Non sarà facile, perchè ormai anche il cinema è 'globalizzato' e ogni anno ci sono (per fortuna!) tantissimi titoli importanti provenienti da tutto il mondo a contendersi la prestigiosa statuetta. Una volta la lotta per l'Oscar come 'miglior film in lingua originale' (questa la dizione 'ufficiale') era circoscritta tra noi, i francesi, gli spagnoli e gli svedesi (che avevano Bergman). Oggi invece le frontiere si sono davvero allargate e negli ultimi anni abbiamo visto premiare film di molte cinematografie ritenute erroneamente 'minori' ma certo vitalissime (Austria, Danimarca, Sudafrica, Olanda...). Meglio davvero così!
Emanuele Crialese
Ma, a prescindere da questo, la domanda (ovvia) è: Terraferma era davvero il miglior candidato possibile per rappresentare il nostro paese? Difficile dirlo, anche perchè le 'logiche' e i gusti hollywoodiani spesso sono molto, molto distanti dai nostri, e quindi è sempre un terno al lotto individuare i film che potrebbero funzionare bene oltreoceano e scaldare i cuori dei giurati dell'Academy. Tuttavia, lo dico qui adesso sperando ovviamente di sbagliarmi, a me la scelta di Terraferma non convince. E vi spiego perchè.
Il primo motivo è di natura squisitamente artistica. Terraferma non è certamente il miglior film italiano dell'anno, nel modo più assoluto. E non è nemmeno il miglior film di Crialese. Inutile girarci intorno: il premio 'veneziano' è stato attribuito soltanto per ragioni politiche (la Rai, presente in forze al Lido, doveva pur vincere qualcosa) ma gli applausi degli addetti ai lavori sono stati abbastanza fiacchi. E, per contro, nemmeno nelle sale il film ha fatto sfracelli ai botteghini, lasciando gli spettatori piuttosto freddi. Crialese è un buon regista ma fa sempre lo stesso film, e questa volta se n'è accorto anche il pubblico.
Poi ci sono anche questioni di opportunità. Ergo, siamo davvero certi che Terraferma, aldilà dell'aspetto qualitativo, ha le carte in regola per piacere agli americani? Mah... oltreoceano le storie di emigranti non hanno mai fatto particolare impressione all'Academy. Lo stesso Crialese quattro anni fa ci provò con Nuovomondo (anch'esso premiato a Venezia e, per inciso, molto più bello di Terraferma) ma non arrivò nemmeno alla nomination. Stesso discorso nel 1994 per Lamerica di Gianni Amelio. Agli Oscar funzionano le storie di respiro universale, che possono essere comprese a ogni latitudine, privilegiando l'aspetto poetico e melodrammatico. Ne abbiamo avuto esempio negli ultimi anni con, vado a memoria, il bellissimo Departures (giapponese), il thriller Il segreto dei suoi occhi (argentino), il commovente Le vite degli altri (tedesco), il fantasioso La tigre e il dragone (cinese)... difficile che una tematica strettamente nazionale sfondi a Hollywood. Vedremo.
'Habemus papam', di Nanni Moretti
Per questo, a mio modestissimo parere, Habemus Papam era il nostro candidato ideale: una storia semplicissima e originale, leggera ma non scontata, comprensibile a tutti e diretta da un cineasta che, inutile negarlo, ha un 'peso' politico e artistico molto maggiore di quello di Crialese. Anche questo conta purtroppo. Oppure si poteva tentare la strada impervia ma coraggiosa di puntare sulla qualità con Noi Credevamo (il miglior film italiano dell'ultimo decennio), oppure ancora tentare la strada del film di genere con Vallanzasca (che secondo me agli americani sarebbe piaciuto tantissimo).
'La vita è bella' di Roberto Benigni
Invece si è preferito ancora una volta affidarsi agli stereotipi tutti italici come 'mare, sole, vacanze e mandolini...', presumendo che Terraferma, avendoceli tutti, potesse essere il candidato buono. Anche se ormai è risaputo che neanche il più retrogrado dei giurati dell'Academy inquadra gli italiani in questo modo. Ma magari mi sbaglio, e a febbraio Crialese salirà trionfante i gradini del Kodak Teahtre per stringere quel premio che ci manca ormai dal 1999 (l'anno de La vita è bella).
Sarà difficile, ma ci speriamo.