Magazine Per Lei
Sotto il cielo azzurro, guardo l’umanità mischiarsi in un movimento casuale e confuso, circolare come la Piazza, quando da sotto il lembo di una bandiera vedo emergere Teresa. O meglio, prima un cilindro nero con la scritta viola che invita alle dimissioni il nostro premier, poi i capelli ricci in disordine e, infine, il suo largo sorriso.Teresa è sempre fuori dal coro e sembrerebbe uscita da un film sulla lotta armata se non avesse l’ultimo modello I Phone fra le mani; indossa anche un lungo cappotto militare e gli anfibi, manco a dirlo, originali made in U.K. All’epoca per Teresa fu dura rinunciare ai Ray Ban e alle Superga rosa per indossare camice larghe del mercato delle pulci e con le falde fuori dai pantaloni. Le piacque molto, invece, in quel tempo già così lontano, andare in cerca di giacche di renna -e rigorosamente da uomo- nei mercati di Amsterdam e Parigi, in quelli di Palermo e Bari.Per non parlare dei lunghi cappotti militari, quello che indossa oggi è sicuramente una reliquia, una di quelle scampate ai suoi famosi repulisti. I cappotti che io non trovavo mai perché troppo minuta, quelli che andavano sommersi di spille, quelle dei Sex Pistols e dei Clash che Andrea portava da Londra, di Nina Hagen and company che chi tornava da Berlino era costretto a sborsare, e foglie, foglie di Marijuana a non finire!Fu invece una tragedia per l’amica Terry preferire un “ciao” e per di più usato alla vespa 50 nuova di zecca. E solo perché nera, e solo perché di destra. Quasi pianse, lo ricordo bene, la sedicenne Teresa, ma si piegò al volere comune pur di riconoscersi e corrispondersi con gli altri.Per non parlare dei cineforum freddi e puzzolenti dove la sua testa rotonda e riccioluta sonnecchiava sulla spalla del "compagno" di turno alla seconda pellicola lenta di una rassegna sulla Nouvelle Vague.Ma anche allora seguì i dettami della moda, anche se le gonne larghe le stavano da schifo, anche se gli zoccoli con i calzettoni colorati non la tenevano calda, dovette cedere, in nome dell’appartenenza a quel gruppo di giovanotti pseudo intellettuali che frequentavano le panchine della Villa comunale.Non poteva fare diversamente per farsi notare dal più figo del liceo, quello che faceva la sicurezza ai cortei, che con autorevolezza coordinava le assemblee plenarie nella palestra della scuola trasformata per l’occasione in un fumoir di sostanze tossiche, dove, nei momenti di stanca, si finiva per pomiciare sui tappetini. Con un lui addosso assetato di baci, imbranato e timido, il ginocchio contro un fianco, le mani ghiacciate che frettolose frugano in cerca di qualcosa.E dopo una lunga trattativa con se stessa, si convinse anche a rinunciare al giro in barca con il tipo del liceo commerciale, quello pieno di soldi che la portava a ballare e che, quando la presentava agli amici, dichiarava orgoglioso e a voce alta: lei è la mia donna.Ma Terry è così, non ce la fa proprio a scegliere la strada più breve, ad amare quello che si accontenta del portafogli pieno, della BMW e del mega televisore al plasma. Anche allora preferiva il rockettaro spigoloso, quello più strano del liceo, lo stesso che sedeva sempre solo, nell’angolo più buio di un Pub di periferia, quello senza moto, che guarda le stelle e pensa all’infinito.E anche oggi, Teresa è qui con il radar in funzione e lo sguardo vigile, in cerca di un’anima simile, di qualcuno con cui condividere la gioia di trovarsi tutti insieme.Anche una manifestazione può agevolare un incontro, mi dice; fra l’altro, aggiunge con gli occhi illuminati di gioia infantile, ci sono tanti amici qua in giro! E mi sembra anche convinta mentre mi trascina verso un bar in cerca di qualcosa alla crema; poi, una volta al riparo e al caldo, sibila al mio orecchio un inaspettato –Torno a casa!!!- che mi fa trasalire.Francamente non capisco.E allora mi fa cenno di guardare fuori e tutto mi è chiaro: teme che lì, tra la folla, non ci sia più nessuno che voglia guardare le stelle e riflettere ancora un po’ sull’infinito.E mentre l’indice abbracciato da sottili anelli raccoglie briciole di una grande fetta di torta, Teresa mi guarda e aspetta da me la risposta.
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