Magazine Per Lei
- Sai...- mi dice mentre mangia un gelato artigianale e di quelli enormi pieni di panna
- Alla fine siamo solo ciò che rappresentiamo anzi, peggio...- e si ferma a cercare qualcosa sulla linea dell’orizzonte - alla fine siamo come ci rappresentiamo...-
Non capisco, oggi Terry è stranamente giù di tono, come una canzone che hai sempre ascoltato in maggiore e improvvisamente senti triste, malinconica.
Allora mi racconta quello che le è successo.
-Non sopporto i millantatori ecco! E non sopporto chi è in grado di vendere un cestino di vimini per un pezzo di antiquariato-
Beh...diciamo che il paragone l’ho ingentilito io, visto che il suo non è proponibile in questa sede.
Mi racconta tutto come sempre mangiandosi le parole e parlando in fretta, come se quel concetto potesse all’improvviso sfuggirle di mente, e adesso capisco cosa intende.
In realtà detesta certo provincialismo e più ancora questa nuova società nella quale vince chi racconta più cazzate, chi millanta amicizie altolocate –meglio se discutibili talvolta, e volgari- e chi da risalto a qualsiasi sciocchezza gli sia capitata nella vita.
Accade così che un Tizio che per caso incontra un Caio famoso in un bar, diventi il suo migliore amico e che Sempronio che per una volta che è stato a Cortina, magari solo di passaggio, forse solo al casello autostradale, parli delle sue vacanze annuali al “Cristallo” dove un pernottamento costa la metà del suo stipendio.
Insomma si parla di provinciali e di falsi snob.
Un pochino mi sento in colpa a essere così classista, eppure come non darle ragione?
Perché dobbiamo coprirci di ipocrisia anche quando parliamo fra noi? Allora prendo coraggio e ammetto che è vero, che anche io non sopporto più questo sovraffollamento, questo stare stretti l’uno all’altro in un mucchio sulla linea di partenza.
Ormai non ci sono più distinzioni, nessuno guarda più alle reali attitudini, alle vere passioni, al talento, alle competenze, al curriculum, e il solo modo che si ha per distinguersi e uscire dalla massa, è fare qualcosa di illecito, sporco e illegale. O di raccontare di te, e di ciò che in realtà non sei.
- E su questo discorso è meglio stendere un velo pietoso- mi dice tirando fuori il suo quotidiano spiegazzato.
Lei, che proviene da una ricca famiglia del sud e che da bambina vestiva solo abiti Chloè e Saint Laurent certi tipi li riconosce da lontano.
-Sai – mi dice stringendo gli occhi in cerca di un esemplare presente fra la folla sul Lungomare –Hai presente quelli che leggono due o tre libri sullo zen e fanno tre lezioni di Tai Chi e si sentono dei Guru viventi?-
Sì, i pressapochisti li ho ben presenti rispondo, me ne capitano ogni giorno sotto gli occhi, sono quelli che vendono le pellicce all’equatore e i frigoriferi al polo nord.
- Esatto!-
E finalmente Teresa chiude gli occhi mentre la lingua s'intrufola nella punta del cono doppia panna.
Sono quelli che ti chiamano per dirti che volevano sentirti ma che stanno andando di corsa a un appuntamento con tal dei tali...quelli che ti telefonano dicendo che gli è partita la chiamata per sbaglio e devono chiudere perché stanno andando sul retro palco del 1° Maggio, quelli che comprano abiti di marca all’outlet e te li spacciano per nuovi, quelli che scrivono poesiole sul diario e dicono di essere romanzieri, quelli che fanno parte della compagnia della parrocchia e sono attori, quelli che leggono i retro di copertina e conoscono l’opera omnia di Sciascia, quelli che hanno una bella voce ed è stato offerto loro di fare i doppiatori...
Io credo, le dico, che è un problema legato all’autenticità e alla classe.
- Già, la classe...-
- La classe è una qualità innata che nessun corso ti potrà insegnare...- e si pulisce le labbra con un fazzoletto di lino bianco dal ricamo discreto e fatto a mano.
E Teresa inizia a parlarmi delle persone in possesso, a suo parere, della vera classe.
Una volta le capitò di conoscere l’amministratore delegato di una SpA, ma di una di quelle vere, una di quelle dove l’impiegato di livello più basso guadagna tre stipendi dei miei, e mi racconta che quando andò a prenderlo in aeroporto non lo riconobbe. Non l’aveva mai visto è vero, ma lo immaginava vestito di firme e con una bella ventiquattrore luccicante e invece, il capitano d’impresa vestiva semplicemente, forse anche un po’ sciatto!
E mi dice di un gioielliere, uno di quelli che si chiama come le sue boutique, come i suoi gioielli, come i suoi alberghi e come i suoi titoli in borsa -sempre in attivo- e che nella tenuta di campagna -una delle tante- non faceva che svuotare posacenere e offrire bevande agli ospiti.
E poi mi raccontò di una delle donne più ricche di Francia che negli anni settanta andava a passare le vacanze estive nella sua villa perché solo lì diceva, lontana dal tourbillonne mondano della Ville Lumiere, si sentiva in vacanza.
- Ma scusa Terry, ma perché quando li incontri che raccontano balle al bar non li sbugiardi? Almeno ti togli lo sfizio di fargli fare una brutta figura davanti a tutti! -
La mia amica sorride andando all’attacco di un pacchetto di caramelle gommose alla frutta e mi dice – perché nell’elenco delle peculiarità del pressapochista snob, ho dimenticato di dire che generalmente non lascia parlare gli altri!!!-
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