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Tempo Nuovo raccolta poetica di Guido Zavanone

Da Lindapinta

Recensione di Ninnj Di Stefano Busà

TEMPO NUOVO, la nuova raccolta poetica di Guido Zavanone,

offre una panoramica ampia quasi esauriente, (non si sa quanto conclusiva), direi che quasi ne segni il suo itinerario letterario in modo rigoroso e adeguato. Tutta l’opera di Zavanone, si avvale di un temperamento dottrinario sempre sopra le righe, dove il poeta scava la profonda ferita del mondo, ne descrive il dolore della sua condizione precaria, in quanto abitatore di una terra imperfetta, senza certezze, scabra e indifferente al male dei suoi abitanti.

Basterebbero questi pochi versi per esplicitare, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la perfetta analogia che passa tra il poeta Zavanone e la conseguente immagine di sofferenza che la vita trascina con sé:

...sonno profondo senza sogni per una

ben dosata anestesia,

mentre un bisturi affonda indifferente

nella mia carne viva. Oh poesia!

E non è il solo episodio chiarificatore di questo lirismo ben coordinato, senza fronzoli, esperto nel dosare parole e pensieri. Vi sono nel libro svariate occasioni per le quali Guido Zavanone si porta al di là dell’astratto per esprimere il grande concetto universale della precarietà dell’uomo, il suo vuoto a perdere, le sue esitazioni nel dover soggiacere a regole e imperativi che ne fanno un individuo sempre in transito, alla ricerca di se stesso e della visione di Dio, nel concetto catartico che s’intravede sullo sfondo.

A proposito della Cristologia e del pensiero divino vi sarebbe molto da dire: vi è insito nel peregrinare dell’uomo un obiettivo di luce, qualcosa che somigli ad una fede, al di là del dubbio e dell’indifferenza, a questa si volge con intima convinzione il verbo della dialettica zavanoniana, ed è un concerto di note che vivificano il suo messaggio dell’oltre, in considerazione di un ben più ampio concertare di teorie.

Per tutti è lo stesso varco che bisogna raggiungere, l’unico a dover essere traghettato, per addivenire all’Infinito Mistero.

Vi è un concetto nella poetica di Zavanone che resta preponderante e infinitamente segnato dalla sofferenza terrena: è la visione di un pellegrino ante litteram alla ricerca del suo Infinito, pur nella frantumazione e polverizzazione quotidiana.

Il suo habitat è precario, ammette il poeta, il suo itinerario è sempre in transito, alla ricerca di sé medesimo e della sua verità con la quale entra in contrasto continuamente, ma dalla quale non può discostarsi, senza avvertirne l’urto demolitore, il tragico epilogo di una storia portata alle sue estreme conseguenze.

La ricerca del bene in Zavanone è sorretta da una visione onirica che fa da chiave ermeneutica, per altre e più complesse indagini.

La vita è il tempo sono i suoi temi preferiti, il poeta abbraccia e cavalca il tempus fugit come il destriero della nostra storia, la più intensa vicenda contraddittoria della specie umana, alla quale si aggiungono referenti sempre difficili, contrasti e assenze di ognuno.

Tutta la poesia di Zavanone risente della lezione di un classicismo improntato al “mal di vivere”: la provvisorietà e transitorietà terrene sono nella precipua sostanza del suo modus vivendi, ne precedono l’accadimento, il succedersi dell’esistente, tutto appare revocabile come le foglie morte che si staccano dai rami, per poi rinascere in altri luoghi, in altre circostanze. Così l’uomo nel suo precipite assillo è inequivocabilmente votato alla fine di tutto. Le configurazioni di questo concetto forte sono vivissime nei versi e nella dialettica di Zavanone.

Il suo linguismo esprime il disagio dell’uomo che preavverte il pericolo e i rischi di un itinerario incerto, ma purtuttavia, audace e coraggioso, egli si scontra con la realtà quotidiana, attingendo certezze dalla sofferenza di un cuore umile, che sa la difficile e inamovibile verità del tragitto terreno. Poesia alta e forte, quella di Zavanone, che sperimenta tutta la potenza, la sapienza e lo sperdimento del destino umano, analizzando giorno per giorno, ora per ora, l’incombente afrore della corruzione. Intanto, dinanzi al succedersi estremamente grave della sua eclissi solare, quasi un minisole che si spegne d’improvviso, mostra l’impenetrabile didascalia della sua sorte.


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