Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente, Randy O. Frost e Gail Steketee, Edizioni Erickson 2012, è un saggio davvero intrigante, l’argomento trattato la disposofobia, ovvero quel famoso accumulo compulsivo che ultimamente regna sovrano nei canali di Sky, ad esempio Sepolti in casa, è attuale e indubbiamente parte dell’era moderna. Per una come me, che probabilmente soffre del disturbo opposto, butto le tende e le ricompro anziché lavarle tanto da Ikea costano poco (non tutte solo alcune), questo volume si è rivelato un’autentica scoperta.
Gli autori riescono, senza mai appesantire il racconto, a illustrare la malattia presentando diversi casi da loro analizzati, descrivendo in maniera accurata ogni singola storia e portando il lettore a comprenderne ragioni, fini e possibili soluzioni. Non un libro per esperti del settore ma per chiunque desidera capire maggiormente come si possa vivere in condizioni di totale mancanza di igiene, sepolti tra il raccolto, a volte anche tra i rifiuti, di una vita, e imporre la propria condizione ai famigliari.
Tengo tutto inizia la sua storia partendo da Irene, simbolo della ricerca degli autori, persona intelligente e ben educata ma socialmente isolata a causa dell sua malattia:
Irene aveva una grande difficoltà a liberarsi delle cose, da un pezzetto di carta con sopra un numero di telefono non identificato e da tempo dimenticato, fino a un vaso rotto comperato a un mercatino dell’usato. Il valore che dava agli oggetti e le ragioni che aveva per tenerli erano molti e vari. Le convinzioni di Irene riguardo a che cosa dovesse essere conservato sembravano isolate da tutto ciò che succedeva attorno a lei. Era sinceramente sconcertata del fatto che i suoi figli non condividessero la sua inclinazione a conservare ogni cosa.
Gli autori raccontano non solo le condizioni di vita, sociali e igieniche, dei pazienti, ma si concentrano sul bisogno di aiuto pratico che questi necessitano, quando lo accettano. Analizzano dettagli e analogie, ad esempio i sentieri di capra, ovvero i passaggi che si creano dentro i cumuli di cose, spesso presenti nelle abitazioni di chi soffre di disposofobia, sentieri che riescono da soli a lasciare senza parole il lettore, che a questo punto guarderà con sospetto i suoi oggetti irrinunciabili.
L’accumulo compulsivo trova spiegazione in un trauma vissuto nel passato, abbandono, violenza, maltrattamenti, episodi singoli, o ripetuti nel tempo, che si tramutano in un vero e proprio bisogno della persona. Se butto come faccio senza?
L’attenzione cresce quando il testo affronta il fenomeno delle “gattare”, persone che accumulano animali più frequentemente gatti, la paziente intervistata nel libro ha raccolto più di duecento gatti, a cui si sommano gli oltre seicento accumulati dalla sua psichiatra.
Le persone che accumulano un gran numero di animali, in particolar modo cani e gatti, spesso vedono il loro comportamento come una parte di una missione per salvarli e sono anche convinti di avere qualche potere o abilità speciale per farlo. Sono però spesso ignari del critico stato di salute e delle terribili condizioni in cui vivono i loro animali.
Normalità e patologia, come spesso accade, si confrontano al limite, i due professori autori di Tengo tutto, hanno cercato di capire cosa porta le persone a diventare accumulatori compulsivi, cosa li spinge a raccogliere moltissimi oggetti inutili, da buttare, spesso sporchi e totalmente illogici, e soprattutto si sono interrogati sul cosa si può fare per aiutarli senza rovinare drasticamente i loro precario equilibrio.
Titolo: Tengo tutto. perché non si riesce a buttare via niente
Autori: Randy O. Forst e Gail Steketee
Editore: Edizioni Erickson
Anno : 2012
Prezzo: 15,50 euro