo... ve bene: tu preferisci intavolare con i tuoi bimbi giochi di società e spingerli amenamente sulle altalene al parco, costruisci plastici in scala del quartiere e raccogli pezzetti di corteccia con cui realizzare collage artistici con materiali naturali, e però... ti fai recapitare a casa la spesa surgelata.
Non so perché ma tutto ciò mi suona molto "finto".
Perché mai la casalinga sfigata, che si barcamena tra i 1300 euro mensili e le quote per la gita scolastica, fa i salti mortali per far quadrare i conti a fine mese con un solo stipendio e due figli, la prole da recuperare a scuola e la lavatrice da stendere, la caldaia da riparare e la lettiera del gatto da pulire, dovrebbe sentirsi una madre meno presente se passa due ore al supermercato coi suoi bambini a fare la spesa invece di allestire set di giochi montessoriani pagati un discreto fottìo e portare i bambini a La città della scienza?
Cos'è fondamentalmente che vogliamo insegnare, trasmettere, ai nostri figli? Cosa vogliamo che imparino da noi? Cosa vogliamo che diventino? Ma soprattutto: cosa vogliamo che rimanga loro del tempo della loro infanzia trascorso in nostra compagnia?
Forse dovremmo rispondere ad alcune di queste domande per capire cosa significa passare del tempo "di qualità" coi nostri figli.
Ché così pare che questo tempo di qualità sia appannaggio dei ricconi, di quelli che si possono permettere di preservarsene una buona fetta a esclusivo orientamento ludico-ricreativo, ma per carità, anche educativo svolgendo con loro attività altamente stimolanti e andando ad incrementare il loro album mentale dei ricordi lieti d'infanzia, tanto ti puoi permettere di pagarti qualcun altro che ti pulisce casa/ti stira i calzini/ti fa la spesa.
Giustissimo, io dico, voler vivere dei momenti speciali coi nostri figli, ma forse non è il caso di sputare sopra ai momenti "normali" della vita di tutti i giorni.
Io ho dei ricordi lieti e caotici, tragicomico-parossistici dei pomeriggi al supermercato con mia madre, e di quelli, più eccezionali e forse proprio per questo più succulenti, con mio padre, il sabato pomeriggio alla GS, che era come dire il luna park dei supermarket, perché se no noi si andava alla SIR a piedi, e si tornava con le buste a mano, che se per disgrazia l'ascensore era rotto, toccava caricarsele fino all'ottavo piano, rampa dopo rampa, e pure il passeggino di mio fratello piccolo, il quale passeggino, se malauguratamente il passeggero se ne levava all'improvviso per venire dietro a uno di noi grandi nelle nostre scorribande tra gli scaffali dei dolciumi, si rovesciava all'indietro per il peso delle buste attaccate al manubrio, e il più delle volte era un disastro, cui seguiva un'immancabile "Oddio-le-uova!" della genitrice...
Insomma, immagino che per la genitrice in questione quelle giornate fossero un incubo, e posso solo inorridire pensando a me stessa in analoga situazione.
Ma il fatto è che nella mia visione bambina, quelle missioni comperereccie erano epiche, e ora nella memoria mi rimangono ammantate di una qualche romantica aura di leggenda, come tutto ciò che riguarda la nostra infanzia.
Non sono pure quelli momenti di aggregazione familiare?
O vogliamo fingere che lo stare in famiglia sia solo e sempre impeccabile e metodica messa in atto dei più evoluti precetti pedagogici?
Tempo di qualità dal mio punto di vista è anche questo: imparare insieme la vita, semplicemente vivendola. Mostrare con la pratica della propria vita come affontare le difficoltà e gli inconvenienti di ogni giorno, insegnare a gestire le situazioni, anche le più faticose, aiutandoci reciprocamente, collaborando, ripartendo le responsabilità anche tra i più piccoli.
Non è farsi recapitare a casa il merluzzo congelato da passare dieci minuti in microonde e nel frattempo starsene in poltrona a leggere filastrocche.
Io credo che nell'accezione di "tempo di qualità" rientri uno spettro di situazioni più vasto e articolato.
I bambini non hanno il nostro stesso senso del tempo: non hanno il senso del tempo "perso" per far qualcosa per cui potreste impiegarne assai meno delegando ad altri. Hanno il senso del tempo "impiegato" a far quel qualcosa insieme a loro.
