Tendenze e possibili sviluppi futuri in Asia

Creato il 26 novembre 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Di seguito l’intervento di Côme Carpentier de Gourdon alla tavola rotonda “Le tradizioni e il futuro delle civiltà asiatiche – politica, economia e religione” dell’XI Rhodes Forum – World Public Forum “Dialogue of Civilizations”, ottobre 2013.

I confini del continente asiatico sono mal definiti e spesso innaturali. Convenzionalmente l’Asia inizia a Istanbul e sull’istmo di Suez a sud, ma la Russia, ha sostenuto Gumilev, può esserne considerata parte integrante e in questa prospettiva vi apparterrebbe anche l’Europa. L’Asia non può quindi essere compresa senza prendere in considerazione il concetto ibrido di Eurasia. Negli ultimi decenni, soprattutto a partire dall’inizio del XXI secolo, si sono potute osservare almeno cinque tendenze precorritrici del futuro comune del continente asiatico.

1) L’Asia sta riscoprendo la propria unità storica, culturale e spirituale, in parte come risultato della graduale attenuazione di una spesso divisiva eredità coloniale, della globalizzazione e delle tecnologie di trasporto e di comunicazione moderne. L’intenso scambio di idee, conoscenze, concetti e pratiche artistiche tra Asia Meridionale, Centrale e Orientale è fin troppo noto per essere richiamato nel dettaglio in questa sede. L’induismo e il buddismo, prima dell’islamismo, hanno pervaso il continente da un capo all’altro. Anche se è prematuro accogliere come definitiva l’apparente evidenza che la gran parte della popolazione dell’antica Asia Occidentale, dell’Asia Centrale e del Subcontinente Indiano condividesse lo stesso patrimonio genetico1, è noto che le comunicazioni e il commercio tra Mesopotamia, Asia Minore, Iran e India risalgano ad almeno 4.000 anni fa. La penetrazione delle culture indiana e cinese, all’interno di quella che è giustamente conosciuta come Indocina e attraverso l’arcipelago malese fino all’Australia, è anch’essa molto antica e attestata da numerose scoperte scientifiche, etnografiche, linguistiche, artistiche ed epigrafiche.

È significativo, ad esempio, che il termine evenki (siberiano) “sciamano”, utilizzato in seguito a livello universale, sia in realtà il nome sanscrito Sramana (in pali: Samana), assegnato ai monaci buddisti del Sangha, ma che potrebbe esistere da molto più tempo. Negli antichi testi russi il Brahmano indiano viene chiamato Rahman, esattamente come l’appellativo arabo per l’Onnipotente. Tibet, Turkestan, Siberia, l’arcipelago tentacolare conosciuto come “Insulindia”, dove in passato si estendeva la terra di Sunda, il Mar Cinese e il bacino dell’Oceano Indiano, così come la regione costiera dell’Africa Orientale, sono aree dove l’influenza indiana, cinese, araba, persiana e turca si sono sovrapposte nei secoli. Mentre le città cinesi, giapponesi, siamesi, birmane, vietnamite e cambogiane da forse duemila anni ospitano mercanti e sacerdoti indiani, malesi, cingalesi e, in alcuni casi, arabi, iraniani, siro-libanesi, assiri, armeni, ebrei e provenienti dell’Asia Centrale, lo Sri Lanka, così come i regni e gli empori indiani nel Gujarat, nel Konkan, nel Bengala e nel Deccan, hanno avuto le loro colonie di mercanti e studiosi provenienti da Asia Occidentale, Cina e penisola indocinese.

Agli albori del Rinascimento, Vasco de Gama ha scoperto nel Kerala una società multireligiosa, diversificata e aperta, in cui, secondo le sue prime impressioni, i cristiani ortodossi orientali erano numerosi, fiorenti e rispettati, e dove i templi e le cerimonie indù avevano un’atmosfera vagamente cristiana, dovuta alle origini asiatiche e agli ingredienti indoeuropei del Cristianesimo. Più tardi i missionari gesuiti hanno cercato di evidenziare, secondo alcuni sfruttare, gli elementi comuni tra induismo, confucianesimo e buddismo per dare vita a riti e testi asiatici sincretistici per la Chiesa romana in Oriente. Non deve poi essere trascurata l’influenza delle spiritualità asiatiche sui lineamenti, sia spirituali che della civilizzazione, greco-romani e giudaico-cristiani che hanno modellato l’Occidente negli ultimi duemila anni.

