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[Teoria della letteratura] Sfondi e altri termini passepartout

Creato il 17 agosto 2011 da Spaceoddity
Tutto nasce da una guerra. Prendi una guerra qualsiasi, bum, bum, fragore di armi, carne che si lacera, sangue che scorre. Se l'era chiesto Renato Serra e io davvero ripeto con lui: si può fare letteratura durante la guerra? Sono concepibili queste due metafore esistenziali? L'una, la creazione; l'altra, la distruzione. Entrambe gratuite, con un non so che di definitivo. L'una e l'altra hanno per oggetto la vita in bilico delle persone.
Io, come Serra, credo di sì, credo che si debba. Credo che, se la letteratura è una necessità, non smette di esserlo in tempo di guerra. Anzi, lo diventa di più, nonostante mi stupisca sempre sapere di opere scritte durante un conflitto... Penso che, quando i Romani e i Greci scrivevano, avevano sempre un conflitto in corso, penso a Cesare e Marco Aurelio che ci si sono trovati in mezzo e, sia pure per ragioni diverse, hanno scritto.
Hanno trovato ragioni diverse per scrivere in guerra, le hanno trovate nel dolore. Le biografie degli artisti sono pieni di momenti di sconforto, addirittura di panico. Di persone che si sfono sfibrate per andar oltre l'esperienza. Non si sono risparmiati. Quelle che, nella vita reale dell'artista, sono state tragedie e dolori, noi le chiamiamo sfondi; forse, intendendo lo sfondo come un'ordalia e insieme un motore, una spinta.
Per qualche anomalia lessicale, usiamo lo stesso termine, quando fissiamo in una guerra la sfondo di un romanzo. Però i concetti si fanno più generici, meno pregnanti: le angustie si riducono a limiti narrativamente utili, a brusche soluzioni di continuità. Sono angustie astratte, momenti di gioia senza giubilo, senza esaltazione. Il dolce e il boccone amaro sono portate diverse. Lo sfondo è strappato, ridotto a brani, il cielo di carta no.
Il  termine "sfondo" è una delle banalizzazioni più crudeli di ciò che un certo approccio alla letteratura possa riservarci. Nega l'essenza stessa delle cose così come sono, le svilisce in una sequenza discreta di opportunità: l'opera si rivela ancillare rispetto a una sorta di prestito a fondo perduto senza che l'insieme venga mai ricostruito e restituito.Uno sfondo è una storia che si usa. Uno sfondo è la storia che non si racconta, lo spazio che non preesiste e non ha futuro.
Perciò sono sempre diffidente quando mi parlano di romanzi ambientati su qualsiasi sfondo. Quasi peggio che in un film della vecchia Hollywood (tipo Casablanca o che so io) o nei kolossal di Cinecittà. Uno sfondo è una pagina bianca che l'artista pitta, decora, impreziosisce di storie personali, storie omesse, origami di storie emotivamente articolate. Lo sfondo è l'ovvio di cui il romanzo è un'attualizzazione particolare ed estrinseca.
[Riferimenti del thread: Confidenze]

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