Ore 21 di martedì 12 maggio 2015. Matteo Donati sta per interpretare la sua “prima” sul Centrale del Foro Italico, uscita numero 2 di carriera in un Masters 1000 dopo l’esordio vittorioso contro Giraldo. Davanti a sè trova un muro, il ceco Tomas Berdych, uno che sarebbe dovuto diventare a detta di molti il numero 1 del mondo ed invece è “solo” il numero 5. Tradotto appartenente alla categoria dei mostri sacri del movimento mondiale, già semifinalista a Roma nel 2013 e in stagione convinto come non mai dei propri mezzi. Per l’alessandrino, 20enne e tanta voglia di arrivare, fin da piccolino, coltivata con abnegazione per certi versi poco italica, e scelte anche difficili (come quella di lasciare il suo primo maestro Roberto Marchegiani), un banco di prova assoluto. Occhi di tutti puntati su di lui, compresi quelli amorevoli della mamma e dello zio seduti in tribuna. Prima cosa, non sfigurare e dimostrare di meritare il proscenio. Matteo parte un po’ contratto e subisce subito il break (0-1), con Berdych che tiene la battuta nel secondo gioco. Palla per un nuovo break del ceco nel terzo ma il piemontese reagisce e conquista il primo game. La prima paura, quella inconscia del doppio 0-6 contro il campione affermato, è dunque sfumata. Da quel punto prende forma un confronto vero, con evidenti differenze di esperienza, potenza, efficacia dei colpi. Ma Donati non sfigura, anzi. La prima frazione termina 6-2 per Berdych e consegna al mondo tennistico un progetto di campione tutto nostrano.
Che si manifesta nelle sue prime forme nel secondo set. Donati si fa più aggressivo, porta vincenti con il diritto e con la risposta di rovescio. Fa capire di esserci anche con il servizio, la prima soprattutto (8 i suoi ace al termine, che sulla terra non sono affatto pochi), e spaventa il terribile ceco a fine frazione, quando sul 4-5 si avvicina fino al 30-30. Al termine capitola al decimo gioco ma merita gli applausi del centrale e conferma di essere più di una speranza. Dovrà migliorare ancora sotto l’aspetto fisico, che a inizio stagione ha curato molto, dare maggior spessore alla seconda di servizio e alla spinta delle gambe in recupero. Ma è il primo a saperlo, con lo staff dei Puci e del Match Ball Bra che lo coccola e segue con tutti i crismi della professionalità.
E’ stata in sintesi, quella di ieri, una “prima” che siamo certi avrà molte repliche, su suolo nazionale e internazionale. Ora bisogna spingere sull’acceleratore e cambiare passo per poter stare sempre di più con i grandi. Intanto oggi altro test, questa volta di doppio, per Matteo e il suo gemello tennistico Stefano Napolitano.