La fusione tra culture avvenuta in questa vasta zona è stata facilitata dalla natura fluida e variabile delle entità politiche che hanno dominato nei vari periodi. Gli imperi e i regni crescevano e svanivano, e i loro confini si muovevano in base ai capricci della Storia e alle fortune militari dei sovrani. Dinastie dell’Asia Centrale hanno governato la maggior parte del territorio di India e Cina per secoli, dopo che i dominatori indiani avevano esteso il loro potere su ampie fasce degli altipiani trans-himalayani, e mentre altri conquistavano gran parte di quella che oggi è l’Indonesia. Un’includente architettura di associazioni economiche, politiche e commerciali, una sorta di ASEAN più ampia, tra gli attuali Stati-nazione potrebbe contribuire a rianimare quella comunità multinazionale policentrica e plurale. Il comune concetto di legge immanente e trascendente che “ecologicamente” regola ogni cosa, Rita o Dharma in India, Tao in Cina, Asha e Daena nell’antico Iran, fornisce la base per elaborare istituzioni politiche, economiche e sociali in grado di coesistere pacificamente senza che nessuna di esse assimili necessariamente le altre, in mancanza dell’espansionismo aggressivo e omogeneizzante che contraddistingue il mercantilismo statalista, il capitalismo liberale e il socialismo marxista.

2) Le culture asiatiche stanno riscoprendo l’importanza del loro contributo alla formazione della civiltà contemporanea in diversi settori come la fisica, la cosmologia2, le scienze politiche3, la psicologia, la paleo-antropologia4, la botanica e l’ecologia, la chimica, la medicina e la chirurgia, la matematica5, le arti plastiche, la musica, la filosofia e la teologia. La comprensione della realtà raggiunta da tradizioni sapienziali come il taoismo, il samkhya, il vedanta, il tantra, il madhyamika buddista e il pramana vartika6, così come dagli islamici marifa asliya e tasawwuf (le gnosi sciita e sunnita dei falasifa e dei sufi) è in fase di rivisitazione in una prospettiva scientifica contemporanea; sta rivoluzionando le strade e le conclusioni della ricerca “occidentale” della conoscenza, e sta aprendo nuovi orizzonti alle tecnologie di mente e corpo, dalla telepatia tecnologicamente assistita e dalle discipline mentali di miglioramento della qualità della vita, al teletrasporto non locale, alla generazione e propulsione di energia antigravitazionale e elettromagnetica, alle nanotecnologie, alla bioingegneria, al cloud e al calm computing7, alla stampante 3D e alla realizzazione dell’Internet degli oggetti, che utilizza l’antichissima immagine vedica e buddista di una matrice di diamante cosmica o rete di specchi oleografici, in cui tutte le cose esistono potenzialmente come riflessi co-dipendenti l’uno dall’altro, ad infinitum.

La scelta di interpretare la realtà quantica attraverso la geometria, come fosse composta da reticoli cristallini invece che da particelle sempre più piccole ed elusive, sta ora guadagnando consensi (vedi nota n.3), ma, più banalmente, va riconosciuto che la scoperta del bosone di Higgs, come le conclusioni di Einstein in precedenza, devono molto al lavoro pionieristico del grande scienziato indiano S. N. Bose, il cui nome è stato dato al bosone8. La riscoperta dell’eredità filosofica e religiosa assume varie forme attraverso l’Asia. In Cina il taoismo, il buddismo e il confucianesimo stanno attirando sia devoti che studenti appartenenti a diversi strati sociali, incoraggiati dallo Stato. Nel sud-est asiatico movimenti spirituali buddisti e musulmani, guidati da studiosi e mistici locali, si stanno moltiplicando.

