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Teresa Petruzzelli: “L’arte? E’ come il vento”

Creato il 04 ottobre 2013 da Tipitosti @cinziaficco1

“E’ come lavorare con il vento, a volte serve, ma volte spesso ti lascia infreddolito. Non sai, non puoi conoscere i risultati, il feed back è a lunga, lunghissima scadenza. Vedi la gente felice, sorridente grazie alla libera espressione creativa e artistica, cioè più strutturata magari lavorando con medici, terapeuti, educatori, insegnanti. L’Arte salva, in molti casi, in altri, ti lascia insoddisfatto o in pieno delirio d’onnipotenza. Bisogna avere l’onestà intellettuale di ritenere quello che si fa un punto di partenza”.
La chiacchierata con Teresa Petruzzelli sulla sua attività, inizia così.

Teresa Petruzzelli: “L’arte? E’ come il vento”
Teresa è nata a Bari nel ’65. E’ autrice S.I.A.E. di scritture teatrali, cinematografiche, saggi e narrativa per ragazzi e adulti. Non solo. Fa l’educatrice teatrale e la regista. Si è specializzata in Teatro e Disagio con persone disabili e in particolare con pazienti psichiatrici. Presiede l’associazione culturale Spettaculanti.

Lavoro impegnativo il suo, che abbraccia più fronti nel sociale. Ci racconta come ha iniziato ?

Ho cominciato a dodici, tredici anni con gruppi di volontariato che si occupavano di assistenza domiciliare ante litteram. Poi ho continuato, ma in ambito più artistico, attraverso il teatro e la scrittura. Ho unito la mia passione per la scrittura e il teatro ai bisogni sociali, continuando sempre a studiare e a formarmi. Un processo che continua e  non si arresta mai. La curiosità e la leggerezza mi consentono di non venire schiacciata dalle drammaticità del sociale, specialmente oggi, in cui non è possibile rimanere fermi di fronte a quanto sta accadendo.

Quante difficoltà ha dovuto superare?

Per fortuna ho incontrato persone speciali, professionisti che sono diventati per me maestri e questo è già tanto per un bilancio più che positivo. Quasi vent’anni fa ho lasciato il cosiddetto lavoro fisso e i miei, forse, sono rimasti un po’ turbati da questa scelta. Parafrasando Jacques Seguela, dico “Non dite a mia madre che faccio il pianista in un bordello” … ma io non faccio questo, eh!

Soddisfazione e appagamenti?

E’ come lavorare con il vento, a volte serve ma volte spesso ti lascia infreddolito. Non sai, non puoi conoscere i risultati, il feed back è a lunga, lunghissima scadenza. Vedi la gente felice, sorridente grazie alla libera espressione creativa e artistica, cioè più strutturata magari lavorando con medici, terapeuti, educatori, insegnanti. L’Arte salva, in molti casi, in altri ti lascia insoddisfatto o in pieno delirio d’onnipotenza. Bisogna avere l’onestà intellettuale di ritenere quello che si fa un punto di partenza.

Attualmente è impegnata in un progetto, che porta il nome di : “Caffè ristretto, laboratori e cultura nel carcere di Bari”. Ci spiega di cosa si tratta?

E’ un caffè letterario in carcere, con autori, scrittori, giornalisti, attori che interagiscono con i detenuti, oltre ad un laboratorio di lettura e scrittura, dove i detenuti discutono intorno a temi prestabiliti, scrivendo anche recensioni a libri o aprendo un inaspettato dibattito culturale con la città.

Quante realtà ha conosciuto in carcere? C’è stato qualcuno al quale si è affezionata?

 La realtà è multiforme e variegata. Ci sono tante storie, tanti vissuti ed è bene entrare in punta di piedi, senza operazioni salvifiche. In realtà sono loro, i detenuti che mi hanno stupita. Loro, non tanto con le storie personali, ma con la voglia di esprimersi e di esserci. Mi sono affezionata a molti di loro, senza fare retorica e con molto rispetto, lo stesso con cui sono stata ricambiata.

La vita dei detenuti nei carceri italiani non è facile. Pensiamo al sovraffollamento. Lei che situazione ha trovato in quello di Bari? Qualcuno tra i detenuti ne ha parlato?

Per taluni, il carcere di Bari è un collegio, per altri è un posto come tanti altri. Non c’è un’opinione univoca. Io ho trovato molta disponibilità da parte di tutti: direttori, educatori, agenti di Polizia. Si sono tutti molto entusiasmati ed i risultati sono evidenti.

Se la sente di rilasciare una piccola dichiarazione su indulto ed amnistia?

Penso che il carcere dovrebbe offrire occasioni di crescita e cambiamento. Non privare della libertà personali, ma aprire orizzonti, dialogare, capire. Chiaro, costa fatica, tempo, dispendio di risorse, ma è possibile. Lo credo fermamente.

 Ritiene che con pene alternative possano reinserirsi meglio nella società?

Sì, lo credo, molti sono abituati a lavorare onestamente e forse nessuno ha mai creduto nelle proprie capacità, condizionate dai bisogni delle famiglie o dei clan. Alcuni sono davvero schiavi. Ancora più grave è la situazione degli stranieri, vittime due volte: per aver sbagliato e per essere rimasti soli.

 Cosa le dà questa esperienza?

Tanto, un indescrivibile appagamento emotivo e culturale. Sì, da loro, dai detenuti. Mi crede?

Le credo, lo si evince dall’entusiasmo che riesce a trasmettere. Lei è scrittrice, ci parli dei suoi lavori.

Scrivo romanzi, romanzi per ragazzi e testi teatrali, ma la fase più bella è quella della creazione di storie. Difficile è relazionarsi con il mondo dell’editoria, sempre più confuso e deprivato. Mi rendo conto che a scrivere si è in tanti, una fila interminabile alla mensa della Caritas, dove si chiede non il piatto caldo, ma di diventare immortali attraverso la pubblicazione.

Su cosa sta lavorando ora?

Un nuovo romanzo appena terminato, ambientato a Bari. E’ la storia di un parroco e delle sue ” perpetue”. Ho impiegato tre anni per scriverlo. Sono io il parroco, ovviamente. https://sites.google.com/site/teresapetruzzelli/resume

Come si divide tra lavoro e famiglia?

Penso bene. Mio figlio non sa che lavoro svolgo, crede che sia casalinga perché preparo tante ciambelle e piadine fatte in casa.

Si sente tosta? 

Tanto, anzi parecchio!

                                                                                                                                                                                                                                                                                       L.D.F


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