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In realtà portano i superstiti in mezzo al bosco li vestono con delle tutine arancioni e li tengono legati all'interno di gabbie metalliche, fuori all'addiaccio.
E questo è solo l'inizio dell'incubo.
Il film del regista canadese francofono Olivier Abbou snocciola tutti i luoghi comuni dell'horror di questi ultimi anni già a partire dai primissimi minuti e lo fa con assoluta cognizione di causa : ragazzotti in vacanza, stavolta però caratterizzati meglio del solito , non i soliti decerebrati con i neuroni in vacanza, un contesto ambientale minaccioso con una natura più matrigna che madre, un campionario di torture degne della peggior Guantanamo( marchiatura a fuoco come vitelli, luci stroboscopiche e death metal sparato a palla giusto per deflorare orecchie non abituate, interrogatori sul filo del terrore e tante altre amenità assortite).
Già Guantanamo: richiamata a partire da filmati di repertorio fatti vedere ai prigionieri e da quelle tutine arancioni entrate nella conoscenza collettiva da quando è scoppiato il bubbone delle torture perpetrate dagli americani. Già il vedere quelle divise inquieta e anche parecchio: nel Paese che si proclama il più democratico al mondo si tortura come ci si trovasse ancora nel Medioevo.
I due folli che hanno rapito i ragazzi sono due reduci della guerra in Iraq e hanno probabilmente la psiche devastata dalle paure post 11 settembre.
La paura del diverso che proprio in quanto tale mette paura a prescindere. E deve essere comunque combattuto con ogni mezzo , anche illecito.
Tutti coloro che hanno un aspetto da ricondurre a etnia araba sono da considerare nemici, i diritti civili e democratici devono essere soppressi quando si pensa di trovarsi di fronte a una minaccia.
Dal loro punto di vista i due maniaci compiono una missione militare per aiutare la patria.
E non importa se calpestano le leggi vigenti.
Nella descrizione di questa visione malata non è un caso che il regista e la produzione siano canadesi e che un "Welcome to the United States" campeggi beffardo in bella vista sulla locandina.
E' netta l'impressione che riguardo a certi argomenti i canadesi guardano gli americani come alieni.
C'è una scena del film in cui questa difformità è marcata chiaramente: una delle ragazze in un dialogo afferma che si trovano prigionieri nel bel mezzo del nulla , tra due mondi.
Tra due mondi: quello civile e quello in cui l'uomo è la peggiore delle bestie.Oppure semplicemente tra il Canada e gli Stati Uniti in tutte le loro differenze.
Territories è un horror che sotto certi aspetti ha un aspetto molto europeo, perchè sotto la patina del torture porn ( mai portato agli eccessi però, rispetto ad altri esponenti del genere qui è tutto più morigerato) rispolvera la matrice politica alla base di molti esponenti del genere.
In fondo non c'è molta distanza tra i due reduci di questo film e la famiglia nazista di Frontier(s), tanto per fare un esempio.
Anzi è molto più stimolante la sua lettura "politica" che quella "cinematografica" .
La prima ora di film è notevole per clima ansiogeno, per una regia sempre vivace e anche per la recitazione decisamente sopra la media del genere ( e questo nell'horror non è affatto scontato).
Nell'ultima mezz'ora invece succede il patatrac: il film si concentra sulla figura di un investigatore privato con qualche vizietto poco raccomandabile, come se regista e sceneggiatori avessero terminato all'improvviso le idee per chiudere la storia dei prigionieri.
Che viene chiusa giusto con un flash improvviso e con un ultima sequenza che ellitticamente rimanda al loro destino.
Ecco, Territories cade purtroppo dove cadono molti horror: in un finale inopinato, inspiegabile non tanto dal punto di vista della logica ma dal punto di vista narrativo e cinematografico.
Perchè abbandonare improvvisamente personaggi che faticosamente sono stati costruiti per un'ora in favore di un nuovo protagonista un po' farlocco creato dal nulla?
A parte questa obiezione sul modo di chiudere questo film Territories è degnissimo di una visione non fosse altro per i sottotesti politici che getta in faccia allo spettatore meno sprovveduto.
( VOTO : 6 / 10 )
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