Nell’ufficialmente laica India, dove coesistono centinaia di comunità spirituali e religiose, innumerevoli organizzazioni private, come le fondazioni Satya Sai Baba e Baba Ramdev Divya Yoga Trusts, il Bocchasanansi Sri Akshar Purushottam Swaminarayan Sanstha (BAPS), la fondazione Art of Living, la fondazione Isha per le scienze interiori, l’associazione mondiale Vipassana, il tempio e l’università Oneness, lo Sri Tirumala Tirupatu Devasthanams, la società Sri Aurobindo, il Radha Soami Satsang, l’associazione internazionale per la coscienza di Krishna, le missioni e istituzioni Vivekananda, Ramakrishna e Chinmaya, diverse organizzazioni sikh, gianiste, tibetane, buddiste, cristiane, bahai e musulmane, sostenute da altrettanto numerose religioni e comunità, costruiscono e sponsorizzano scuole, università, centri culturali, ospedali, musei, luoghi di culto, laboratori artigianali e negozi, cooperative, mense gratuite e ricoveri caritatevoli in tutto il Paese e all’estero. Queste organizzazioni ben rappresentano l’impressionante diversità nella storia e nella geografia umana del Paese, in quanto rispondono alle esigenze e agli interessi di strati diversi della popolazione, dalle masse più povere alle classi più abbienti e cosmopolite, e la loro capacità di reperire ingenti quantità di fondi attraverso i contributi volontari e di costruire strutture all’avanguardia di ogni tipo, spesso a tempo di record, appare di gran lunga superiore all’efficacia media dei meccanismi di governo, a testimonianza del fatto che, malgrado la crescita notevole del consumismo e del materialismo, la spiritualità è ancora la forza più potente in India, anche nei casi in cui è usata impropriamente.

3) Parallelamente a questi sviluppi, l’Asia sta ovviamente assorbendo il patrimonio tecnico-culturale, per lo più occidentale, della globalizzazione a un ritmo continuamente accelerato, insieme alle sue preoccupazioni consumistiche e all’intrinseco materialismo o scetticismo. Dopo il Giappone, la Cina è diventata la campionessa asiatica di questo processo di assimilazione, che sta incontrando per adesso maggiori resistenze in Asia Meridionale, in parte a causa della persistente povertà, di istituzioni socio-religiose profondamente radicate e di conflitti interni che ritardano o mitigano l’introduzione della “modernità”. In effetti, sia il Mahatma Gandhi che i successivi movimenti antitecnologici degli hippy contro-modernisti, hanno tratto gran parte della loro ispirazione da antiche scuole di pensiero asiatiche. Benché il confucianesimo cinese si mostri meno riluttante ad accogliere un’ideologia tecnocratica, per la sua attenzione al benessere sociale e al pragmatismo, insiste comunque sul primato dei valori morali e spirituali, al di sopra delle preoccupazioni commerciali e utilitaristiche, e il taoismo può essere considerato una sorta di “contro-cultura” nel panorama cinese, che potrebbe guadagnare nuovamente seguaci nel clima positivista d’ingegneria infrastrutturale e sociale che pervade la nazione. La combinazione di crescente prosperità, assimilazione di tecnologie sostenibili ed ecocompatibili, influenza globale e rinascita delle culture nazionali e regionali, potrebbe portare a una rinascita della civiltà asiatica, simile nello spirito alla fioritura del sincretismo buddista pan-asiatico dei primi secoli d.C., che si estendeva dalla Transoxiana al Giappone e dallo Sri Lanka alla Mongolia.

