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Terremoto politico in Romania, ma qui (quasi) nessuno ne parla

Creato il 07 novembre 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Giorni di grande tensione in seguito all’incendio nel locale di Bucarest, capitale della Romania, in cui hanno perso la vita 32 persone e altre 179 sono rimaste ferite. Si dimettono il premier Ponta, tutti i rappresentanti del governo e il sindaco della municipalità cittadina dove è avvenuta la tragedia.

Da alcuni giorni c’è grande incertezza nel panorama politico della Romania: il premier socialdemocratico Victor Ponta, insieme ai rappresentanti del governo di cui era a capo, hanno rassegnato le proprie dimissioni a furor di popolo.

Una delle parole più digitate dai giovani romeni sui social network in queste ore è “revolutie” (rivoluzione). Tale sentimento di ribellione, che tanti hanno paragonato a quello che nel 1989 ha portato alla destituzione di Ceausescu e alla fine della dittatura, è cresciuto con forza inaudita negli ultimi giorni.

 Ma andiamo con ordine.

i primi soccorsi davanti al Colectiv da https://ro.wikipedia.org/wiki/Incendiul_din_clubul_Colectiv#/media/File:Locul_tragediei_clubului_Colectiv.png

i primi soccorsi davanti al Colectiv da https://ro.wikipedia.org/wiki/Incendiul_din_clubul_Colectiv#/media/File:Locul_tragediei_clubului_Colectiv.png

Alla base di questa forte tensione c’è un evento tragico, che risale a venerdì 30 ottobre: a Bucarest, la rock band Goodbye to Gravity, molto conosciuta in Romania, presentava il suo nuovo album “Mantras of War” con un concerto al Colectiv, uno dei locali più noti della capitale romena. Gli organizzatori hanno parlato di uno spettacolo di luci e memorabili giochi pirotecnici.

Il concerto si apre alle ore 21 locali, alla presenza di circa 400 fan della band, tutti giovani con un’età media tra i 30 e i 35 anni.

Dopo circa un’ora e mezza iniziano i fuochi d’artificio. Immediatamente si sviluppa un piccolo incendio vicino al palco. Lo stesso leader della band, scherzandoci sopra –“questo non era previsto nel programma” – e una guardia del corpo provano a spegnerlo con un estintore, ma nel giro di pochi minuti il fuoco si estende al soffitto, diventando ingovernabile e scatenando il panico: la folla si precipita verso l’unica uscita di sicurezza, ma in breve si crea un intasamento che blocca decine di persone all’interno tra le urla e la confusione. Il materiale altamente infiammabile con cui è costruito il soffitto lo fa crollare, e l’intasamento all’uscita impedisce ai primi soccorsi di intervenire tempestivamente.

Il bilancio assume presto toni da bollettino di guerra: il Segretario di Stato e Ministro della Salute Raed Arafat, accorso sul posto in nottata insieme al Primo Ministro Gabriel Oprea, comunica alla nazione la morte di 27 persone, tra cui i due chitarristi del gruppo, Vlad Telea e Mihai Alexandru.

I feriti – tra cui figura anche una ragazza italiana, Tullia Ciotola – sono distribuiti in 12 diversi ospedali della città. Per alcuni giorni le cifre rimangono incerte e non è nemmeno possibile l’identificazione di tutti i feriti, a causa della gravità delle ustioni.

Il 3 novembre sono ufficializzate le cifre di 32 morti e 179 feriti.

#Rivoluzione Colectiv.

Fin dai momenti successivi alle prime notizie provenienti dal Colectiv, prende avvio una mobilitazione popolare: in poche ore le condivisioni sui social diventano centinaia, migliaia e poi decine di migliaia.

Partendo da una comune indignazione, frutto di anni di malcontento per la percezione di corruzione, favoritismi e immoralità dilaganti nell’ambiente politico, i cittadini romeni vedono in questa tragedia la classica goccia che fa traboccare il vaso: i primi accertamenti porterebbero a confermare i sospetti di gravi irregolarità nei controlli sulla sicurezza del locale.

Tanti ragazzi si danno appuntamento in piazza. Il 3 novembre per le strade di Bucarest il numero di manifestanti cresce fino a toccare, intorno alle 20, quota 25mila.

Il governo guidato da Ponta interrompe i collegamenti internet, per presunte esigenze di ordine pubblico, ma l’indignazione che ormai è scesa per le strade, continua a essere alimentata online dai romeni che vivono all’estero.

La sera del 3 novembre il Presidente della Repubblica Klaus Iohannis scrive sulla propria pagina facebook: “Il prossimo passo dev’essere dei politici, che non possono ignorare tale sentimento di rivolta popolare”.

I politici crollano.

ll giorno successivo, mercoledì 4 novembre, arrivano le dimissioni di Ponta e dei rappresentanti del suo governo, visti come i principali responsabili dell’atmosfera di corruzione che ha permesso il disastro. Insieme a loro, anche il sindaco della municipalità cittadina dove si trova il Colectiv (sector 4), Cristian Popescu Piedone, criticato per aver concesso al locale una licenza operativa senza aver avuto l’autorizzazione dal dipartimento dei Vigili del Fuoco.

Le proteste continuano a Bucarest e si allargano ad altre città della Romania.

Manifestazioni di solidarietà si registrano persino a Londra e Parigi.

In coro unanime si chiedono le elezioni anticipate e un radicale cambiamento della classe politica.

Victor Ponta, già incriminato in passato per evasione, riciclaggio e altri reati, era uno dei principali simboli di un apparato statale non funzionante. Già bersaglio del malcontento generale, espresso anche tramite altre manifestazioni, si era sempre rifiutato di dimettersi. Mercoledì soprattutto a causa dei grandi numeri – mai più di 30mila persone erano scese in strada dal 1989 – ha ceduto.

proteste in Piazza dell’Università a Bucarest il 5 novembre da https://ro.wikipedia.org/wiki/Incendiul_din_clubul_Colectiv#/media/File:Proteste_Pia%C8%9Ba_Universit%C4%83%C8%9Bii_Bucure%C8%99ti_5_noiembrie_2015.png

proteste in Piazza dell’Università a Bucarest il 5 novembre da https://ro.wikipedia.org/wiki/Incendiul_din_clubul_Colectiv#/media/File:Proteste_Pia%C8%9Ba_Universit%C4%83%C8%9Bii_Bucure%C8%99ti_5_noiembrie_2015.png

Quale scenario per il futuro della Romania?

Un primo passo verso il cambiamento è stato fatto, ma il panorama politico è quanto mai incerto.

Premier ad interim, al posto del dimissionario Ponta, è stato nominato l’ex ministro dell’istruzione Sorin Campeanu.

Il Presidente Iohannis, eletto nell’autunno 2014 nella sorpresa più generale, sulla base di un programma contro la corruzione, il 5 novembre ha aperto le consultazioni. Il giorno successivo per la prima volta è stato concesso l’intervento a una delegazione in rappresentanza del movimento di protesta.

Iohannis ha un compito delicato: godendo della fiducia dei più, da un lato deve ascoltare i manifestanti, dall’altro è tenuto a mantenere i contatti con un parlamento composto ancora dalla vecchia classe politica.

I grandi partiti – i socialdemocratici di Ponta e il centro-destra – continuano a dominare la scena, ma per la prima volta le proteste popolari hanno trovato risposte concrete.

Mai una tale opportunità di cambiamento si era presentata per la Romania negli ultimi 26 anni.

di Matteo Gervasi

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