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Sono passati 15 mesi da quei terribili giorni di fine primavera in cui l’Emilia assistette a un terremoto in cui persero la vita ventisette persone. Una grave ferita per questa regione, che piange le sue vittime e guarda impotente le migliaia di famiglie che hanno dovuto fare i conti con pezzi di vita ormai andati perduti e con un cantiere di ricostruzione che appare ancora fermo.
Come la torre di Finale Emilia, caduta come un castello di carte dopo ottocento anni dalla sua costruzione, così i palazzi e le case della bassa emiliana sono crollati, portandosi dietro memoria e futuro. Dopo un anno gli sfollati sono ancora quattordici mila, un numero esorbitante di persone che combatte ogni giorno contro la disoccupazione, la burocrazia, il caro vita e il cambiamento (che non arriva). Fresca di questi giorni è l’ennesima beffa: gli abitanti dei map, i moduli abitativi provvisori, si sono visti recapitare le bollette dell’Enel di un valore che si aggira tra i 1.500 e i 2.500 euro. Dopo la sospensione concessa a seguito dell’evento sismico, l’Enel richiede ciò che le spetta e i terremotati si vedono costretti a pagare cifre da capogiro. Il motivo di bollette così salate risiede nella struttura stessa dei map: d’estate si trasformano in forni e d’invero il gelo diventa un coinquilino non desiderato. Per far fronte a una situazione così disagiata è, quindi, necessario che i condizionatori lavorino a pieno regime. Per coloro che hanno deciso di risiedere nei map diventa insostenibile pagare bollette così elevate anche perché il Comune non fornisce sovvenzioni di alcun tipo e, a seguito del sisma, tutti i risparmi delle famiglie sono stati usati per far fronte a necessità ben più impellenti di una bolletta dell’elettricità. L’unica soluzione per i terremotati sarebbe quella di rivolgersi ai servizi sociali e chiedere aiuto alle amministrazioni comunali, ma a loro volta i Comuni non sono pronti a fronteggiare una crisi di tal genere. Ogni giorno in Emilia si combattono i fantasmi e le paure del terremoto ed è inevitabile sentirsi abbandonati da uno Stato che pretende senza dare e che lascia tutto fermo.