E’ finalmente uscito in gennaio 2013 un libro sulla Terapia Sistemica di Gruppo, curato da Cinzia Giordano e Marco G. Curino, due colleghi che non ho ancora avuto il piacere di conoscere, ma che spero di incontrare presto per un confronto. L’introduzione è del Dott. Massimo Schinco che ho ascoltato con piacere ed interesse durante il convegno “La Sistemica e il Futuro” di Milano e che di recente è intervenuto nel nostro blog (http://www.psises.it/?p=1999).
Da oltre 10 anni con la dott.ssa Daniela De Vito conduciamo gruppi, in linea con l’approccio sistemico relazionale e possiamo affermare che questo tipo di esperienza diviene una marcia in più nell’attivazione (a volte ri-attivazione) delle capacità relazionali del paziente, completamento di un percorso di crescita psichica individuale.
Ma veniamo alle prime due regole contenute nel capitolo 2 del libro che riporto facendo seguire un mio commento in corsivo contenente un’idea relativa al nostro modo di lavorare, che risulta differente in alcune parti e per questo stimolante nel confronto.
1. E’ richiesta puntualità di inizio e di fine delle sedute. La puntualità permette al gruppo di poter lavorare senza eventuali interruzioni dovute a persone che arrivano in ritardo o che escono prima del concludersi della seduta. Con puntualità si inizia l’incontro e con puntualità si finisce. La prevedibilità dell’interazione consente di non dover sprecare tempo ed energie marginali perturbanti, concentrandosi invece su aspetti qualitativamente più pregiati.
Gruppi Psises. La puntualità all’inizio di seduta è richiesta, ma diviene informazione, comunicazione non verbale del partecipante, che può essere usata dal gruppo per ipotizzare sui perchè, sul ripetersi del ritardo nel tempo, sulla potenziale richiesta di attenzione, sull’ ipotesi di resistenza o altro ancora. La fine seduta è un momento presunto che viene segnalato da un timer, ma che non chiude di fatto la dinamica in essere. I partecipanti sono informati dall’inizio, sul fatto che sono i terapeuti dopo il segnale a decidere il termine di seduta in base alla constatazione di un buon livello di condivisione della seduta effettuata e che sia in qualche modo conclusa ogni interazione. I tempi possono allungarsi senza preavviso anche di trenta minuti. Difficilmente il terapeuta giudica sprecato il tempo per una dinamica e fa classifiche sugli aspetti qualitativi della stessa.
2. La frequenza delle sedute è settimanale. Il gruppo deve fare una differenza nella vita dell’individuo, deve essere qualcosa di rilevante (produrre significato), è per questo che è necessaria una certa frequenza nelle sedute. Questo contribuisce a creare relazioni stabili e permette ai membri del gruppo di sviluppare maggiormente il senso d’appartenenza, soprattutto all’inizio della loro terapia. La frequenza settimanale permette quindi di fornire una stabilità sufficiente a motivare i pazienti nel porre attenzione focalizzata sull’interruzione. Ciò permette inoltre ad ogni membro un’importante identificazione con il gruppo affinchè si crei intenistà e possa continuare l’elaborazione… Nella nostra esperienza se si lasciasse passare più tempo probabilmente le persone, si sentirebbero di appartenere meno al gruppo modulando e riducendo l’intensità dell’esperienza. Affinchè sia legittimo descrivere una terapia di gruppo in termini sistemici è necessario che il gruppo possa costruire una propria storia.
Gruppi Psises. La frequenza delle sedute è quindicinale. La partecipazione ai nostri gruppi prevede che il partecipante abbia in corso una psicoterapia individuale o se l’avessero conclusa, possano richiedere una seduta individuale per chiarire eventuali difficoltà rispetto ad aspetti trattati in gruppo. In tutti i casi devono fare almeno una seduta individuale ogni due mesi. Per i primi la psicoterapia di gruppo diviene integrazione di un percorso individuale. Il lasciare decantare la seduta per quindici giorni, lascia la possibilità come avviene con le famiglie e con le coppie, di elaborare ipotesi, spunti, idee. Le sedute troppo ravvicinate toglierebbero troppo spazio alla persona, che riesce a vivere il gruppo come opportunità per lavorare sul proprio ESSERE, con altre persone con cui si condivide la lente psicologica sistemica intrapsichica e relazionale, senza confondere terapia e realtà. Piuttosto che di una narrativa di gruppo mi piace pensare a tante narrative dei partecipanti, che per differenza apprendono e arrichiscono le proprie storie.
Come sempre mi aspetto vostri commenti. Questa pagina con le seguenti sono un modo di ribadire le regole di partecipazione ai gruppi per come previsto dal codice deontologico degli psicologi (art. 14). Appuntamento alla prossima settimana la terza e quarta regola.