Alle 11:58 di mercoledì 18 dicembre, un terremoto di magnitudo 3.9 sulla scala Richter ha colpito l’Italia centrale.
La scossa, stando alla Rete Sismica Nazionale dell’Ingv, si è verificata a 8,9 km di profondità, mentre l’epicentro è stato localizzato a 11 km a sud-est di Monte Grimano, in provincia di Pesaro e Urbino.
Il sisma è stato avvertito anche nei comuni di Cantiano, Costacciaro, Pietralunga, Scheggia e Pascelupo.
Nei minuti immediatamente successivi alla prima scossa, se ne sono verificate altre due, di intensità meno importante, sempre localizzate nel distretto sismico di Gubbio.
La prima, alle 12.04, avrebbe un ipocentro localizzato a 5,6 km di profondità, mentre la seconda, avvenuta un minuto più tardi, avrebbe avuto origine a 9 km. Nessuna delle due scosse ha avuto intensità superiore a 2.0 gradi.
Nè la protezione civile, prontamente coordinatasi con il sindaco di Gubbio e dei comuni limitrofi, né i vigili dei fuoco hanno segnalato danni a cose o persone. Tuttavia, alcune scuole sono state fatte evacuare in via precauzionale, e sono in corso verifiche agli edifici. Il livello di attenzione al centro regionale di protezione civile rimane tutt’ora alto, per paura del ripetersi del fenomeno.
Per la vicinanza geografica, è facile ricollegare l’episodio al terremoto del 2009 che colpì duramente l’Abruzzo, tuttavia il direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Ingv, Alberto Michelini, rassicura che il sisma sia “almeno mille volte più debole rispetto al terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009” benchè “ [...] il tipo di faglia che lo ha generato è identico, è una deformazione di tipo estensionale”.
Si tratta quindi del medesimo meccanismo di creazione dei terremoti localizzati sull’Appennino centrale, dove i due blocchi si allontanano l’uno dall’altro per azione separatrice della faglia.