I bambini non hanno il senso del tardi o del presto (merda, sono già le sette e ancora non ho messo su nulla per cena!). Hanno il senso della pienezza di un tempo utilizzato per portare a termine un lavoro assieme alla mamma, un lavoro che li riguarda, un lavoro che rappresenta una delle milleuna faccende da sbrigare per portare avanti la vita domestica di una famiglia.
I bambini vivono l'ora e sono immuni da ansie e rimpianti. E' importante imparare a vivere questo "ora" insieme a loro, senza cadere nell'errore del dover loro fabbricare un "ora" fatto su misura, tanto ideale quanto fittizio.
Che poi, voglio dire, mia madre non era questa casalinga con ore e ore da sperperare: era una professionista con un lavoro full time e cinque figli sparpagliati su un arco temporale di quindici anni da gestire. Eppure nel mio ripensare al mio tempo con lei, o con mio padre, non ho mai la sensazione che entrambi non ne mettessero a frutto ogni secondo rendendoci partecipi della loro vita, e partecipando alle nostre, anche semplicemente da spettatori o ascoltatori, anche a loro modo arrivando tardi ai saggi di fine anno o disertando gli incontri con gli insegnanti...
Insomma: tempo di qualità è sempre.
Rendere partecipi i nostri bambini alle attività di tutti i giorni è il modo migliore per "ottimizzare" il nostro tempo insieme a loro, a patto di non sfinirli.
E forse questo conflitto che tutti noi, chi più chi meno, genitori o no, viviamo nei confronti del nostro tempo, questo affannarsi a voler sempre fare tutto e "ottimizzare" che ci fa arrivare a sera sfiniti e con la fastidiosa sensazione di aver corso tutto il tempo, di avere sempre l'acqua alla gola, è più una questione di "testa" che di ritmi di vita. Del resto siamo noi ad impostare i nostri ritmi, frenetici o ben scanditi che siano: non ci farebbe male tentare di prendere a modello il rapporto che col loro tempo hanno i nostri bambini, valutandolo non in relazione al numero di attività (o a quanto fighe esse siano) che riusciamo a infilare in una data unità dello stesso, ma in base alla capacità che abbiamo avuto di metterlo a frutto in positivo, accettando che sia quello e non di più di quanto ce ne venga concesso ogni giorno, godendecelo, anche a discapito delle tabelle di marcia che ci autoimponiamo.
Un poco, lo ammetto, queste mie riflessioni si ispirano alla sensazione che ho avuto, di "non corrispondenza" tra la nostra maniera "occidentale" di "sentire" il nostro tempo (e scusate lo sproloquio di virgolette) e quella che ho osservato, direi quasi "respirato" durante la nostra permanenza in Libia (ne parlavo qui).
Se mi è permesso autocitarmi:
Scandita dalle cinque preghiere prescritte dall'Islam, ogni giornata fila liscia come una ruota ben oliata e non si ha mai l'impressione che il tempo non basti.E anche qui:
Ma ti basterebbe scorrere l'occhio su questi paesaggi sonnolenti, rallentati, sempre uguali a se stessi, per capire davvero il reale valore di quell'affermazione. Il tempo è in quello spazio che non può certo dirsi a misura d'uomo: è l'uomo che vi si adegua, che vi si adagia pigramente, senza affannarsi a coprirne le distanze, o a riempirne gli spazi vuoti, a metterlo tutto a frutto, proprio come la campagna chiazzata di terra polverosa, da cui prendi quel che si può. E ciò che non si può far oggi, si farà domani.
Il punto è che loro lì non si pongono mai in conflitto con l'idea del tempo. Il tempo che si impiega a fare una data cosa è quello, e quello rimane, tutto il resto può aspettare, per quanto futile possa apparire lo scopo ultimo di tanto impegno.In effetti vivere anche per poco tempo coi ritmi di laggiù, mi ha dato la sensazione di essere catapultata in un'altra epoca. Vi assicuro che il ritorno a quella attuale (di epoca), coi suoi tempi e le sue scadenze, le sue incombenze improrogabili, malgrado la gioia di ritrovarmi finalmente nel mio mondo, non è stato facile.
Non è per fare sempre la secchiona, che questo mese partecipo addirittura con due post... è che queste riflessioni mi sono venute a catena ragionando sul tema del mese di Genitoricrescono: Il tempo.
Le volevo aggiungere in calce al primo post scritto, ma mi sono resa conto che non c'azzecavano nulla.
Poi mi hanno dato il consenso ufficiale che si può fare, quindi:
Questo post partecipa al blogstorming