4) Il corollario della ritrovata crescente influenza dell’Asia, e della relativa sovranità, dopo secoli di assoggettamento all’Occidente, è il nuovo vigore delle vecchie minacce. La Cina si trova a dover affrontare l’instabilità delle regioni occidentali, dove le civiltà centroasiatiche rifiutano il predominio “han” della Repubblica popolare cinese e sono irrequiete. Ci sono poi tensioni nel Mar Cinese, dove si teme il rinascente espansionismo del Regno di mezzo. Allo stesso modo l’India continua ad essere all’ombra del nord-ovest afghano-pakistano, anticamente conosciuto come la casa dei Takshaka, all’origine, più di duemila anni fa, di molte e spesso distruttive invasioni. Come sottolineato in precedenza, India e Cina sono state governate per secoli dagli invasori provenienti dagli altipiani centroasiatici, e la memoria storica è duratura.

Inoltre le vecchie potenze coloniali, ora aiutate e in parte sostituite dagli Stati Uniti, stanno mettendo in gioco il loro rimanente potere a livello istituzionale, ideologico, finanziario, tecnocratico e culturale, e potrebbero essere necessarie una o due generazioni per dar vita ad un “soft power” tale da rimpiazzare, in Asia e all’esterno, l’egemonia intellettuale delle università della Ivy league e delle associate mecche accademiche americane ed europee. Mentre il Giappone è stato per decenni un polo mondiale della scienza e dell’innovazione tecnologica, la Cina sta iniziando a competere con Stati Uniti ed Europa dal momento che i suoi ricercatori depositano oggi più brevetti dei loro colleghi americani. Il resto dell’Asia è però ancora molto indietro. Ci sono poi le vecchie tensioni interne settarie, religiose ed etniche, nuovamente in aumento soprattutto in Asia Occidentale e nel Caucaso, ma crescenti in Asia Centrale, Cina Occidentale, area ASEAN e Asia Meridionale. Se queste tensioni dovessero degenerare in conflitti aperti potrebbero ritardare notevolmente, o addirittura invertire, il processo di crescita e sviluppo di quelle società asiatiche che necessitano di stabilità per aumentare la loro prosperità.

5) Il risultato di queste tendenze è che l’Asia ormai non solo vuole, ma è anche costretta a costruire strutture internazionali che sostengano l’importanza riacquistata, e a ritagliarsi un posto nel mondo le cui istituzioni del secolo scorso, a cominciare da Nazioni Unite, Banca Mondiale, FMI, OMC e persino il G20, per non parlare di internet, rispecchiano l’egemonia dell’Occidente euro-americano, in particolare dei Paesi anglosassoni. Le numerose nuove istituzioni, emerse come risultato dei cambiamenti geopolitici, includono l’ASEAN, composta da dieci nazioni, che ha ora costituito un’associazione con la Cina, il Giappone e la Corea del Sud, l’Organizzazione di Shangai per la cooperazione, il Forum regionale asiatico, l’Associazione dell’Asia Meridionale per la cooperazione regionale (SAARC), la Comunità economica eurasiatica (EURASEC), e infine il gruppo dei BRICS, che si estende per quattro continenti attraversando il mondo e ampliando la vecchia concezione geostrategica russa di un’associazione tra Russia, India e Cina, in cui la Russia è ben posizionata per ricoprire il ruolo di bilanciatore e “mediatore imparziale”, oltre a offrire un asse unico di sviluppo che si collega all’Europa.

Le implicazioni del gruppo dei BRICS sono decisamente più vaste rispetto a quanto immaginato alla sua nascita. Brasile e Cina ad esempio stanno ora mettendo in piedi un’iniziativa che riguarda la costruzione di un’infrastruttura internet in grado di liberare in parte la rete dall’effettivo controllo statunitense9. Presto o tardi nazioni come l’Iran, la Corea (riunita o no), il Giappone, la Turchia e l’Indonesia potrebbero diventare membri dell’associazione dei BRICS, come una nuova OCSE de facto.
È quindi possibile per l’Asia, che raggruppa più di metà dell’umanità, costituire il nucleo del sistema globale e sostituire in fretta l’ormai debole egemonia euro-americana, durata quasi tre secoli da quando una manciata di Paesi occidentali, dopo aver rivaleggiato per la loro ascesa, si sono effettivamente spartite il resto del pianeta.

(Traduzione dall’inglese a cura di Chiara Macci)


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