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“Terrestre” di Jean-Claude Mourlevat, Rizzoli

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

terrestreCi sono libri che terminano al voltare dell’ultima pagina: si richiude una facciata di copertina sull’altra e la lettura, col suo piacere, è archiviata, l’attenzione pronta a rivolgersi ad altro.
Ne esistono altri invece che più difficilmente permettono il distacco. Portatori di storie che, ancora per molto tempo dopo esser giunti alla parola fine, si insinuano nel pensiero, fanno sì che vengano richiamati alla memoria personaggi, atmosfere, situazioni, quasi come se ci fossimo trovati di fronte, nel leggerne, a qualcosa di vero, di potente, di impressivo.

Sono convinta che i più concorderanno con me nel collocare “Terrestre” di Jean-Claude Mourlevat – edito da Rizzoli – nel secondo gruppo. Appartenenza legittima di un racconto non semplicemente coinvolgete, ma piuttosto “calamitante”, per invenzione, costruzione, stile, per protagonisti e comprimari che si sottraggono ad una facile dimenticanza.

Un romanzo assolutamente originale, che sapientemente mescola temi fantascientifici e suggestioni distopiche, non perdendo l’àncora con temi cari ai lettori adolescenti, come l’amore – assoluto e quasi impossibile – l’amicizia – abnegante e salvifica – la lotta – disperata ma destinata al successo – per liberarsi da nemici potenti e senza scrupoli.
Senza tralasciare spunti di riflessione importanti e profondi, che emergono dal tratteggio di un mondo alieno glaciale e ordinatissimo, perfetto nella sua prevedibilità e nel livello di sicurezza, ma povero di sentimenti, creatività, fantasia, gioia.
Già l’ipnotismo insito nell’azzeccata e suggestiva copertina rivela il potere delle pagine, che hanno la facoltà di risucchiare letteralmente il lettore, immergendolo nel clima rarefatto e leggermente angosciante della storia, allestendo per lui scenari limpidi e freddi, tirandolo per mano nell’impresa disperata della giovane protagonista e lasciando anch’egli senza respiro, così come vivono gli esseri non umani del racconto.

Quando l’anziano scrittore Etienne Virgil incontra Anne Collodi intenta a fare l’autostop sotto la pioggia battente mai potrebbe immaginare dove la ragazza è diretta. Si accontenta di offrirle un passaggio e lasciarla all’incrocio tra la strada principale e una via sterrata diretta, come recita un cartello, ad un piccola località piuttosto insignificante, anzi mai notata prima: Campagne.
Impossibile credere che il sentiero stretto che si snoda tra la vegetazione e i campi, altro non è che il varco per un altro mondo.
Non è ben chiaro se trattasi di un altro pianeta, di una dimensione parallela o cosa, né è noto il nome dell’universo alieno che la giovane si accinge a visitare.
Poco importa tutto ciò, la nuova realtà si caratterizza subito come non-terrestre con i suoi scenari austeri, con l’assenza di sole, pioggia o vento, col silenzio irreale privo di vocii o rumori, con i palazzi tutti uguali, bianchi e squadrati, con le auto e gli autobus volanti e gli abitanti vestiti tutti alla stessa maniera, privi di guizzi o espressioni, incapaci di ridere, di provare emozioni e con le casse toraciche incavate a denotare l’assenza di respiro.
Un mondo in apnea, che procede come dentro una bolla, ordinato e sempre uguale a se stesso, dove le malattie sono state debellate e non sono gli incidenti ad uccidere le persone, ma la noia che ad una certa età, per tutti più o meno la stessa, li priva di qualsiasi interesse all’esistenza e fa sì che semplicemente si spengano e si lascino morire.

La coraggiosa Anne in questo luogo inquietante e inospitale, dove è considerata un pericolo e rischia la vita, è alla ricerca della sorella scomparsa un anno prima. Gabrielle, questo il nome della giovane, è stata infatti rapita il giorno del suo matrimonio dallo stesso marito che, rivelatosi poi alieno, l’ha condotta nella sua terra.
Per quali scopi Gabrielle è stata portata via? Dove si trova? Come fare per salvarla? A queste e tante domande risponde l’avventura di Anne che da sola in una realtà terrificante e pericolosa dovrà trovare modi e mezzi per compiere l’impossibile salvataggio, venendo a conoscenza, lungo il cammino, di agghiaccianti verità.

Sulla via, fortunatamente, anche alcuni personaggi di buon cuore, i cui interventi salvifici saranno indispensabili alla buona riuscita della missione.
Dallo stesso scrittore Virgil, lasciatosi coinvolgere per buon cuore e generosità nell’avventura, all’ anomala signora Stormiwell, receptionist all’albergo “Leggenda” e dotata di sensibilità e di un forte interesse per la terra e i suoi abitanti.
Per non dimenticare gli ibridi, persone nate dall’incrocio di una terrestre e un uomo del luogo, e per natura dotati di caratteristiche umane, come la capacità di respirare e la possibilità di emozionarsi. Tra questi Torkensen, fedele “spilungone” il cui gesto d’amicizia profonda segnerà il destino della missione, e Ashelbi, colui di cui Anne si innamorerà e che, ricambiandola, sarà il compagno della sua impresa.

La narrazione passa dalla terza persona, che ricalca i punti di vista di diversi personaggi, alla prima di Anne, atta ad esprimere efficacemente i suoi stati emotivi.
Sempre lo stile si mantiene vibrante e teso, inquieto ma allo stesso tempo puntuale e preciso, impressivo e coinvolgente.
Ne risulta un racconto fantastico che non manca di profondità, delicatissimo nel momento in cui racconta dell’amore tra Anne e Ashelbi, emozionante nei punti chiavi della storia, quasi freddo e asciutto quando si tratta di tratteggiare il mondo alieno, impietoso, arido e violento.

Come già nel suo meraviglioso “Il bambino oceano” – che assieme a questo vivamente consiglio – Mourlevat trae spunto dall’immaginario fiabesco, sviluppando dalle scure suggestioni di questo trame originalissime, attuali e sorprendenti. Qui si tratta della fiaba di Barbablu – il sanguinario uxoricida di Perrault – là ci si ispirava alle vicende notissime di Pollicino e alla sua fuga alla guida dei fratelli.

Per concludere si può notare che il confronto presente nel libro tra i due mondi – quello algido e ordinato della realtà aliena e quello colorato, vivace e imprevedibile, nel bene e nel male, della Terra – può rappresentare una metafora dell’antitesi tra l’infanzia e l’età adulta e un suggerimento per l’età adolescenziale – quella cui è diretto prevalentemente il testo – ad evolvere verso un’esistenza dinamica, fantasiosa e creativa, a non lasciarsi ingabbiare da ruotine e abitudine, grigiore e noia, piuttosto a seguire la forza vivificante dell’amore e dei sentimenti più forti, autentici e gioiosi.

(età consigliata: dai 13 anni)

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