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Risparmiatori italiani, attenti al rating. Letto così, potrebbe sembrare un banale richiamo, vista la continua e perniciosa serie di downgrade che si abbattono da tempo sul nostro debito pubblico ad opera delle principali società di rating internazionali. Ma il vero rischio risiede nel perverso contagio che le bocciature possono avere nei confronti delle società del paese declassato. Al downgrade del debito di uno stato sovrano segue sempre un peggioramento del merito di credito degli istituti bancari e delle società industriali di quel paese. Questo fatto, generalmente amplificato dai media, può ingenerare in alcuni risparmiatori perplessità a investire in azioni od obbligazioni di aziende che invece, a un’attenta lettura, possono risultare più affidabili dei titoli di Stato.
Significativo il caso Terna. Il colosso delle reti guidato dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo ha lanciato direttamente sul mercato sempre nel mese scorso un’emissione obbligazionaria da 1,25 miliardi di euro. Risultato? Successo incondizionato con domande record per circa cinque miliardi di euro provenienti, in questo caso, in gran parte da qualificati investitori istituzionali stranieri.
Il rating di Moody’s per Terna è attualmente A3 con outlook negativo (uguale a quello dello stato italiano) ma anche in questo caso gli appassionati delle serie storiche potrebbero risalire al non lontano settembre 2004, all’epoca della quotazione in borsa della società, salutata da Moody’s con un rating superiore (AA3 e outlook stabile). Stesso discorso si potrebbe fare poi per Eni o Snam Rete Gas. Ovvio che il peccato originale di questa discesa risieda nel continuo degradarsi del rating del paese. L’Italia, nel corso degli ultimi anni, fra l’avvicendarsi di governi di varia composizione politica ha visto sprofondare il proprio giudizio da parte di S & P da AA nel 2004 all’attuale BBB+ (per di più con outlook negativo). Questo trend si fonda però su numeri difficilmente confutabili. Il rapporto fra Debito e Pil in Italia è aumentato dal 105,83 % del 2005 al 119% del 2010 e in termini assoluti il debito è cresciuto dai 1.512,779 miliardi nel 2005 ai 1.843,015 miliardi del 2010 (dati Banca d’Italia). Il che giustifica i fattori che Moody’s ha elencato a sostegno del suo più recente declassamento del nostro debito sovrano: incertezza sulle prospettive macroeconomiche, sulle finanze pubbliche italiane, sul grande stock di debito e sul rischio che il governo non riesca a raggiungere i suoi obiettivi di risanamento. Anche i numeri di Terna sono, in senso opposto, altrettanto difficilmente confutabili. Terna ha ottenuto nel 2011 ricavi superiori del 60% rispetto al 2004, quadruplicato gli investimenti dai 278 milioni del 2004 a 1.220 dello scorso anno. L’utile è passato dai 231 milioni del 2004 ai 467 del 2010 e a breve si avranno i risultati del 2011.
La conclusione è evidente: abbiamo aziende ben amministrate, anche a partecipazione statale, che si muovono sui mercati internazionali con successo e il cui eventuale declassamento di rating non deve trarre in inganno i risparmiatori allarmati dagli annunci dei tg. Anzi, guardando oltre i bollini rossi di Moody’s e compagnia, vale la pena anche di essere fieri di quel genio e di quella capacità di far bene a dispetto delle avverse condizioni, che è propria di tante aziende e di tanti manager del nostro paese.
Fonte: Repubblica Affari e Finanza----------------------------- Questa ed altre notizie le trovi su www.CorrieredelWeb.it - L'informazione fuori e dentro la Rete. Chiedi l'accredito stampa alla redazione del CorrieredelWeb.it per pubblicare le tue news.
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